Non avere paura di impegnarsi: intervista a Francesca Lagatta
Francesca Lagatta, 27 anni calabrese autrice della lettera aperta a Monti (pubblicata qui https://www.civicolab.it/new/?p=2437) impegnata nelle lotte sociali nell’alto tirreno cosentino
D. Quali sono le motivazioni del tuo impegno sociale e cosa pensi della politica?
R. Il mio impegno sociale nasce dall’esigenza che ho avvertito fortemente di dare una mano a chi ne ha bisogno. Da questa spinta sono arrivata anche all’impegno politico. La scintilla è stata una reazione a quella che considero una brutta pagina della politica calabrese: la riconversione dell’ospedale della mia città, Praia a mare. Ho pensato che non era giusto perché la salute dovrebbe essere tutelata ad ogni costo. L’ospedale di Praia era rimasto in vita per 41 anni salvando migliaia di vite e senza mai casi eclatanti di malasanità. Interessandomene ho anche scoperto che era l’unico ospedale della zona di Cosenza ad avere i conti in attivo. Da poco è stata decisa la sua trasformazione in Casa della salute con conseguenze gravissime sulla popolazione. Al momento abbiamo solo 2 ambulanze per un bacino di utenza di 62mila persone in un raggio di 70 km e una sola di queste è medicalizzata mentre l’altra può solo fare il trasporto.
Ecco io penso che la politica non possa compiere azioni che danneggiano i cittadini. La politica è il mezzo attraverso cui si arriva ad avere dei risultati, non il fine. Chi usa la politica come fine compie un’azione senza senso per il benessere della collettività anzi, lo danneggia con le conseguenze che, purtroppo, vediamo tutti i giorni.
D. Tu hai scritto una lettera aperta a Monti che rappresenta un grido di dolore dei giovani calabresi e un appello alle istituzioni e alla classe dirigente del Paese.
R. La lettera a Monti è arrivata in un momento di rabbia estrema nella quale ho avvertito che le situazioni di disagio delle quali tutti i giorni vengo a conoscenza svolgendo l’attività dell’associazione che presiedo non sono casi individuali bensì la manifestazione di un disagio collettivo. Ho provato una grande rabbia e un desiderio di ribellarmi, di fare qualcosa contro quella che sento come una grande ingiustizia. Per questo ho scritto quella lettera, prima di tutto volevo parlare ai calabresi e mostrare che reagire si può.
Oggi essere giovane è difficile ed essere giovane calabrese lo è ancora di più. Lottiamo ogni giorno contro l’ignoranza, contro l’omertà, contro la malavita e la crisi esaspera questi contrasti. Il messaggio che mando tutti i giorni ai miei concittadini è di non arrendersi e di non rassegnarsi a che le cose vadano così, perché possono cambiare a partire dal nostro impegno personale.
Cosa vuol dire cercare lavoro in Calabria lo sanno bene i giovani calabresi, ma è un’esperienza che condividiamo con tutti i giovani. Il lavoro una volta era un mezzo per arrivare al benessere, oggi cercare lavoro è come giocare al lotto e il benessere appare molto lontano. Casomai l’obiettivo è la sopravvivenza il che significa, tra l’altro, continuare a farsi aiutare dalle famiglie e non pensare al futuro. Sappiamo dalle cronache che la ricerca del lavoro (e il lavoro che si perde) produce frustrazione e disperazione e rischia di diventare una piaga sociale con effetti negativi sulla vita delle persone.
D. E la politica in Calabria come risponde ?
R. La politica in Calabria è completamente sorda. Ci hanno tolto gli ospedali, ci vogliono far rimanere ignoranti, ci vogliono isolare. Fino a qualche anno fa spostarsi da Praia era più facile perché c’erano molti più treni, per esempio. Adesso non è più così e anche lo stato delle strade si può riassumere in un nome solo: Salerno-Reggio Calabria, l’eterna incompiuta. Sembra che l’Alto tirreno cosentino sia stato abbandonato e non faccia più parte nemmeno della Calabria. E i cittadini, purtroppo, non sembrano rendersene conto né capire che possono agire per il cambiamento.
Invece il modo ci sarebbe. Se i cittadini avessero dei punti di riferimento nei quali riconoscersi, qualcuno in grado di indicare obiettivi e di chiamarli all’impegno politico sarebbe un grande passo avanti. Questo c’è, ma in misura ancora insufficiente e così è ancora molto diffusa la rassegnazione e anche la paura. In realtà la presenza della ‘ndrangheta che si è impadronita di posizioni di potere anche nella politica si sente, ma io dico sempre a chi mi segue una frase: “l’uomo si nutre di cibo la mafia di omertà” perché fino a che rimarremo in silenzio faremo sempre il loro gioco. Basterebbe che ci ribellassimo tutti e che dimostrassimo di essere un popolo unito e le cose comincerebbero a cambiare da subito.
Ovviamente ribellarsi individualmente è difficile, bisogna organizzarsi nel sociale e in politica. In Calabria non mancano le associazioni, ma raramente sono associazioni che vogliono occuparsi di politica. Io, invece, penso che se ognuno si considera da solo non si possono affrontare i problemi della collettività. Io sono partita da un moto di rabbia personale, ma poi mi sono rivolta agli altri per agire insieme perché stare ognuno per conto suo e in silenzio fa solo il gioco della malapolitica e delle mafie.
D. Hai paura, non temi di rimanere isolata?
R. Assolutamente no, non ho paura e l’isolamento è il prezzo da pagare (e lo sto pagando), ma il mio è un messaggio di speranza perché si può fare molto per cambiare a partire da noi stessi. Io dico spesso agli altri: prendete esempio da me, reagire si può e si può non avere paura.
Per cambiare politica si deve partire dalle persone e spingere ad un cambiamento di mentalità e di cultura. È un lavoro lungo che non si fa in un giorno, ma da qualche parte si deve pur cominciare. Se ognuno di noi facesse un poco ogni giorno insieme potremmo fare tanto.
(Intervista del 25 maggio 2012)
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