Pubblica Amministrazione, Cittadino e Responsabilità Sociale d’Impresa: costruire una filiera civica (di Fabio Pascapè)
Viviamo in un mondo complesso come i problemi che lo affliggono.
Prendiamo ad esempio i rifiuti. La raccolta differenziata stenta a decollare in Campania con il 29,3% del totale dei rifiuti prodotti in regione (fonte: ISPRA, 2011), a fronte di una media nazionale pari al 33,6% secondo quanto emerge dal dossier rifiuti dell’Osservatorio prezzi & tariffe di Cittadinanzattiva. L’ultimo rapporto dell’Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici (presentato nell’aprile 2011) evidenzia come in Campania la produzione pro capite di rifiuti urbani è diminuita solo dello 0,2% rispetto all’anno prima. Tutto questo a fronte del fatto che in Campania (378,00 €) la spesa media annua per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani è più cara rispetto a qualunque altra regione italiana e questo nonostante nell’ultimo anno si sia registrato un decremento tariffario del -1,6% in controtendenza rispetto al dato nazionale che ha registrato un incremento del 2,1%.
Eppure viviamo sempre sul filo di una incipiente ennesima crisi dei rifiuti. Occorre prendere coscienza del fatto che la complessità del problema è tale da richiedere un approccio alla risoluzione diverso da quello solito. Occorre in altri termini che tutti gli stakeholder della filiera dei rifiuti prendano coscienza e responsabilità della entità del problema sedendosi insieme intorno ad un tavolo con spirito collaborativo rendendosi disponibili a rinunziare ad una parte delle rispettive rendite di posizione per potere avere una chance concreta di risolvere il problema. Il cittadino deve collaborare alla realizzazione della raccolta differenziata, i produttori devono orientare la produzione al contenimento della quantità degli imballi, la grande distribuzione deve incentivare i dispenser per la vendita al dettaglio dei detersivi e così via.
Lo stesso discorso vale per altri problemi che affliggono il nostro tempo come ad esempio quello della legalità. Un imprenditore che decide di opporsi al pizzo, ad esempio, inizia un cammino molto delicato durante il quale prezioso può essere l’apporto di tutti gli stakeholder di filiera. Il fornitore che gli fa credito, le forze di polizia che forniscono protezione, il cittadino che ne premia l’iniziativa orientando il proprio consumo, etc. Insomma quello che emerge è un quadro nel quale il ruolo delle “filiere civiche” può essere determinante. Ad ognuno il suo.
In tema di responsabilità sociale di impresa ad esempio il ruolo degli attori della filiera costituita da cittadini, imprenditori, pubblica amministrazione è determinante laddove tutti prendano coscienza, appunto, di essere filiera civica. Il cittadino può contribuire orientando il consumo alle imprese socialmente responsabili, utilizzandolo, quindi, come una sorta di incentivo, di leva premiale. Come spesso abbiamo avuto modo di rilevare questo presuppone che un numero sempre maggiore di meri “abitanti” divengano “cittadini” attivi e proattivi sviluppando un “know-how civico” che renda il comportamento di consumo un atto consapevole, maturo e critico. Gli imprenditori intesi nella loro accezione più ampia devono prendere sempre più coscienza del ruolo chiave che possono svolgere nella risoluzione dei complessi problemi che affliggono la nostra società muovendosi in direzione di una “integrazione volontaria delle preoccupazioni sociali ed ecologiche delle imprese nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate” come la Commissione europea ha evidenziato nel Libro verde del 2001.
La Pubblica Amministrazione ed in particolare gli enti locali possono, a dispetto di ciò che può apparire “prima facie”, svolgere un ruolo determinante adottando e promuovendo pratiche operative improntate alla cittadinanza di impresa. Il territorio è, peraltro, tutt’altro che inesplorato. Molti soggetti operanti nella P.A. hanno intrapreso questo cammino, molti di più di quanto non si possa immaginare. Il Comune di Roccastrada, ad esempio ha conseguito la certificazione SA 8000 e l’ISO 14001. Per quel che concerne in particolare l’ISO 14001 si contano ben 519 P.A. locali e nazionali che l’hanno conseguita. Al Global Compact hanno aderito enti come la Regione Toscana; il Comune di Canelli il Comune di Taranto, il Comune di Acerra; l’INAIL; l’ACI, l’ANAS; etc. Non mancano esempi avanzati di enti che hanno legiferato a riguardo come ad esempio la Regione Toscana con la legge 8 maggio 2006, n. 17 “Disposizioni in materia di responsabilità sociale delle imprese” o la Regione Liguria che con la Legge n. 30/2007 ha istituito il Registro dei datori di lavoro socialmente responsabili.
Vi sono poi esempi di interventi di sostegno pubblico come quello attuato dalla Regione Toscana che attraverso un bando pubblico copre parte dei costi sostenuti dalle imprese per l’ottenimento della certificazione SA8000 o quello della Regione Umbria che ha previsto la creazione di un albo regionale delle imprese certificate per le quali sono previsti vantaggi nell’assegnazione di concessioni autorizzative o per gli appalti di opere o servizi. A testimonianza del fermento citiamo in ultimo la proposta di legge del Deputato Miglioli, presentata a luglio del 2010 e finalizzata alla istituzione del marchio etico per il riconoscimento delle imprese socialmente responsabili.
Occorre considerare come anche un Comune di grosse dimensioni possa essere una leva decisiva per l’affermazione di prassi di responsabilità sociale d’impresa. Prendiamo ad esempio il Comune di Napoli che conta circa diecimila dipendenti, 150 dirigenti, ed un bilancio che considerando solo le spese correnti movimenta circa 1.500.000,00 euro l’anno (dato 2009) di cui circa 450.000,00 per il personale e 700.000,00 per acquisire prestazioni di servizi. I numeri (con la loro intrinseca qualità di facilitatori della partecipazione) non lasciano dubbi sul peso enorme che potrebbero esercitare la P.A. ed in particolare gli enti locali adottando e promuovendo comportamenti socialmente responsabili.
Sotto un profilo più squisitamente interno e, quindi, dell’adozione di comportamenti socialmente responsabili le politiche del personale potrebbero essere espressamente e decisamente orientate alla prevenzione del mobbing, delle pari opportunità, alla lotta alla discriminazione. Utilizzando i canali informativi interni si potrebbe fare opera di sensibilizzazione per suggerire ai dipendenti comportamenti improntati ad uno stile di consumo critico e responsabile. Nella gestione del patrimonio immobiliare di proprietà si potrebbe iniziare un percorso di efficientamento energetico.
Sotto un profilo più squisitamente esterno e, quindi, della promozione di comportamenti socialmente responsabili gli enti potrebbero ricorrere (laddove necessario ovviamente) ai fitti passivi privilegiando immobili in possesso di certificazione energetica. Nei rapporti con gli istituti bancari privilegiare quelli che si sono dotati di un codice etico. Definire capitolati di gara che premino le imprese eticamente e socialmente responsabili. Gli esempi potrebbero continuare all’infinito. Quello che conta fare emergere in questa sede, però, è l’importanza delle filiere civiche nella risoluzione dei problemi complessi della nostra epoca. Un cittadino che consumi in maniera responsabile e critica incentiva imprenditori che abbiano fatto questa scelta a consolidarla nel tempo. Una Pubblica Amministrazione al passo con i tempi e cosciente fino in fondo del peso che esercita adotta ed incentiva l’adozione di comportamenti socialmente responsabili. Tutti uniti dalla consapevolezza che la complessità dei problemi che ci troviamo ad affrontare è tale da imporre alla totalità degli stakeholder una presa di coscienza della necessità di farsi “filiera civica” rinunciando a parte della rispettiva rendita di posizione.
Fabio Pascapè Assemblea Territoriale NAPOLICENTRO Cittadinanzattiva
Note:
La norma SA (Social Accountability) 8000 è uno standard internazionale elaborato nel 1997 dall’ente americano SAI, e specifica nove requisiti sociali (lavoro infantile, lavoro obbligato, salute e sicurezza sul lavoro, libertà di associazione, diritto alla contrattazione collettiva, discriminazione, procedure disciplinari, orario di lavoro, criteri retributivi) orientati all’incremento della capacità competitiva di quelle organizzazioni che volontariamente forniscono garanzia di eticità della propria filiera produttiva e del proprio ciclo produttivo. Si basa sulle convenzioni dell´ILO (International Labour Organization), sulla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, sulla Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti del Bambino.
La ISO 14001 è una norma internazionale ad adesione volontaria, applicabile a qualsiasi tipologia di Organizzazione pubblica o privata, che specifica i requisiti di un sistema di gestione che rispetti determinati parametri in funzione degli impatti ambientali dei processi dell’azienda.
Il Global Compact è una iniziativa per la promozione della cultura della cittadinanza d’impresa lanciata, nel 1999, dall’allora Segretario Generale delle Nazioni Unite Kofi Annan. Alla quale possono aderire aziende ed organizzazioni che decidono di condividere, sostenere ed applicare un insieme di principi universali relativi a diritti umani, lavoro, ambiente e lotta alla corruzione, contribuendo così alla realizzazione di “un’economia globale più inclusiva e più sostenibile”.
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