I partiti europei che tutti cercano
Negli ultimi giorni si sono manifestate almeno due dinamiche a prima vista connesse al rinnovo della presidenza del Parlamento Europeo, ma che ci parlano di realtà politiche europee che si manifestano con logiche da veri e propri partiti europei con palesi ripercussioni sulla vita politica italiana.
La prima dinamica è trapelata da qualche fonte d’informazione e non ha particolarmente colpito l’opinione pubblica: pare che influenti esponenti del Partito Popolare Europeo abbiano chiesto a Berlusconi di rompere l’alleanza con Salvini. La lega postbossiana è una formazione dell’estrema destra lepenista e se Berlusconi non rinuncerà all’alleanza con l’estrema destra in Italia la sua compagine politica sarà espulsa dai popolari a Bruxelles. Sembra inoltre che gli europarlamentari forzisti siano particolarmente interessati a scongiurare l’espulsione dal PPE e che la candidatura alla presidenza del Parlamento Europeo di Antonio Tajani sia funzionale a tenere Forza Italia nel campo dei popolari e lontana dalla Lega.
In sostanza sembra quasi che oggi Berlusconi, per tanti anni padrone incontrastato del centrodestra italiano, sia messo nelle condizioni di dover scegliere tra un’alleanza con la destra senza la quale è preclusa ogni possibile vittoria alle elezioni e l’adesione ai popolari europei. Sarà per questo che adesso spinge per una legge elettorale proporzionale?
La dinamica più plateale riguarda, però, la tentata adesione del Movimento 5 Stelle all’ALDE, il gruppo parlamentare dei liberali al Parlamento Europeo. Voluta da Grillo e Casaleggio e negoziata con Guy Verhofstadt, nonostante i liberali siano la forza più europeista del Parlamento Europeo ed i grillini per la prima metà di questa legislatura abbiano fatto parte dello stesso gruppo dell’UKIP di Nigel Farage che ha il fine di distruggere l’UE. Per di più Guy Verhofstadt è un dichiarato federalista, cosa eccezionale nel panorama politico europeo dove chiunque ha un incarico politico si guarda bene dal pronunciare la parola federale mentre i 5stelle hanno dichiarato di voler tenere un referendum sull’euro.
Anche in questo caso c’entra la presidenza del Parlamento Europeo alla quale aspira anche Verhofstadt. Ora che l’accordo è naufragato per il rifiuto dei liberali si impone una riflessione che va al di là degli eventi contingenti. Si è detto che tutta la questione sta nei vantaggi che l’adesione a un gruppo parlamentare comporta. Sicuramente c’entra molto anche questo aspetto; tuttavia, i condizionamenti che comporta l’adesione ad uno schieramento politico europeo trovano la loro spiegazione in un altro senso.
Evidentemente se per rimanere dentro un partito europeo si smonta una coalizione nazionale (il caso di Berlusconi), si rischia di capovolgere la propria identità come voleva fare Grillo o si rischia di intaccare un consolidato profilo politico e un prestigio come ha fatto Verhofstadt una dimensione politica europea conta e nemmeno poco.
La stranezza è che i partiti politici europei contano molto anche se somigliano più a confederazioni o alleanze di forze politiche nazionali. Comunque l’esistenza del Partito popolare europeo e del Partito socialista europeo suggerisce una linea di tendenza piuttosto chiara.
La novità è che oggi la necessità di una dimensione politica transnazionale è ammessa implicitamente dagli stessi grillini che si sono sempre presentati come un non partito e anche dai leader “sovranisti” come Matteo Salvini e Giorgia Meloni che, mentre fanno zapping tra un ritorno sovranista alla nazione e la richiesta di smantellare “questa Europa”, intensificano i contatti con i loro omologhi degli altri paesi europei. Insomma tutti sono a caccia di una forma di collegamento politico che vada oltre l’ambito nazionale.
Una spiegazione plausibile è che ormai vi è un’ampia consapevolezza che l’euro non può funzionare bene solo con un set di regole, ma necessita di un’unione più politica che qualcuno presenta esplicitamente come una federazione tra i paesi che condividono l’euro.
Ora è palese che, se domani i governi, o i popoli degli Stati europei decidessero di convergere verso una federazione i partiti europei sarebbero costretti ad una rapida maturazione. Non è però detto che non possa verificarsi il contrario, ovvero che sia proprio la spinta derivante dall’affermazione di partiti politici europei a portare verso un cambiamento dei trattati e un diverso assetto istituzionale dell’Unione Europea e dell’area euro. Anzi per l’area euro non serve un migliore assetto istituzionale, ma occorre crearlo da zero perché i paesi della moneta comune non hanno istituzioni politiche.
Infine anche volendo prescindere dall’Unione Europea le questioni a cui dare risposta (disuguaglianze, regole della competizione tra le diverse economie, tutela dell’ambiente, conflitti, migrazioni) non possono essere affrontate a livello nazionale. Da qui la ricerca da parte di tutti di alleanze sovranazionali di forze politiche che potrebbero anche diventare veri partiti
Salvatore Sinagra
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