Papa Francesco, un argentino alla guida della chiesa (di Salvatore Sinagra)
Fino ad una settimana fa non sapevo neanche che esistesse un cardinal Bergoglio. La sorpresa per la sua elezione a Papa mi spinge ad alcune considerazioni su due aspetti importanti della figura del neoeletto pontefice: la sobrietà e la terra di nascita.
Il nuovo papa è una figura di grande umiltà, nato in una famiglia di migranti che non ha mai sofferto la fame, ma di certo non aveva il superfluo. Quando fu eletto arcivescovo preferì un ordinario appartamento al palazzo vescovile; per anni è rimasto tra i poveri di Buenos Aires nonostante gli fosse stato offerto un ruolo istituzionale nella curia romana; non ha mai voluto un autista e spesso è stato fotografato sui mezzi pubblici della sua Buenos Aires.
Nelle sue scelte c’è la ricerca di una certa simbologia della sobrietà: i giornalisti hanno subito notato che non porta al collo una croce d’oro e il nome Francesco è chiaramente un messaggio, semplice e scontato nei contenuti, ma che, tuttavia, i suoi predecessori avevano sempre rifuggito. Dopo almeno cinque anni di profonda crisi economica il Conclave ha probabilmente ritenuto opportuno lanciare un segnale di sobrietà, e in un certo senso Papa Francesco potrebbe essere il pastore del popolo afflitto dalle incertezze dei nostri tempi.
Altro dato non eludibile è la provenienza geografica, per la prima volta dopo 1.300 anni non è stato scelto un europeo. Personalmente sono abbastanza restio alla lottizzazione geografica della cariche, credo che le nomine debbano essere effettuate solo sulla base del merito e che nulla conti il colore della pelle, il sesso, la classe sociale o la città di provenienza. In tempi come quelli che stiamo attraversando bisogna puntare su chi si ritiene sia più adatto a ricoprire un ruolo di per sè gravoso, ma che lo diviene ancor di più in un contesto particolarmente ostile. Tuttavia la scelta di un sudamericano è piena di significato.
Le chiese dell’America Latina, dell’Africa e dell’Asia, figlie di terre afflitte da ansie e da problemi più gravi di quelli del mondo occidentale, hanno negli ultimi decenni dimostrato di essere più vitali di quelle del vecchio mondo. In particolare era legittima l’aspettativa di eleggere un pontefice per un continente ove vivono oggi il 40% dei cattolici, era legittima l’aspettativa di quelle genti di esprimere un papa in due millenni di storia della chiesa. Il conclave ha riconosciuto con la sua scelta che il mondo tutto ed in particolare il mondo cattolico non è più euro-centrico, è ormai definitivamente policentrico.
Papa Francesco oltre ad essere il pontefice è l’uomo Jorge Mario Bergoglio che ha vissuto diverse dittature sudamericane ed è stato a capo della chiesa argentina nei travagliati anni che hanno preceduto il default argentino e nei controversi anni che gli sono seguiti. Alcuni lo accusano di esser stato un delatore durante la dittatura da cui la chiesa argentina certo non è uscita pulita, ma si tratta di ipotesi, sensazioni e congetture; l’unica certezza è che l’allora cardinal Bergoglio si assunse pienamente le responsabilità della chiesa al punto di fare indossare abiti di penitenza ai suoi preti nei giorni del giubileo del 2000. Bergoglio è infine figlio di una comunità di migranti, tanto grande da non poter neanche essere definita minoranza.
Come tanti non posso che augurare al nuovo Papa di riuscire a svolgere il suo arduo compito con diligenza e statura morale e spero che il messaggio delle sua elezione sia compreso dal mio e dagli altri popoli. Spero che l’uomo che ha vissuto le dittature e il disastro economico argentino sappia far apprezzare il valore della libertà e la ineluttabilità della lotta alla povertà, spero che sappia far comprendere non solo agli alti prelati ma anche ai potenti della terra quanto oggi sobrietà ed umiltà siano importanti per chi ricopre un ruolo di responsabilità e visibilità; spero che il papa del nuovo mondo faccia capire ai meno giovani che il mondo in cui vivono è diverso da quello in cui sono nati e ai più giovani che il loro mondo è diverso da quello che hanno costruito i loro genitori e i loro nonni, spero che un figlio di una nostra comunità di migranti riesca a farci capire quanto siano ormai obsoleti i nostri concetti di nazione e di cittadinanza.
Salvatore Sinagra
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