Quanto pesa la corruzione sul debito pubblico
Un articolo pubblicato su www.lavoce.info tratta del cruciale problema del rapporto tra corruzione e crescita del Pil. L’autore – Alfredo Del Monte – osserva che il dibattito sui fattori che hanno determinato il debito pubblico italiano non si è adeguatamente soffermato sul ruolo della corruzione. Eppure, la corruzione influisce direttamente sulle principali variabili che determinano il livello del debito: fa crescere la spesa pubblica perché aumenta il costo di beni e servizi e deprime la crescita del Pil con l’effetto di ridurre il gettito fiscale.
La corruzione pesa sulle attività produttive quasi fosse un’imposta e premia i più capaci nel costruire reti di relazioni improntate allo scambio di favori a pagamento nelle amministrazioni pubbliche. Tra l’altro favorisce gli investimenti in grandi progetti da cui è più facile estrarre tangenti piuttosto che in piccoli progetti. Porta inoltre ad una maggiore complessità delle procedure di spesa e amministrative.
Tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio dei Novanta una serie di scandali culminati in Tangentopoli accrebbero di molto l’attenzione dell’opinione pubblica e la richiesta di affrontare il problema della corruzione. Richiesta disattesa dai governi fino al punto che nel periodo successivo all’entrata nell’euro, in particolare dopo la seconda metà del 2000, il Parlamento approvò una serie di leggi (riduzione della prescrizione per i reati di corruzione, depenalizzazione del falso in bilancio) che di fatto hanno ridotto la probabilità di condanna per corruzione e aiutato a mantenerne i proventi incentivando, di fatto, il reato. Secondo l’autore anche la legge Severino, approvata dal Governo Monti, ha fornito ulteriori incentivi ai comportamenti illegali (reato di induzione).
Nell’articolo si dimostra come vi sia una stretta correlazione fra debito pubblico/Pil e indicatori di corruzione. In particolare l’aumento dell’indebitamento primario negli anni Settanta trova una spiegazione in entrate insufficienti a far fronte all’aumento della spesa. Per tutto quel decennio, la pressione fiscale in Italia fu decisamente inferiore a quella di Germania, Francia, Inghilterra. Se non vi fossero state la corruzione e l’evasione fiscale, si sarebbero potute avere entrate più elevate e una minore crescita del debito pubblico. Negli anni Ottanta l’aumento dei tassi reali caricò la spesa per interessi e portò ad una vera esplosione del debito che sfociò nella crisi del ’91-’92 .
Il miglioramento della situazione di finanza pubblica che precedette e seguì l’ingresso nell’euro non toccò la corruzione e l’evasione fiscale che non si interruppero, ma ingigantirono influendo sull’avvitamento del debito pubblico seguito alla crisi iniziata nel 2008 giungendo ai livelli elevati che nessun rigore è riuscito a diminuire.
Una stima quantitativa degli effetti della corruzione sul debito pubblico è complessa perché il fenomeno influisce sia sulle entrate che sulle spese. Inoltre occorre tenere conto che il debito è una variabile che viene influenzata dalle situazioni passate. Ad esempio, un effetto anche molto lieve della corruzione sulla crescita del Pil in ciascun anno, a causa del meccanismo minori entrate-maggior debito-maggiori interessi, può avere riflessi molto rilevanti sull’ammontare complessivo del debito.
Le osservazioni dimostrano come l’effetto di riduzione del Pil dovuto alla corruzione assuma dimensioni ben maggiori in termini di rapporto debito/Pil. Ciò porta ad affermare che il problema del debito pubblico italiano non sta tanto nell’eccessiva spesa per consumi pubblici (il cui livello e la cui efficacia sono in ogni caso influenzati dalla corruzione), quanto nel fatto che l’elevata corruzione ha avuto effetti negativi sulla crescita del Pil.
La conclusione cui giunge l’articolo è che il non avere affrontato il problema della corruzione ha notevolmente peggiorato la situazione della finanza pubblica italiana, obbligandoci a seguire quelle politiche di austerità con le quali si è tentato di contrastare, non riuscendoci, la degenerazione della situazione. Che ci sia bisogno di una seria politica contro la corruzione è, dunque, anche un’esigenza di finanza pubblica anche se non in grado di ribaltare, nell’immediato, i valori effettivi del debito pubblico e del rapporto debito/Pil.
Non bisogna trascurare, infine, che uno degli effetti più importanti di una politica contro la corruzione riguarda le aspettative degli operatori italiani e stranieri. Purtroppo, su questo piano gli ultimi Governi hanno fatto poco e anche il Governo Renzi sembra privo di una visione organica.
Insomma alla battaglia contro la corruzione non si riserva mai un posto di prima fila nelle azioni dei governi e gli interventi necessari, per quanto studiati e definiti innumerevoli volte, sembrano sempre i più difficili da mettere in pratica. Sarà un caso?
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