Mafia Capitale e politica: il trionfo culturale della destra
Non stupisce che da destra vengano tanti esempi di menefreghismo e di prevalenza degli interessi privati rispetto a quelli della collettività. La destra ha sempre significato mettere l’interesse individuale davanti a tutto.
Colpisce che anche a sinistra si siano affermati questi comportamenti senza trovare seri ostacoli. È un fatto che, rispetto al vecchio PCI (casa madre di tante sinistre), nel quale la sorveglianza interna era ferrea e faceva degli iscritti un gigantesco centro di osservazione dei comportamenti e perfino degli stili di vita dei dirigenti, abbia preso il sopravvento un atteggiamento culturale e una prassi che hanno sollevato capi e capetti da ogni controllo e da ogni responsabilità.
Tutto iniziò quando il partito rinunciò al sistema di selezione interno delle candidature per le elezioni che coinvolgeva i militanti organizzati nelle sezioni territoriali e che prevedeva una campagna elettorale organizzata direttamente dal partito e lasciò ad ogni candidato la libertà di condurre la propria campagna con i soldi che riusciva a mettere insieme.
Piano piano si è fatta strada la caccia forsennata alle preferenze che in Italia mai hanno significato trasparenza e pulizia. La corsa al seggio, fosse pure in un modesto consiglio comunale o circoscrizionale, ha significato campagne elettorali il cui costo non era giustificato da quello che si sarebbe potuto recuperare con le successive indennità di carica. Puro idealismo? In qualche caso sì, ma nella maggioranza è lecito dubitarne.
Certo, nel caso del federalismo truffaldino all’italiana impiantato nelle regioni contava molto che fino a un paio d’anni fa un consigliere potesse guadagnare anche più di 10mila euro al mese perfino in una regione finta come il Molise (300mila abitanti). A quei livelli tanta gente di scarse capacità professionali, ma senza scrupoli e di grande furbizia, poteva vedersi proiettata in un mondo di guadagni impensabili per le persone normali e con in più un potere di controllo sulla spesa pubblica quasi senza limiti.
Ma è evidente e lo si è scritto e detto tante volte che la corsa a conquistare un seggio a tutti i livelli è diventata così importante non solo per i guadagni diretti, ma anche per quelli indotti ovvero per il controllo sulla spesa e sugli apparati pubblici (finanziamenti, assunzioni, consulenze, appalti). Possibile che nessuno a sinistra si fosse accorto di questa mutazione genetica nella politica? Non solo non è possibile, ma la sinistra, anzi il centro sinistra, ne ha approfittato costruendoci su un proprio sistema di potere innestato su quello che nasceva dal vecchio clientelismo democristiano e socialista.
La longa manus della politica sottratta al controllo dei militanti (quando c’erano) e allo sdoganamento della prevalenza degli interessi personali rispetto a quelli generali (caccia alle preferenze, cura dell’immagine personale separata da quella del partito di appartenenza) ha prodotto il mostro del sistematico assalto alla più grande attività economica del Paese: la spesa pubblica.
D’altra parte quando si antepone l’interesse del partito a quello dello Stato cosa si può sperare? Per tanti anni è stato così e il culto della fazione è prevalso.
Il tempo remoto delle finanziarie (anni ’80 e primi ’90) costruite sul mercanteggiamento degli interessi elettorali di tutti i partiti (il famoso “assalto alla diligenza”) rispondeva ad un consociativismo di fatto che ha scassato le finanze pubbliche portando al raddoppio del debito in un decennio. Quel metodo è la madre di tutte le degenerazioni successive perché ogni parlamentare portava le sue esigenze di finanziamento e queste venivano accolte senza alcun quadro di programmazione.
Nelle regioni e nei comuni si è fatto lo stesso e di più. Vogliamo ricordarci delle famigerate “manovre d’aula” ancora in vigore fino a poco più di un anno fa? Soldi pubblici a disposizione di ogni consigliere per soddisfare esigenze da lui stesso decise al di fuori di ogni logica politica. Clientelismo puro e legalizzato che è rimasto in vigore per molti anni nel silenzio-assenso di destra, centro e sinistra.
Il consociativismo e la conquista culturale della sinistra si sono tradotti anche nella truffa del finanziamento pubblico dei partiti (un referendum lo aveva cancellato ed è stato reintrodotto “più forte che pria”) e in quello dei gruppi regionali che hanno portato agli scandali degli ultimi anni. Anche qui tutti d’accordo senza remora alcuna.
Vogliamo andare a vedere il sistema delle municipalizzate a totale controllo pubblico in cosa si è tradotto? Tanto invocate dalle anime belle di sinistra che addirittura le vorrebbero trasformare in enti pubblici obbligatori per tutti i servizi locali (vedi la proposta di legge dei movimenti per l’acqua pubblica) si sono trasformate, senza che si levasse una seria opposizione, in macchine mangiasoldi pubblici a disposizione di clan di qualunque colore.
La cupola mafiosa romana non ha fatto altro che sviluppare quelle premesse aggiungendoci la forza di un apparato criminale che assicurasse un controllo ancora più forte sulla politica e sull’amministrazione secondo lo schema tipico della mafia, della ‘ndrangheta e della camorra.
Ciò che preoccupa è l’omologazione della sinistra e la sua immunizzazione rispetto alla degenerazione che si è sviluppata nel corso degli anni. Perfino i movimenti cosiddetti antagonisti non hanno sentito il bisogno di mettere al centro della loro battaglia la lotta contro il sistema di potere clientelare e mafioso limitandosi a rivendicare propri spazi di manovra e di controllo. L’ennesima tribù senza senso dello Stato. D’altra parte quando nelle varie tornate elettorali personaggi di dubbia fama o mediocri esponenti locali, a Roma come altrove, arrivavano ad ottenere migliaia e migliaia di preferenze qualcuno si è mai chiesto come facessero ad ottenerle? Per niente, anzi, a queste persone si aprivano tutte le porte perché ciò che contava era esibire il consenso degli elettori comunque ottenuto. Primarie comprese.
Ora dovremmo essere arrivati per merito dei magistrati e non dei partiti a scoprire i giochi. Speriamo che stavolta si vada fino in fondo e che non ci si ritrovi, passata la tempesta, le solite facce a far finta di essere rinati. Comunque spetta alla sinistra adesso dimostrare di avere una sua capacità di egemonia culturale. Se ne ritrova le basi ovviamente
Claudio Lombardi
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Fornisci il tuo contributo!