Morti sul lavoro: verità e menzogne
Jack Daniel si fa carico di svolgere un servizio pubblico di informazione che la maggior parte dei giornalisti si guarda bene dal fare. Sulla mortalità causata dal lavoro c’è molta retorica, molti inganni, molta finzione. Si racconta una versione riassunta nel dato statistico di tre morti al giorno causati dal lavoro come se fosse vera e, invece, non lo è. Lo fanno i sindacalisti che si confermano in gran parte dei demagoghi, lo fanno i giornalisti sempre più attenti a richiamare pubblico che a fare vera informazione e lo fanno tanti politici a corto di capacità autonome di ragionamento o di capacità di analizzare i dati oppure interessati a fare confusione. Leggiamo l’analisi di Jack Daniel per capire come stanno le cose (lo scritto è tratto da facebook).
Un morto di lavoro, è un morto di troppo.
Lo scrivo come incipit, e lo ripeterò, per rispondere preventivamente ad eventuali critiche poco intelligenti.
La domanda che però ci si può porre è quanti siano i morti di lavoro in Italia. Un numero che ci rimbalza in testa e che viene costantemente ripetuto da organi di stampa, partiti e sindacati è di circa 1200 all’anno (1.208 nel 2022) o, approssimando, tre al giorno (https://tinyurl.com/yzvs3j6v oppure https://tinyurl.com/2cwyzdbv). Sennonché, se uno volesse confrontare questi numeri con quelli di altri paesi europei, per capire se l’Italia abbia un numero più elevato di decessi, andrebbe nella sezione apposita Eurostat (https://tinyurl.com/ye66cxw5 ), e qui vedrebbe, forse con qualche sorpresa, che il numero dei morti sul lavoro, in Italia, nel 2021, risulta di circa 600, la metà del numero che abbiamo in testa. E quindi: quanti sono i morti sul lavoro in Italia? I 1.200 circa (3 al giorno) che ci ripetiamo ad ogni momento o i 600 considerati da Eurostat per il 2021?
Si può tentare di fare un po’ di chiarezza andando a leggere la Relazione annuale INAIL (https://tinyurl.com/yextm2dn ). Consiglio anche, e soprattutto, l’appendice statistica da cui ho tratto la tabella sotto; questa Relazione riporta i dati al 2022, ed è l’ultima disponibile. La prossima, con i dati 2023, che comunque non sono diversissimi da quelli 2022, uscirà nei prossimi mesi.
Prima di entrare nei dati, ricordo che INAIL copre tutti i lavoratori dipendenti, e parte di quelli autonomi. Sono esclusi alcuni lavori autonomi. Qui per saperne di più https://tinyurl.com/2s4fk4p4 e qui https://tinyurl.com/ydwjze8 e per capire come Eurostat elabora le statistiche partendo dai dati INAIL. Perché la fonte di questi dati, in Italia, è sempre INAIL.
Guardiamo la tabella qui pubblicata. Compare il famoso numero 1.208 in fondo a destra nell’anno 2022, come totale generale, ed è questo è il numero che, come visto, viene riportato dalla stampa e che tutti citano. Si notano però, osservando meglio la tabella, alcuni dettagli di non poco conto. Innanzitutto: il dato del 2022 è molto inferiore a quelli del 2020 e del 2021, ed è simile a quello del 2019. La ragione la conosciamo: il Covid che, soprattutto nel 2020, ha mietuto centinaia di vittime tra il personale sanitario e ha fatto innalzare i numeri del 2020 e 2021.
Poi, però, vediamo che quel numero, 1.208, viene suddiviso tra definizione positiva e negativa. Questo perché, quando una persona muore sul lavoro (cioè in luogo e orario di lavoro) parte, da medici o pronto soccorso, una denuncia all’INAIL. Il quale, poi, verifica se la persona è deceduta *a causa* del lavoro (definizione positiva) o no (negativa), cioè se il decesso è avvenuto per altre ragioni, magari dipendenti da condizioni di salute pregresse del lavoratore. Come si vede, il numero di denunce negative è altissimo, 557 nel 2022, poco meno della metà dei 1.208 di partenza. Ci sono anche 45 denunce ancora da definire, probabilmente si tratta di decessi avvenuti alla fine dell’anno o in seguito a circostanze complesse la cui definizione richiede ancora del tempo. Infatti, se si guarda agli anni precedenti, si vede che questo numero scompare: denunce che, nel corso degli anni, sono poi state definite positive o negative.
Quindi, il numero 1.208, quello universalmente riportato, non si riferisce a coloro che, ogni anno, muoiono a causa di lavoro, ma sono le denunce di decesso presentate all’INAIL. Di queste, un po’ meno della metà (557), vengono rigettate in quanto negative, perché si constata che quel decesso, magari avvenuto *sul* lavoro, non è stato causato *da* lavoro. Alla tabella B4.1.4 di pag. 34 dell’appendice statistica, vengono riportati i motivi del perché, per i 557, sia stata considerata negativa la denuncia.
Passiamo allora alla prima colonna, i definiti positivi, quelli che cioè l’INAIL ha accertato come decessi da lavoro: sono 606 nel 2022. Vediamo subito, però, che questi 606 si dividono in due categorie: quelli in occasione di lavoro (430, circa il 70%) e quelli in itinere (176, il 30%). I lavoratori in itinere sono quelli deceduti mentre andavano o tornavano dal lavoro, in larga misura in incidenti stradali (con mezzi di trasporto). Giusta la decisione di considerarli morti da lavoro? Probabilmente sì, perché sono morti per lavorare, se stavano a casa non succedeva nulla. Solo che ci sono almeno due conseguenze: 1) Eurostat, nonché molti Paesi, NON considera i deceduti in itinere come morti sul lavoro e 2) per limitare queste morti è inutile chiedere nuove normative di sicurezza sul lavoro o nuovi ispettori sul lavoro, sarebbe magari meglio chiedere più polizia stradale e rivedere il Codice della Strada in senso più prudenziale.
Dai 606 deceduti da lavoro, quindi, togliendo i 176 in itinere, si arriva ai 430 morti in occasione di lavoro. Sono questi i veri e propri decessi sul lavoro (e, ripeto, sono 430 di troppo) e sono questi quelli considerati da Eurostat. Infatti, si vede che l’anno prima, il 2021, ancora anno Covid, erano stati 616, che è più o meno il numero considerato da Eurostat nel link sopra ricordato. Quando Eurostat pubblicherà i dati relativi al 2022, si vedrà che il numero dei decessi per lavoro sarà di circa 400, non i 1.208 che si riporta ovunque.
Ma, anche in questo caso, vediamo che una parte consistente di questi 430 deceduti in occasione di lavoro nel 2022, sono morti con mezzi di trasporto. Si tratta di camionisti, per esempio, che sono deceduti in incidenti stradali mentre lavoravano, e infatti il settore Trasporti, dopo quello delle Costruzioni, è quello che fa registrare il maggior numero di decessi. Anche per molti di questi vale il discorso di prima, e cioè che normative di maggior sicurezza stradale sarebbero molto opportune non solo per la popolazione in generale, ma anche per contrastare le morti da lavoro.
Dai 430 deceduti in occasione di lavoro, togliendo quelli con mezzi di trasporto, arriviamo infine a 241. Sono costoro quelli a cui in genere pensiamo quando sentiamo i numeri dei morti sul lavoro. Sono Luana D’Orazio, intrappolata da un macchinario tessile, sono gli operai Thyssen, sono quelli di Brandizzo, sono i 7 della diga di Suviana, morti poche settimane fa, sono l’operaio edile che cade da un ponteggio. Sono questi 241, e non i 1.208, quelli per cui ha senso, eventualmente, invocare più Ispettori e più controlli. In particolare nei cantieri, visto che quello delle Costruzioni è il settore che paga il tributo maggiore.
E quindi, e ribadito ancora che un morto sul lavoro è un morto di troppo, il numero di 3 morti al giorno non è relativo ai decessi da lavoro, ma alle denunce presentate, e sarebbe meglio non fare confusione. Di queste denunce, una metà viene rigettata: non sono morti a causa di lavoro. Di quelli rimanenti, la maggior parte (circa il 60%) muore con mezzi di trasporto, o in itinere andando o tornando dal lavoro, o mentre lavorava (autisti, camionisti etc.).
In definitiva, e per rispondere alle domande iniziali. Quanti sono i morti per lavoro in Italia? I 1.208 riportati ovunque? No: per INAIL, nel 2022, sono stati 606, contando tra questi i 176 in itinere (che Eurostat non considera decessi sul lavoro). Non contando quelli in itinere, 430 (salvo future definizioni delle 45 posizioni ancora aperte).
Rispetto agli altri Paesi, si muore di più in Italia? Guardando i dati Eurostat, l’Italia è sopra la media nella triste classifica, ma è preceduta non solo da alcuni Paesi dell’Est Europa (Lituania, Lettonia, Romania, Bulgaria), ma anche da Paesi dell’Europa occidentale come Austria e Francia. Questo post dovrebbe però aver fatto intuire come siano complicate le definizioni del problema: è già difficile tentare di comprendere i numeri relativamente all’Italia, figurarsi armonizzare e confrontare quelli di 27 Paesi con 27 legislazioni differenti.
Credo però, concludendo, che almeno una cosa possa dirsi: in Italia non muoiono 3 persone al giorno di lavoro, nonostante lo si affermi ovunque. Ne muoiono moltissime di meno, per fortuna, ma sono comunque troppe.
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