Quattro chiacchiere con la troika (di Salvatore Sinagra)

Ormai quando si parla di Grecia si parla di Troika: dei suoi ispettori, dei tagli che ha imposto, dei suoi dubbi, ma cos’è la Troika? Cos’è questo ritrovato del governo del mondo che terrorizza ormai tutti i politici ed i cittadini dei paesi mediterranei? E’ un gruppo di tre istituzioni – Commissione Europea, Banca Centrale Europea e Fondo Monetario Internazionale – che dovrebbero aiutare la Grecia ad uscire dalla crisi; è un insieme di istituzioni e le istituzioni sono fatte di persone, quindi fare due chiacchiere con la Troika significa parlare con qualche uomo o (o con una delle poche donne) della Commissione Europea, della Banca Centrale Europea o del Fondo Monetario Internazionale e a me è capitato di scambiare qualche battuta ad un convegno con Lorenzo Bini Smaghi, che è stato membro del board della BCE fino al novembre 2011.

L’economista italiano ha spiegato diffusamente quali sono, a suo parere, le ragioni della crisi della Grecia e degli altri paesi mediterranei dell’Unione Europea, sostenendo che non ha senso parlare di speculazione e che i politici ed i cittadini degli Stati in difficoltà hanno grossissime responsabilità, ha fatto riferimento ad interventi che sono stati per lungo tempo rinviati ed alla “cattiva politica”, che fiancheggiata dal mondo dell’informazione, ha dato un’immagine distorta della realtà. Infine, incalzato dalle domande della platea ha riconosciuto che vi è stato un eccesso di deregulation con riguardo alla finanza e che, anche per questo, oggi c’è un eccesso di debito ed è tornato a ripetere che, se la finanza è senza regole, la colpa è dei governi.

I ragionamenti di Bini Smaghi mi possono stare bene, ma in parte: è vero che con riguardo alla, secondo me, tragica situazione della Grecia e alla non confortante situazione di altri paesi tra cui il nostro hanno responsabilità gravissime i politici nazionali, che hanno raccontato ai loro cittadini una nazione diversa da quella reale; è altrettanto vero che il calcolo elettorale di alcuni leader dei paesi forti dell’area euro, gli indugi delle istituzioni dell’Unione Europea e la totale inconsistenza della governance globale hanno concorso a questo disastro. Ma è lecito chiedersi dov’era la troika quando il governo greco taroccava i bilanci, quando politici di rango ministeriale spagnoli dicevano che era imminente il sorpasso all’Italia e quando politici di rango ministeriale italiani dicevano che l’Italia, pur non essendo mai entrata in crisi, ne sarebbe uscita più forte degli altri paesi?

Pur riconoscendo che molte cose sulla sponda nord del mediterraneo devono cambiare, avevo decine di domande per Bini Smaghi ma per questioni di tempo mi sono fermato solo ad un paio di quesiti: gli ho chiesto, dando per scontato che uno Stato non può fare ogni anno un deficit del 10% del Pil, se forse in Grecia sono stati scelti tagli sbagliati e se, visto che i tagli hanno avuto effetti negativi sul Pil in misura più che doppia rispetto  a quanto stimato dagli esperti del Fondo Monetario Internazionale, non fosse il caso che il suo capo economista Olivier Blanchard  si dimettesse.  Entrambe le risposte di Bini Smaghi mi hanno fatto riflettere non poco.

Con riguardo ai tagli fatti male l’economista italiano non ha esitato ad affermare che il problema della Grecia è che, con la crisi, il governo si è accanito solamente sulle fasce più deboli e su coloro che già partecipavano al finanziamento della spesa pubblica; nulla ha fatto, invece, per colpire i più abbienti e gli evasori. È emblematico che ad oggi in Grecia non esista un catasto funzionante e che il governo non riesca ancora a capire a quanto ammonti il patrimonio degli armatori greci.

Alla seconda domanda mi ha risposto dicendo che Blanchard è un bravo economista, che le previsioni si possono sbagliare e le sue si sono rivelate sbagliate perché si è affidato all’esperienza del passato per fare previsioni future; ha infine detto che a suo avviso non ci sono ragioni per chiedere le dimissioni di Blanchard.

I dettagli citati nella prima risposta confermano in modo amaro la  convinzione che io e Bini Smaghi condividiamo: i governi nazionali dei paesi in crisi hanno grossissime responsabilità, i paesi mediterranei sono finiti in una delle situazioni più gravi della loro storia anche per la mancanza di rigore, per l’iniquità e per l’impresentabilità dei loro politici, che oggi si connota per la pretesa di perseguire il rigore senza un  minimo di equità. Insomma  molte politiche sbagliate che ci hanno portato sull’orlo del baratro continuano ad essere imperanti. La seconda risposta, quella su cui io e Bini Smaghi ci dividiamo, mi ha lasciato veramente perplesso, non capisco come un’organizzazione come il Fondo Monetario Internazionale possa sbagliare in modo grossolano (almeno sotto il punto di vista strettamente numerico) le sue previsioni e nessuno pensi sia opportuno farsi da parte; mi chiedo con quale autorità le istituzioni internazionali possano continuare  a chiedere il rigore, che pure è necessario, quando si scopre che chi sbaglia in casa loro non viene punito.

E’ chiaro che prevedere gli effetti sul Pil di una manovra, soprattutto in un periodo così tribolato, non è semplice come far girare un cacciavite, contabilizzare un incasso  o come scrivere un articolo sulla crisi e che la buona fede si presume fino a prova contraria anche per gli esperti del fondo monetario internazionale. È altrettanto vero, però, che nella complessità della realtà e della crisi attuale, non possiamo accontentarci dell’assicurazione che si faccia SOLO tutto ciò che l’esperienza passata insegna. Oggi dobbiamo pretendere che la classe dirigente (tecnici inclusi) si sforzi di interpretare il presente e tracciare una rotta per il futuro.

Quindi, come succede per chi si sottopone al giudizio degli elettori e, se ha sbagliato, non viene rieletto così deve assumersi le sue responsabilità chi ricopre ruoli dirigenziali in un’istituzione cruciale come il Fondo Monetario Internazionale. E non bisogna fermarsi alle responsabilità personali perché la crisi è anche il momento per verificare gli strumenti della governance globale a partire dal Fondo Monetario Internazionale e da tutti gli organismi di controllo (comprese le agenzie di rating).

Salvatore Sinagra

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