Oltre la spending review il rilancio della sanità pubblica (di Claudio Lombardi)
Nei giorni scorsi la Fondazione GIMBE (www.gimbe.org) ha tenuto la sua conferenza annuale dedicata all’esame dei problemi della sanità pubblica. Le conclusioni che la Fondazione ha tratto sono sintetizzate nell’affermazione che la sanità pubblica sopporta uno spreco di almeno 20 miliardi di euro l’anno e, nonostante ciò, continua ad essere una componente indispensabile alla convivenza civile. La Fondazione GIMBE ci tiene a sottolineare che molti problemi nel SSN non derivano dalla quantità di risorse a disposizione. Da qui l’appello a tutti i protagonisti del pianeta Sanità di intraprendere una nuova stagione di collaborazione, mettendo da parte interessi di categoria e futili competizioni, per ridurre gli sprechi e indirizzare il denaro pubblico verso servizi e prestazioni sanitarie efficaci, appropriati e di elevata qualità.
Si tratta di un messaggio che viene dall’interno della sanità pubblica che dovrebbe far riflettere sui pesi che i bilanci pubblici si portano dietro dai decenni passati. Non si tratta certamente di un approccio contabile, ma di una disamina nel merito di tutti i versanti nei quali si esprime il servizio sanitario nazionale.
Non è però un messaggio isolato perché si affianca ad altri approcci di cui si occupa la stampa specializzata e che dovrebbero essere presi molto sul serio da chiunque voglia condurre una revisione della spesa seria e non finalizzata a tagliare i servizi.
“Fare di più non significa fare meglio” è il nome di un’iniziativa lanciata da Slow Medicine che si pone l’obiettivo di migliorare i servizi attraverso la riduzione di esami diagnostici e trattamenti spesso inefficaci e dannosi. Chiunque, infatti, può rintracciare nella propria esperienza di vita almeno un episodio che rientra in questa definizione sia per gli esami diagnostici sia per l’eccesso di prescrizione di medicinali.
Il quotidiano sanità (http://www.quotidianosanita.it/scienza-e-farmaci/articolo.php?articolo_id=20447) ricorda che “da tempo è stato evidenziato che molti esami e molti trattamenti farmacologici e chirurgici largamente diffusi nella pratica medica non apportano benefici per i pazienti, anzi rischiano di essere dannosi”. È un problema piuttosto diffuso nel mondo e lo è anche in Italia che pure detiene ottimi risultati nel rapporto tra risultati clinici e spesa pro capite per la salute. Gli esempi citati nell’articolo sono il diffuso ricorso alla TAC e RMN per numero di abitanti, l’elevata percentuale di parti con cesareo, sovrautilizzo di antibiotici).
Il progetto “Fare di più non significa fare meglio” è uno degli esempi di un approccio costruttivo ai risparmi in sanità con cui si vuole superare la falsa alternativa “taglio della spesa/taglio dei servizi – aumento della spesa/aumento dei servizi” dietro la quale si sono trincerati interessi corporativi e lobbistici che hanno portato ad un peggioramento della qualità dell’assistenza.
Gli scandali più recenti (le fatture gonfiate dell’ Ospedale Israelitico di Roma ad esempio con il doppio ruolo dell’ex presidente dell’INPS Mastrapasqua ed ex presidente dell’Ospedale Israelitico) hanno evidenziato che nessuna spending review può avere senso se non si toccano gli interessi che girano intorno all’erogazione dei fondi pubblici alla sanità.
Se organizzazioni come la Fondazione GIMBE non certo incline alla demagogia indicano uno spreco nell’ordine dei 20 miliardi annui e se qualcuno finalmente dice a gran voce che dello spreco fanno parte anche le prestazioni in eccesso che vengono erogate ciò significa che la criticità della situazione porta in primo piano anche le competenze che nella sanità esistono e che non accettano il degrado del SSN.
Se anche i cittadini danno una mano con comportamenti responsabili (per esempio evitando la pratica abbastanza diffusa di evadere i ticket con false autocertificazioni) e rivendicando il proprio diritto al monitoraggio dei servizi allora più che di revisione della spesa si potrà parlare di rilancio della sanità pubblica
Claudio Lombardi
Segnalo le prime pratiche a rischio di inappropriatezza individuate dalle società scientifiche italiane nell’ambito del progetto Fare di più non significa fare meglio. Sono le pratiche di cui medici e pazienti dovrebbero parlare e su cui interrogarsi
http://www.slowmedicine.it/fare-di-piu-non-significa-fare-meglio/pratiche-a-rischio-di-inappropriatezza-in-italia.html