Mentre l’Italia salva il pianeta, croati e greci estraggono gas
Un articolo di Jacopo Giliberto sul Foglio del 4 agosto mette in luce l’assurdità della scelta imposta all’Italia di rinunciare all’estrazione del gas nel mare Adriatico. Di seguito un estratto
Giammai trivelle, dicono i comitati ambientalisti italiani. Peccato che però dall’altra parte dell’Adriatico facciano affari al posto nostro (e altro che salvaguardia dell’ambiente). Avete presente quando si dice che la Croazia potrebbe succhiarsi tutto il nostro gas adriatico? Bene, sta già accadendo.
Le due piattaforme Izabela in mezzo al mare stanno estraendo metano a vagonate, 22 mila metri cubi al giorno, dal giacimento che sta sotto al fondale dell’Adriatico, un giacimento geologicamente incurante dei confini immaginari che noi minuscoli italiani e minuscoli croati lassù sulla superficie abbiamo disegnato sulla carta nautica.
E la Croazia perfora in tutta serenità a un metro di là dalla linea di confine a metà del golfo fra Venezia e Pola. Non basta. Sta per succedere uguale preciso nello Ionio fra la Puglia e la Grecia, fra Santa Maria di Leuca e Corfù: un grande giacimento irrispettoso delle due sovranità nazionali si è collocato proprio in mezzo e i greci si accingono a usarlo e a incassare le royalty che noi, sdegnosi, rifiutiamo.
Non basta ancora. Sapete che compagnie operano su quei giacimenti di qua e di là dal confine? E’ presto detto: Eni ed Energean. le stesse persone, di qua ricevono attese infinite nelle anticamere, porte chiuse, dinieghi tardivi, silenzi superbi; dall’altra parte ottengono strette di mano, contratti e fatturato.
I giacimenti non sono caverne vuote, laghi sotterranei; sono invece come quando i bambini in spiaggia fanno le buche in riva al mare e trovano l’acqua: il giacimento è arenaria, sabbia, ghiaia o roccia porosa impregnate di idrocarburi. Oppure (seconda similitudine) un giacimento ricorda una grattachecca, la granita fatta di sciroppo e ghiaccio tritato: la cannuccia che arriva per prima in fondo al bicchiere sugge tutto lo sciroppo e lascia ai ritardatari solamente aroma e dispetto.
Tra Puglia e Corfù. Sotto al fondale del mare Ionio i geologi hanno individuato un’estesa struttura carbonatica che sembra contenere petrolio e metano. L’Energean ha chiesto a entrambi i paesi il permesso di ispezionare il sottosuolo. All’Italia l’istanza di poter studiare la geologia profonda è stata fatta nel 2013; l’Italia ha aspettato dieci anni che fosse completato il piano regolatore creato per vietare ogni attività sui giacimenti, il cosiddetto Pitesai, e poi ha detto no (“area non idonea nella situazione post operam”).
Alla Grecia la richiesta è stata presentata nel 2015 e il permesso di studiare il sottosuolo è arrivato nel 2018. La compagnia petrolifera Energean, operatore in maggioranza che ha come socio di minoranza la compagnia statale Hellenic Petroleum, nell’autunno scorso ha condotto le ecografie del sottosuolo e, in attesa del risultato definitivo atteso entro fine anno, ha individuato la possibilità di un giacimento fra i 600 milioni e il miliardo di barili, di cui il 60 per cento sembra dalla parte greca e il 40 per cento potrebbe essere sotto il mare italiano. L’Energean perforerà un pozzo esplorativo e, se troverà il giacimento, lo collegherà alla riva greca. Le royalty andranno alla Grecia.
Tra Venezia e Pola. Ricerche condotte una quarantina d’anni fa avevano fatto ipotizzare che nel golfo di Venezia potessero nascondersi circa 30 miliardi di metri cubi di metano. L’Italia decise di non estrarlo nel timore che estrarre il gas in mezzo al mare avrebbe potuto fare sprofondare Venezia e la sua laguna.
Nel novembre scorso, quando il metano costava una fucilata, il governo decise di aprire all’estrazione i giacimenti più lontani dalla costa; era il cosiddetto “gas release” per assegnare ai consumatori industriali metano a prezzo convenzionato. Oggi con il metano meno caro, costa addirittura meno del minimo previsto dal governo, quel programma di estrazione è accolto da cenni di disinteresse e spallucce.
Intanto, di là dalla linea immaginaria di confine in mezzo al mare l’Edina, la compagnia petrolifera al 70 per cento del gruppo Energean con una minoranza della compagnia statale croata Ina, ha fatto le ricerche geognostiche, ha individuato i giacimenti, ha posato le due piattaforme Izabela e dal 2014 estrae circa 22 mila metri cubi di metano al giorno.
Nel frattempo è stato individuato sotto alla linea di confine un altro giacimento, Irena, che potrebbe contenere un miliardo di metri cubi di metano; in due o tre anni potrebbe cominciare a mandare gas verso l’Istria e a pagare le royalty a Zagabria.
E poi i geologi hanno trovato, sempre a un palmo dal confine con le acque italiane, un’area denominata Ivona che pare assicurare altri 1,5 miliardi di metri cubi di metano; a breve sarà perforato un pozzo per accertarne il contenuto.
Per fortuna nel frattempo l’Italia ha salvato il pianeta.
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