L’ossessione del prezzo dei carburanti e la transizione dei sogni

Somiglia sempre più ad un’ossessione l’enorme attenzione  mediatica che eccita gli animi sui prezzi dei carburanti. La notizia della cancellazione degli sconti sulle accise introdotti nel 2022 è di quelle che toccano tutti.  In Italia circolano decine di milioni di veicoli a motore (inclusi scooter e moto) e chiunque ne possegga uno sente come un’ingiustizia dover pagare prezzi elevati perché gravati da una componente fiscale esorbitante rispetto a qualunque altro bene. In effetti non c’è nessuna ragione logica per un prelievo che sulla benzina raggiunge il 60% del prezzo alla pompa. L’unica è che è una forma di finanziamento del bilancio dello Stato alla quale nessuno può sfuggire. Certo sarebbe bello se si pagasse solo l’IVA e magari pure al minimo come il pane. In fin dei conti perché lo Stato deve prendere soldi ai cittadini con simili stratagemmi? La situazione ideale sarebbe che tutti pagassero le imposte in base alla loro capacità contributiva e un minimo di imposte indirette e di tasse che colpiscono tutti allo stesso modo. Peccato però che l’Italia è lontanissima da questo ideale e peccato che il prelievo fiscale sui carburanti sia elevato in tutti i paesi europei. Tutti folli?

Certo, per frenare un poco la crescita dell’inflazione abbassare il prezzo dei carburanti funziona, ma se poi lo si deve fare aumentando il debito che senso ha? Ah sì: il debito è dello Stato, mentre la benzina bisogna pagarla di tasca propria. La vecchia storia che lo Stato sono sempre gli altri e che il debito riguarda il futuro: noi spendiamo, chi verrà dopo troverà una soluzione. Infondate poi le accuse di speculazione da parte dei gestori degli impianti e delle società petrolifere. D’altra parte non si può nemmeno dire che abbiamo raggiunto i livelli massimi di alcuni periodi del passato. Dunque perché tanta agitazione?

Bisognerebbe cominciare ad eliminare l’evasione fiscale e tutti i benefici previsti per chi si finge povero che costano e limitano l’efficienza dei servizi. Se non si fa allora lo Stato deve continuare a farsi bastare i soldi che riesce a prelevare e che non bastano visto che il debito è arrivato al 145% del Pil ovvero sta intorno ai 2800 miliardi di euro.

Ciò detto bisogna anche che gli operatori dell’informazione facciano il loro mestiere che non è conquistare pubblico sparando titoli sensazionalistici ed alimentando le polemiche dietro le quali c’è il falso pensiero che l’Italia sia un paese di poveracci tartassati dal fisco.

Mette i puntini sulle “i” Davide Tabarelli docente all’università di Bologna nonché presidente di Nomisma Energia, uno di quelli che parla conoscendo la materia. In un’intervista recentissima (Corriere della Sera del 15 gennaio) fissa alcuni concetti che risulteranno sgraditi a tanti. “I prezzi dei carburanti sono bassissimi” è la prima affermazione e si accompagna al timore che possano crescere di molto nel breve periodo insieme al prezzo del petrolio. Sulla eliminazione del taglio delle accise il giudizio è netto: “andava fatto anche prima: è una scelta dovuta, abbiamo il debito più alto del mondo e non possiamo permetterci costi così alti”. Il problema vero è un altro ed è la conseguenza delle scelte strategiche adottate in Europa per la transizione energetica. “Gli investimenti dei produttori di petrolio sono pochi, la produzione cala” inoltre “oggi sembra che tutti abbiano paura di investire nel petrolio, ma il petrolio e i suoi derivati rappresentano ancora il 90% della domanda di mobilità”.

Esatto: transizione a scadenza (2030 – 2035 – 2050) significa che nessuno cercherà nuovi giacimenti e lascerà esaurire quelli vecchi e nessuno costruirà nuove raffinerie o adeguerà quelle esistenti. Bisognerà dire la verità ai cittadini: la transizione costerà molto cara e costringerà a cambiamenti nelle abitudini di vita. Con una propaganda martellante si è fatto credere che sarebbe arrivato il migliore dei mondi possibili, pulito, economico, accessibile a tutti. Invece si rischia di trovarsi per decenni con un mondo che peggiorerà le condizioni di vita “per salvare il pianeta”.

Ma ci sono le rinnovabili! Ma c’è l’auto elettrica! Anche su questo Tabarelli ha qualcosa da dire: “ l’auto elettrica per ora è una cosa da ricchi ed è assurdo che vengano dati migliaia di euro in incentivi che vanno a favorire solo chi può permettersela”. La strada è un’altra: “bisogna prepararsi agendo sulla sostanza. Migliorare l’efficienza dei motori, poi bisogna investire sui mezzi pubblici, le biciclette. Ci deve essere più offerta”.

Sulle rinnovabili tante false credenze si stanno rivelando nient’altro che illusioni. Intanto si costruiscono pochi impianti e il prezzo dell’elettricità da acqua, vento e sole è altissimo perché reso uguale a quello del gas per decisione politica. I soldi passano così dalle tasche degli utenti a quelle dei produttori e spingono l’inflazione. Ma la questione di fondo è un’altra: il 100% di rinnovabili per produrre energia elettrica è un’utopia che rischia di rivelarsi pericolosa perché distorce la realtà. Le rinnovabili sono una fonte inaffidabile perché intermittente. Farci funzionare un condominio o un villaggio è un conto, una nazione è tutt’altra cosa. Dunque serviranno sempre fonti di altra natura e se il gas va eliminato non resta che il nucleare. Utopia è anche l’elettrificazione generalizzata di qualunque utilizzo di energia. Basta guardarsi intorno per capire che le soluzioni giuste ancora non ci sono. Le scadenze però ci sono già

Claudio Lombardi

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Fornisci il tuo contributo!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *