L’Italia delle finte emergenze: i rifugiati (intervista a padre Giovanni La Manna)

Domanda: quanto sta avvenendo a Lampedusa non è un evento inatteso né una catastrofe. Eppure l’attenzione dell’opinione pubblica è attirata dalla situazione sull’isola ai limiti del collasso. Sembra che l’Italia sia presa d’assalto da chi scappa dal Nord Africa. È così ?

Risposta: quanto sta avvenendo in Libia e in altri paesi del Maghreb costituisce un evento storico di enorme portata che va considerato non solo in relazione al probabile intensificarsi di arrivi di rifugiati verso l’Europa, ma in primo luogo guardando alle enormi potenzialità positive, sul piano economico, sociale e culturale che si aprono, per l’Europa nel suo complesso e per i paesi del Mediterraneo in particolare, a seguito della caduta di quei regimi corrotti e violenti che per decenni hanno dominato l’area.  

L’Europa e l’Italia hanno il dovere di sostenere concretamente l’avvio dei processi di trasformazione democratica in questi paesi e, con senso di responsabilità debbono evitare allarmismi e il possibile diffondersi, nella popolazione italiana ed europea, di sentimenti di paura verso coloro che fuggono dalle violenze in atto. Al contrario, è il momento di realizzare, anche con il concorso delle istituzioni locali e della società civile, iniziative di accoglienza e di solidarietà e l’avvio di programmi di aiuto ai paesi interessati per un ritorno il più rapido possibile alla democrazia.

In particolare è necessario garantire un efficiente sistema di soccorso in mare, anche in acque internazionali, come avvenuto in passato seguendo la migliore tradizione del nostro Paese, evitando tassativamente ogni operazione di contrasto e respingimento in mare degli arrivi, attuata direttamente, con uomini e mezzi italiani, o indirettamente, con appoggi logistici a unità militari e di polizia dei paesi interessati dalla crisi. Una simile ipotesi costituirebbe una scelta foriera di tragedie.

Va naturalmente garantito l’accesso alla procedura ­di asilo, nel rispetto rigoroso del principio di non refoulement. Si preveda inoltre una forma di protezione temporanea per tutti coloro che fuggono dalle aree di crisi. 

Domanda: Ora sembra sia stato raggiunto un accordo per distribuire sul territorio le persone arrivate a Lampedusa. Eppure i rivolgimenti in corso nel Nord Africa durano ormai da mesi e da anni la nostra costa è il punto di arrivo principale per chi scappa dal suo paese. Come mai non ci è pensato prima?

Risposta: La grave crisi del Maghreb sta portando ad una fuga di massa verso l’Italia, in particolare dalla Tunisia. Stanno arrivando migliaia di persone sulle coste italiane, prevalentemente giovani tunisini tra i 16 e i 25 anni. Un vero e proprio esodo che purtroppo ha già mietuto molte vittime.  Siamo davanti a una pagina fondamentale della storia dei paesi mediterranei a noi vicini e l’Italia deve assumersi le proprie responsabilità nei confronti di uno stato limitrofo che sta vivendo una situazione di vera e propria crisi umanitaria.  

 Molto c’è da fare ad ogni livello: prima di tutto garantire l’accoglienza e il rispetto dei diritti dei migranti che in queste ore continuano ad arrivare sulle nostre coste. Gli strumenti giuridici per la loro tutela esistono: il Centro Astalli chiede che venga applicata da parte del governo la Direttiva comunitaria 2001/55/CE relativa alla concessione della protezione temporanea in caso di afflusso massiccio di sfollati ed alla cooperazione in ambito comunitario, recepita dall’Italia con il decreto legislativo n. 85 del 2003.

Accogliere i migranti dalla Tunisia e dalla Libia è l’ennesima sfida di civiltà che il nostro paese si trova ad affrontare: l’Italia si impegni a che tutto si svolga nel rispetto dei diritti e della dignità di queste persone. 

Domanda: sull’intera questione immigrati continuano a confrontarsi due versioni opposte: una afferma che nei prossimi decenni l’Italia ha bisogno di molti di loro per mandare avanti l’economia e i servizi; l’altra li vede come una minaccia da respingere con ogni mezzo. Dove sta la verità e cosa è giusto fare?

Risposta: il fenomeno migratorio appare strutturale: gli stranieri tendono ormai alla stabilità, nonostante politiche di integrazione a volte carenti, e si inseriscono in quegli spazi del mercato del lavoro rifiutati dagli italiani. Ma purtroppo una parte dei cittadini non la pensa così e nutre un senso di paura per l’arrivo degli immigrati, considerandoli la principale fonte di insicurezza, non tanto dal punto di vista dell’ordine pubblico, ma da quello della sicurezza sociale.

Nella loro percezione gli stranieri aumenterebbero la disoccupazione, nonostante in realtà siano impiegati in mansioni indispensabili dalla comunità, rifiutate dagli autoctoni.
Uno dei fattori che incide sui timori dei cittadini riguarda i flussi irregolari, tra l’altro presentati dai media, esagerando di molto la realtà, come un fenomeno continuo e inarrestabile.

Quote d’ingresso inadeguate, carenze nei meccanismi di incontro tra domanda e offerta di lavoro, lavoro nero e precario che vengono percepiti come un ulteriore indebolimento del lavoro regolare sono argomenti all´ordine del giorno. Per non parlare poi di come tv e giornali mostrano l’arrivo dei clandestini e le espulsioni come sta avvenendo in queste ore in Italia. Infatti, nel nostro Paese, spesso, i media ingigantiscono le paure degli italiani presentando gli stranieri come una minaccia all’ordine pubblico. In realtà solo lo 0,3% degli stranieri regolarmente residenti in Italia è colpevole di reati. Una percentuale minore di quella degli italiani.

Sarebbe quindi forse il caso di regolarizzare e inserire con maggiore flessibilità gli immigrati nei paesi europei con politiche di integrazione adeguate affinché il numero di irregolari diminuisca e con esso anche le nostre insicurezze.

Giovanni La Manna responsabile del Centro Astalli

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