Prima le donne e i bambini: la sfida di essere sé stessi (di Lilly Ippoliti)
Quest’espressione cavalleresca che, letta superficialmente, ha indicato per secoli un comportamento rispettoso e gentile, ha coperto, invece, i peggiori soprusi.
Gli uomini che lasciavano il passo alle signore e davanti a loro si toglievano il cappello trovavano del tutto naturale, poi, che le donne non avessero diritto al voto, non potessero iscriversi all’ università, fossero sottopagate e contassero qualcosa solo come “mogli di…”.
Per lo stupro si puniva solo la vittima, l’aborto era sempre un peccato e una responsabilità solo della donna come se un figlio non lo si facesse in due!
La condizione dei bambini non è stata mai molto più facile.
Donne e bambini: soggetti deboli, ipocritamente oggetti di galante attenzione!
I secoli sono passati e siamo convinti che le cose siano cambiate in meglio.
Eppure, a guardar bene, non è così.
E’ vero che, oggi, donne e bambini vengono “prima”.
E’ a loro, infatti, che si ricorre sempre di più per pubblicizzare prodotti di consumo; per proporre un’insana corsa al “bello”, alla perfezione chirurgica.
Le donne sono ancora pagate meno dei colleghi maschi; in politica hanno spazi di secondo piano e i minori, purtroppo, a volte, sono usati dagli stessi genitori per fare soldi con i book fotografici e la pornografia.
Guardando le cose del mondo spesso sono merce per il traffico di esseri umani, per il turismo sessuale, per esibizioni che gratificano solo i loro “impresari”.
Michela Marzano, famosa filosofa, ha scritto un bellissimo libro-dossier,
“Sii bella e stai zitta”, che denuncia con forza e chiarezza una situazione tragica sia per le donne che per i bambini.
Quindi, siamo all’Inferno? Sì. L’Inferno esiste davvero ed è opera degli esseri umani.
Ma se ne può anche uscire e costruire, in alternativa, un piccolo Paradiso dove la dignità e il valore della persona diventano realtà possibili.
Come? Cercando di individuare i “modelli positivi” che, come angeli silenziosi e discreti, si muovono comunque in mezzo a noi.
Uno di questi ha abitato il nostro recente passato e l’abbiamo guardato solo superficialmente perché siamo abituati a fermarci all’aspetto esteriore e non riusciamo ad andare in profondità.
Mi piace citarlo come un esempio perché, oggi come ieri, siamo circondati da modelli positivi che, se li considerassimo in pienezza, ci aiuterebbero a vivere meglio.
Vorrei, infatti, ricordare un’artista.
Gli artisti (attori, scrittori, musicisti, danzatori ecc) sono il patrimonio nobile dell’umanità: una ricchezza inestimabile cui attingere.
JOSEPHINE BAKER era un’artista a tutto tondo ma con tre grandi svantaggi: era una donna, era nera ed era bella.
Partita da una condizione di vita misera e disperata, che avrebbe potuto giustificare scelte più terra-terra, aveva talento e cuore.
Di lei tutti hanno sempre sottolineato l’avvenenza senza preoccuparsi dell’intelligenza perché ad una bella donna si pensa che non sia necessaria.
Il famoso gonnellino di banane, che metteva in risalto un corpo mozzafiato, era il limite entro cui la si collocava.
Eppure lei aveva un sogno e riuscì a realizzarlo con tenace determinazione, calcando le scene, per sostenerlo economicamente, finchè ne ebbe la forza.
Adottò, infatti, dodici orfani di razza, lingua, sesso e religioni diverse perché era convinta che l’Amore, il dialogo e il rispetto ne avrebbero fatto una famiglia, dato che la diversità è una ricchezza da condividere.
Ed ebbe ragione la sua appassionata lungimiranza.
Fu una madre speciale, illuminata, capace di vivere l’intercultura un secolo prima che se ne cominciasse a parlare.
E non si fermò solo a questo.
Corteggiata strenuamente da Tito, dittatore dell’ex Jugoslavia, seppe tenerlo a bada senza farsi abbagliare dalle promesse che il suo potere usava per sedurla.
Accettò un unico dono: un’isola di quel frastagliatissimo arcipelago per fondarvi l’Università del Dialogo tra i Popoli, dove tutti avrebbero potuto studiare senza limiti di provenienza.
Una donna : bella, celebre, intelligente e con un cuore che sapeva guardare lontano. Per molti solo un’affascinante ballerina un po’ stramba “come tutti gli artisti”.
Tante altre donne, oggi, in ogni campo possono essere persone eccellenti.
Il modello “escort” è solo il risultato della paura di prendere in mano la propria autenticità.
Essere sé stessi, invece, è una sfida enorme in tempi come questi ma rende la vita degna di essere vissuta.
Lilly Ippoliti
E’ anche fastidioso leggere tutti quei commenti maschilisti che difendono la giusta norma di mettere in salvo prima le donne soltanto sulla base che la donna è madre, come se le vite femminili valessero di più di quelle maschili soltanto per il dono della maternità. Le donne valgono di più per altre mille ragioni! L’articolo dice bene che la cavalleria di noi maschi non deve essere una scusa per considerare la donna più debole o per relegarla al ruolo di moglie e madre. La cavalleria deve essere un gesto gratuito e cortese che deve accompagnarsi alla quotidiana lotta per migliorare la condizione femminile. Resto comunque favorevole alla norma di salvare prima le donne, perché la conquista di più diritti da parte delle donne non deve essere trasformata in una scusa per togliere doveri a noi uomini nei confronti delle donne.