Metodo scientifico e governo delle larghe intese (di Luca Sofri)

governo Pd PdlIl progetto del governo di “larghe intese” era una di quelle cose che dimostrano il loro essere giuste o sbagliate in base ai fatti: se riescono, aveva ragione chi le sostenne, se falliscono aveva torto. Se riescono, chi le sostenne porterà i meriti di essere andato contro chi affermava sbagliasse, se falliscono avrà la responsabilità di non averlo ascoltato. I fatti dimostrano le cose, è il metodo scientifico: si fa un’ipotesi che deve passare per la dimostrazione sperimentale, e poi se ne traggono le conseguenze.

La dimostrazione ha demolito l’ipotesi. E non è importante dire chi avesse quindi ragione, capita ogni giorno di avere molte ragioni e molti torti: però è importante ricordare che l’ipotesi era stata molto contestata da diverse persone, allora, con articolati argomenti. E quindi il suo fallimento era tutt’altro che impensabile: per alcuni era persino quasi certo. Questo rende la responsabilità del fallimento ancora più grave per chi ha ritenuto di far prendere a tutti dei rischi molto visibili.

scelta governoChi ancora sostiene la correttezza di quel tentativo esibisce due argomenti. Il primo è che non si potesse fare altrimenti, e che votare di nuovo – l’unica altra alternativa realistica – sarebbe stato scellerato. Ci sono molte obiezioni a questa perentoria certezza, ma la più solida e palese è che rivotare è esattamente di quello che andremo a fare presto, in condizioni persino peggiori. Se era scellerato allora, averlo procrastinato lo rende doppiamente scellerato.

La seconda è che “andare a votare non risolve niente”. Può anche darsi, ma questa è solo un’ipotesi, come lo fu quella del governo con alleanza PD-PdL. Se qualcuno sostiene di averne certezza è un astrologo – non uno scienziato – e in quel caso altri gli potrebbero opporre di avere avuto certezza dall’inizio del fallimento di un’alleanza tra PD e PdL e non vennero ascoltati, quando suggerirono di non mettere la pistola carica in mano al matto.
L’ipotesi che invece il voto cambiasse qualcosa non è stata sperimentata, quindi al momento ha altrettanta dignità: anzi ne ha di più, da sabato.

nuove elezioniGli argomenti a suo favore erano sostanzialmente tre, che rispondono ai sostenitori di “si rivota ed è tutto uguale”.

  1. Sostenere che sappiamo benissimo – lo ha fatto anche Letta ieri – che maggioranza uscirà dal voto è un po’ buffo, perché implica che lo dovessimo sapere anche la volta scorsa. Si dice che allora non conoscessimo i numeri di Grillo, ma se è vero che quei numeri sono oscillati molto nei mesi precedenti alle elezioni – come è stato condiviso da tutti – non si capisce perché debbano invece rimanere poi immutati per mesi e mesi (in particolare per un voto che è stato assai definito “di protesta”).
  2. Qualunque partito serio e non vile che abbia ottenuto un risultato non soddisfacente alle elezioni dovrebbe avere nei propri auspici – e non nei propri timori – che si crei presto l’opportunità di cancellare e migliorare quel risultato. Se una sconfitta e la bocciatura di un progetto sono invece ritenuti un patrimonio da conservare, meglio ritirarsi a fare altro. Quello che devono essere è l’indicazione e il suggerimento di modifiche a quel progetto e ricerca di nuovi consensi e consensi perduti. Nuove elezioni sono l’ambizione degli sconfitti, non la paura: quello che nello sport si chiama “rivincita” e che raramente capita così presto.
  3. errori PdPer quello che riguarda in particolare il PD, c’era una peculiare e vantaggiosa condizione di sparigliamento di quel risultato, ad aprile, che era Matteo Renzi. Il PD aveva un’altra squadra da far giocare, nella rivincita: gli altri no. Ed era una squadra a cui erano attribuite molte chances, in quel momento. Si è deciso – contro il parere anche dello stesso leader vincitore/sconfitto, Bersani – di accantonarlo, quel vantaggio potenziale, e di lasciarlo lì a consumarsi. E infatti un po’ si è consumato. Probabilmente i nemici di Renzi nel PD se ne rallegreranno, ognuno ha i suoi obiettivi. Ma quella condizione esiste comunque ancora ed è un ineludibile argomento – ma fu eluso, ciecamente – a favore dell’ipotesi che le prossime elezioni possano andare invece in un altro modo (per non dire dello sfarinamento del PdL).

Aggiungo, per escludere altre strane idee che ancora circolano, che quello che mi pare smentito dai fatti è ogni progetto che affidi il governo a maggioranze fragili e capricciose, messe insieme per portare a casa interessi distanti e contraddittori.

Così stanno le cose, e ne ripeto il senso facile facile per chi legge frettolosamente: c’erano due ipotesi, figlie di due pensieri. Una, che presupponeva la lealtà di rapporti tra PD e PdL, è fallita (è fallita comunque, anche di fronte a capovolgimenti non credibili dei prossimi giorni). L’altra, che la escludeva, non dà nessuna garanzia ma è ancora da smentire. Chi abbia avuto ragione non ha nessuna importanza: ma non affiderei di nuovo nessuna scelta a chi ebbe torto.

Luca Sofri da http://www.wittgenstein.it

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