Nuova Via della Seta: la silenziosa guerra cinese

Estratto da un articolo di Francesco d’Arrigo per StartMag. Qui il testo completo.

L’Italia è un membro della NATO e del G-7 con una posizione geografica strategica nel Sud dell’Europa e nel Mar Mediterraneo. Tutti questi fattori ne hanno fatto un obiettivo primario per la penetrazione, la manipolazione e la sovversione da parte della Russia e del Partito Comunista Cinese, nel tentativo di utilizzare il punto d’appoggio italiano per espandere la loro minacciosa impronta in Europa. Con la firma dei memorandum sulla Via della Seta l’Italia rappresenta un punto d’ingresso strategico per i cinesi che intendono sovvertire gli equilibri nell’UE, man mano che la loro influenza economica si espande anche nel Mediterraneo ed in Africa.

La lunga lista di accordi con Pechino, culminati con la stipula della Bealt and Road Initiative, hanno messo a dura prova la credibilità ed il sistema italiano di allineamenti, trattati, convenzioni economiche e diplomatiche, creando forti preoccupazioni all’interno della Nato. I provvedimenti del Governo Draghi hanno imposto un immediato rientro dell’Italia nell’alveo atlantista, e nonostante il periodico riaffiorare di posizioni ambigue di alcuni esponenti politici, anche la premier Meloni sembra orientata ad impedire la piena realizzazione di questi accordi tra Italia e Cina, vista la minaccia che rappresentano per la sicurezza dell’Italia e della NATO. Accordi che non hanno portato sviluppi concreti sul fronte economico ed ingerenze dal punto di vista politico. Ma soprattutto diventati insostenibili a causa dello sconvolgimento del contesto geopolitico globale provocato dalla guerra di aggressione della Russia all’Ucraina, che vede alleato e sostenitore del presidente Putin il suo omologo cinese Xi Jinping.

Roma non può più stare con due piedi in una scarpa, deve decidere di uscire dalla Via della Seta non solo per motivi politici, ma anche economici. Gli Stati Uniti sono il nostro mercato strategico ed il presidente americano Joe Biden ha lanciato un grandioso piano di rilancio economico da ben 6,8 trilioni di dollari, al quale le aziende italiane vogliono partecipare.

Lo straordinario livello di penetrazione a livello globale della cosiddetta Nuova Via della Seta o Bealt and Road Initiative (BRI) è attribuibile alle allettanti promesse del Partito Comunista Cinese di ingenti investimenti nelle infrastrutture e nelle economie delle nazioni disponibili a sottoscrivere accordi commerciali, spesso affiancati da attività di influenza e finanziamento nei confronti di politici e funzionari del Paese che firma tali intese.

Tuttavia, un numero crescente di partecipanti alla BRI ha imparato a proprie spese che gli investimenti ed i prestiti cinesi sottintendono una vera e propria colonizzazione delle infrastrutture, delle reti ferroviarie e stradali, dei porti marittimi, delle reti elettriche, dei sistemi di telecomunicazione e delle aziende strategiche nelle quali Pechino investe.

La campagna di rilancio della Via della Seta, che è il fiore all’occhiello del partito comunista cinese portato avanti dal suo principale sponsor, il Segretario Generale Xi Jinping, ha permesso di celare dietro ad un apparente approccio diplomatico di soft power, non solo una strategia per utilizzare ed esercitare pesanti ingerenze nelle scelte strategiche del Paese firmatario, la regione in cui si trova e le sue alleanze (per noi leggasi UE e Usa). Ma, cosa ancora più preoccupante, il PCC si è creato le condizioni per poter utilizzare queste infrastrutture per proiettare la sua potenza economica, tecnologica, di intelligence e militare in circa 140 nazioni in tutto il mondo.

La BRI è una delle caratteristiche principali del cosiddetto “sogno cinese” del presidente Xi Jinping, la sua aspirazione è quella di riprendersi ciò che l’alta burocrazia del partito comunista cinese insiste a definire il posto legittimo della loro nazione comecentro dell’universo”.

Le recenti dichiarazioni e le aggressive reazioni di Pechino, oltre al nervosismo per l’inaspettata risposta dell’Occidente all’attacco delle autocrazie all’ordine mondiale, tratteggiano una serie di caratteristiche tipiche delle operazioni di deception (inganno) simile alla “Maskirovka” russa, sia per gli aspetti psicologici che per le scelte economiche di una politica estera sempre più assertiva, che si esplicita attraverso un’intensa e pervicace attività quotidiana di influenza strategica diretta sia contro gli esponenti politici dei Paesi ritenuti amici, come quelli che hanno firmato accordi sulla Nuova Via della Seta, sia contro quelli ritenuti avversari e nemici. Inoltre, sono aumentate, soprattutto contro i Paesi aderenti alla Nato, operazioni di guerra ibrida che vengono portate avanti contro i Servizi e sistemi di intelligence, ma anche nei confronti dei media e dei social, con l’obiettivo di ottenere effetti sia sintattici che semantici, manipolando le informazioni ed i sistemi d’informazione.

L’auspicio è che un Occidente distratto dalla guerra in cui lo ha trascinato il presidente Putin sin dal 2014, quando c’è stata l’invasione iniziale russa dell’Ucraina, non commetta i medesimi drammatici errori di sottovalutazione, che con il senno del poi ha dovuto riconoscere di aver compiuto, consentendo alla Russia di alimentare le sue crescenti ambizioni imperiali con il tentativo di cancellare lo Stato ucraino, causando la perdita di decine di migliaia di vite civili e militari, milioni di profughi, violando senza alcuno scrupolo tutte le leggi fondamentali dell’ordine internazionale e minacciando la pace globale.

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