L’Italia che tira a campare e brucia risorse

In Italia fare sviluppo con la politica industriale, con le opere infrastrutturali e con la concorrenza è molto difficile (esempio: i fondi europei persi e le difficoltà con il PNRR). Regalare soldi ai cittadini per spingerli a ristrutturare le case o acquistare i mobili e persino i rubinetti è facile. I settori coinvolti lavorano e il Pil cresce. Per un po’ si diffonde l’illusione dello sviluppo. Finiti gli incentivi finisce lo sviluppo, ma i problemi si sono spostati più in là. Si chiama tirare a campare.

Da anni c’è una pesante carenza di manodopera. C’è persino chi ipotizza una specie di servizio civile con formazione e lavoro per i NEET che non studiano e non lavorano. Con i disoccupati sono quasi tre milioni di persone e i migliori emigrano. La spiegazione? Poca formazione, basse retribuzioni, bassa produttività, poca carriera, scarso dinamismo, protezioni corporative e burocrazia soffocante. La cura per il sistema Italia si conosce: per ognuna di quelle voci invertire la rotta con politiche mirate che puntino all’innovazione. Il bilancio pubblico potrebbe essere un motore dello sviluppo, ma da molti anni serve da cassa di compensazione delle tensioni sociali e degli interessi particolari distribuendo soldi per tirare a campare. La sintesi: molto debito poco sviluppo. E tanti italiani che si godono l’evasione fiscale e applaudono agli sprechi. Intanto al governo si esalta l’orgoglio italiano sul Mes. Patetici

27 dicembre 2023

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