Quattro passi nel delirio agostano nazionalista-socialista
Il mese di agosto è, per tradizione, quello in cui le forze politiche sparano più idiozie del solito, oltre che quello in cui i giornali devono saturare la foliazione di luoghi ancor più comuni del solito. Quest’anno la situazione è simile ma differente. Perché abbiamo un esecutivo che danza sull’orlo di un vulcano attivo, perché si è già innescata una copiosa fuga di capitali dall’Italia, perché le iniziative legislative sono qualcosa di demenziale, ad essere gentili, e perché le dichiarazioni alla stampa hanno frequenza direttamente proporzionale al tasso di stupidità delle medesime.
Prendete la rassegna stampa di oggi. In essa scoprite che la maggioranza starebbe raggiungendo una convergenza su un controllo pubblico integrale di Alitalia, senza partner industriale, cioè senza vettore estero nell’azionariato, e per questo compito sarebbero stati individuati Ferrovie dello Stato, Cassa Depositi e Prestitie la sua controllata Poste italiane. Almeno, questo è quanto scrive oggi Nicola Lillo su La Stampa.
Come ho già commentato giorni addietro, la partecipazione di CDP in un’azienda decotta non è un vero ostacolo: basta gemmare da CDP una finanziaria ad hoc, che come tale non è soggetta ai vincoli di investire in soggetto “viable“, cioè economicamente vitale, come dicono gli anglosassoni. Oppure si può creare una newco, che come tale non ha una storia di perdite cumulate ma solo un meraviglioso business plan da guardare con gli occhiali da sole.
Se davvero l’orientamento governativo è questo, prepariamoci ad un bagno di sangue, visto che obiettivo dei nostri nazionalisti socialisti è quello di mantenere gli attuali livelli di occupazione. Meravigliosa la frase pronunciata stamane a Radio24 da Luigi Di Maio: “Alitalia deve essere un’azienda che ci consenta di gestire i flussi turistici del futuro con una regia politica”. Chissà che gli è accaduto, da bambino.
Altro tema estivo che ha protagonista il piccolo nordcoreano Di Maio è il tormentone Ilva, in cui si chiede ad Arcelor Mittal di prendersi in carico tutti i livelli occupazionali correnti, e nel frattempo si invoca l’Avvocatura dello Stato per valutare l’annullamento in autotutela della gara che ha assegnato la società siderurgica. Quando si dice dare certezza ad un negoziato… Soprattutto considerando che Di Maio pare non voler tenere in carico al pubblico gli esuberi precedentemente identificati. Forse, in luogo di 3.500, è preferibile avere 14 mila persone in carico al pubblico, chissà.
Ancora una volta, l’Italia si pone come la grande benefattrice d’Europa: non solo il rischio dissesto sul Btp è in crescita, ed il rialzo dei rendimenti sui nostri titoli pubblici innesca un movimento di “flight to quality” che porta ad acquisti sugli altri titoli di stato europei, iniettando in tali paesi uno stimolo espansivo rigorosamente Made in Italy. Nel caso di Ilva, se l’impianto dovesse chiudere, avremmo tagliato una robusta quantità di eccesso di capacità produttiva europea e globale nell’acciaio, con conseguente sostegno ai prezzi ed agli utili dei produttori rimasti. L’Italia, per parte sua, dovrebbe importare acciaio e potrebbe quindi spianare il suo surplus commerciale, come nei desideri del prestigioso economista che guida pro tempore gli Affari europei nel nostro esecutivo. Perché, come sapete, c’è questa corrente di pensiero secondo cui un avanzo commerciale è tutta domanda interna distrutta, signora mia.
Ma forse le cose non andranno così: forse Arcelor Mittal si ritirerà, e verrà sostituita da un gruppo di investitori solo tricolori: che ne dite di Ferrovie, CDP, Poste?
Sempre dalla rassegna stampa di oggi, si legge anche che la maggioranza starebbe convergendo verso “quota 100” nelle pensioni finanziando la manovra con la famosa “pace fiscale” cara a Matteo Salvini. Almeno, questo è quanto si legge oggi sul Messaggero, a firma di Marco Conti. In pratica, si dovrebbe pagare a saldo e stralcio il 25% del dovuto, sia su cartelle esattoriali sino a centomila euro che su liti in corso. Che poi, è esattamente il contrario di quanto suggerito dal ministro dell’Economia, Giovanni Tria, che nei giorni scorsi ipotizzava semplicemente rateizzazioni del dovuto, non scontato. Il gettito stimato da questo saldo e stralcio, una dozzina di miliardi in due anni, servirebbe a finanziare la quota 100 nelle pensioni. Se vi chiedete come sia possibile finanziare con misure una tantum una maggiore spesa corrente permanente, sono con voi.
Ancora, la “lotta allo spread”: ieri, in una intervista ad Amedeo La Mattina su La Stampa, il sottosegretario leghista alle Infrastrutture, Armando Siri, è tornato ad ipotizzare il patriottico riacquisto del debito pubblico italiano in mano agli stranieri, precisando meglio il suo pensiero:
«Il problema del debito pubblico deve essere ridimensionato perché a 2.200 miliardi di debito pubblico corrispondono 5.000 miliardi di risparmio privato. Il problema è costituito dai titoli di Stato che sono nelle mani di soggetti stranieri. Noi dovremmo essere in grado di incentivare le famiglie ed i risparmiatori in titoli di stato, offrendo loro sgravi fiscali.
Io con un gruppo di esperti stiamo lavorando a una proposta dettagliata che verrà presentata ai presidenti delle commissioni bilancio e finanza della Camera e del Senato e al ministro dell’Economia: la creazione di uno strumento individuale di risparmio che va in questa direzione. Se la maggior parte del debito pubblico fosse nelle mani dei italiani non ci sarebbe più il problema dello spread»
Ecco, giusto: creiamo i Pir del debito pubblico italiano, abbiamo già l’acronimo: Siri, strumento individuale di risparmio italiano. Qualcuno però avverta il leghista che la manovra è infattibile, perché lo stesso beneficio fiscale andrebbe esteso anche a titoli Ocse. Di tutte le altre criticità, diciamo così, di questa meravigliosa idea del signor Siri, giornalista pubblicista senza laurea, ho già scritto qui.
Che dire di questo fil rouge nel delirio, quindi? Che la speranza è che si tratti di amplificazione giornalistica agostana di sussurri etilici orecchiati in malo modo. Perché, se così non fosse, credo che avremo nell’ordine il declassamento a spazzatura del debito pubblico italiano, tra il 31 agosto ed inizio settembre, un violento attacco speculativo al debito pubblico che nessun buyback “segreto” del Tesoro potrebbe contenere, ed il rapido avvitamento del paese nel caos.
Mario Seminerio tratto da www.phastidio.net
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