Parliamo di maternità surrogata

Parliamo di maternità surrogata: i casi in Italia sono circa 250 all’anno e per il 90% è pratica che viene adottata da coppie eterosessuali. Cade quindi l’idea che siano in maggioranza le coppie omosessuali (maschili) a ricorrere a questa pratica.

La via per disincentivare questa pratica la si può trovare, ma la maggioranza di governo pensa che la soluzione sia far diventare reato universale il ricorso alla maternità surrogata, già vietato in Italia dall’art. 12, co. 6, l. n. 40 del 2004 che prevede che “Chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la con una multa da 600.000 a un milione di euro», introducendo la locuzione «anche se il fatto è commesso all’estero».

Non basta però fare la norma perché questa sia realmente attuabile.

Nel nostro sistema vige il principio di territorialità, per cui il diritto penale italiano è applicabile solo entro i confini dello Stato, salvo una serie di deroghe e per alcuni delitti. Questo principio può essere derogato in presenza di reati riconosciuti dall’intera comunità internazionale (ad esempio, genocidio, pirateria, terrorismo), come previsto dall’art. 7, co. 1 n. 5 c.p. che dispone sia «punito secondo la legge italiana il cittadino o lo straniero che commette in territorio estero» un reato per il quale «disposizioni di legge o convenzioni internazionali stabiliscono l’applicabilità della legge penale italiana».

Inoltre sulla base dell’art. 9 c.p. è possibile che la giurisdizione penale si estenda anche a reati commessi fuori dai confini italiani; si tratta comunque di reati gravemente lesivi di diritti e interessi, in base a una norma che applichi una elevata pena detentiva oppure in base a una valutazione del ministro della Giustizia.

Foto di Pete Linforth da Pixabay

Quanto sopra ci dice che ricomprendere tra tali reati la surrogazione di maternità giuridicamente non regge.

La perseguibilità come reato universale della gestazione per conto altrui, compiuta all’estero, deriva dall’espresso richiamo (nella relazione alla proposta di legge) dell’art. 7 citato; la deroga al principio di territorialità prevista da questa norma, come spiegato, si basa sul riconoscimento a livello universale del disvalore della condotta realizzata.

Non è però questo il caso della maternità surrogata che è legale in diversi paesi in Europa e nel mondo. Questo permette a cittadini italiani di ricorrere a questa pratica, nel rispetto della legge locale, nonostante in Italia essa costituisca reato.

La circostanza che la maternità surrogata sia lecita in molti ordinamenti rende evidente che non si può trattare di un reato “universale”; poiché la maternità surrogata non è una condotta considerata universalmente lesiva di diritti e interessi, non può rientrare nella previsione dell’art. 7 citato.

Né può rientrare nella categoria di reati di cui all’art. 9 c.p., per i quali è prevista la perseguibilità anche all’estero: la pena detentiva massima è di due anni per cui servirebbe sempre l’intervento del Ministro di Giustizia; manca il c.d. principio di reciprocità, cioè che il reato consumato all’estero, sia considerato illecito penale oltre che dal diritto italiano anche nel luogo in cui questo è commesso.  Quindi, per incriminare chi ricorre alla surrogazione di maternità oltre i confini nazionali, occorre che questa pratica sia considerata reato anche nello Stato ove è compiuta.

La norma della recente proposta di legge è quindi irragionevole e a rischio di incostituzionalità.

La pretesa di incriminare chiunque concorra a una surrogazione di maternità in qualunque paese, anche in quelli nei quali essa è legale, estendendo la giurisdizione italiana si rivela essere una interferenza inammissibile negli ordinamenti che fanno scelte “valoriali” diverse.

Sempre in tema, la Corte costituzionale con la sentenza n. 33/2021 ha sollecitato il legislatore a prevedere una disciplina che dia ai nati con la surrogazione di maternità maggiori garanzie di quelle offerte dall’adozione in casi particolari, richiamando la necessità di salvaguardare la proporzionalità tra la compressione degli interessi del minore rispetto allo scopo di disincentivare il ricorso alla surrogazione di maternità. La nuova legge incrimina per dissuadere dalla pratica di surrogazione, senza però rafforzare la tutela dei bambini venuti al mondo con tale pratica, con buona pace dei loro diritti.

Come tutte le leggi ideologiche, anche questa nuova norma, se approvata, sarà presumibilmente smontata pezzo per pezzo dalla Corte Costituzionale come è avvenuto con le norme sulla procreazione medicalmente assistita.

Io non sono favorevole alla surrogazione di maternità là dove questa pratica sia la conseguenza di uno sfruttamento di donne bisognose, come non sono favorevole alla procreazione eterologa, ma questo dipende dalla mia scelta di madre adottiva, per cui un figlio per essere tale non deve necessariamente avere una parte del DNA del genitore: i figli sono quelli che si crescono, si amano e si accompagnano alla vita.

Per disincentivare la surrogazione di maternità, un primo passo sarebbe quello di mettere mano alla normativa in materia di adozioni, per renderla attuale; dare la possibilità non solo alle coppie sposate ma anche alle coppie di fatto,  ai singoli e alle coppie omogenitoriali di adottare; sarebbe già un passo avanti. La società si evolve ma il legislatore italiano non si preoccupa di adeguare le norme ai fenomeni sociali, perché in Italia prevale il pregiudizio ideologico o religioso,  che come tale non tutela i diritti ma li comprime.

Donatella Roversi (tratto da facebook)

(Foto principale di Marjon Besteman da Pixabay)

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