Quello che ci vuole è la buona politica (di Isabella Merlo)

Cambiamento e responsabilità. Queste sono le parole più utilizzate dopo il voto di febbraio da politici, giornalisti e elettori, sui social network come al bar. Ma che cos’è davvero il cambiamento? Cosa intendiamo quando pronunciamo la parola responsabilità? Ad un mese dal voto ho cercato di dare una risposta a queste domande, senza pregiudizi e opinioni precostituite nei confronti delle diverse posizioni in campo.cambiamento

Le elezioni ci hanno lasciato un quadro politico complesso e frammentato. Una situazione che ha preso in contropiede non solo gli attori politici in gioco, ma anche buona parte degli organi di informazione. Si è assistito per giorni e giorni alla “caccia al grillino”. Bersani – leader della coalizione che è arrivata, seppur di poco, prima – ha presentato i suoi otto punti per il “cambiamento”, e buona parte dei media lo hanno assecondato nello sforzo di “educare” il Movimento 5 Stelle alla “giusta” visione politica del Partito Democratico.

E quando il no del M5S – dichiarato già un minuto dopo il voto – durante le consultazioni del premier pre-incaricato si è concretizzato, da più parti si è gridato alla responsabilità. La responsabilità che dovrebbe avere il M5S nel fare nascere un governo, la responsabilità di essere in Parlamento e di dovere proporre politiche per il Paese, la responsabilità verso una situazione economica disastrosa, verso i cittadini che li hanno votati non solo per dire “no”.

Bene. Ma se guardassimo la situazione da un altro punto di vista? Perché circa il 25% di chi si è recato ai seggi ha deciso di votare una forza nuova e destabilizzante, senza pensare alle conseguenze sullo spread e al rischio Grecia? In questo senso, la diretta streaming del colloquio tra Bersani e il duo Lombardi-Crimi è stata utile quantomeno nel delinearci il quadro della situazione.

Alcune frasi pronunciate dai capigruppo alla Camera e al Senato del M5S, pur essendo palesemente propagandistiche, mi hanno colpito. Crimi ha affermato: “siamo quella generazione che ha vissuto questi 20 anni di promesse, ma mai nulla di realizzato”. E poi: “siamo gli ultimi a doverci sentire responsabili”. Mentre dalla bocca della determinata Lombardi è uscita una frase ad effetto: “Noi non incontriamo le parti sociali perché noi siamo le parti sociali”. Pensieri espressi con ancora più forza poco più tardi dal loro leader, che, non badando al bon ton, ha inveito dal suo blog contro le classi dirigenti degli ultimi 20 anni, colpevoli, a suo dire, di avere creato i “figli di NN”.

È ovvio che ci troviamo di fronte ad affermazioni spropositate, spesso offensive e volgari, di certo non vere. Ma non si può negare che siano verosimili. Inutile nascondercelo, Grillo ha sfondato soprattutto tra gli under 35, una generazione che non è mai stata ascoltata. Una fetta importante di società, il motore e il futuro del Paese, che non ha trovato altro modo che rovesciare il tavolo, schiacciata da 20 anni e forse più di irresponsabilità e conservazione dello status quo.

Anni di discussioni sul berlusconismo e antiberlusconismo che hanno fatto solamente crescere le distanze sociali e la rabbia nel Paese. Anni che non si possono e non si devono cancellare.

andare avantiL’Italia ha bisogno di buona politica, non di un buon Grillo. Ha bisogno di uno sguardo verso il futuro, di politiche attente a quelle nuove generazioni che – se fortunate – trovano solamente un’occupazione precaria, che non hanno diritti, che non si iscrivono ai sindacati e che non si sentono rappresentate. A che cosa servono i partiti se non a interpretare le istanze della società, a cercare di costruire una visione del futuro, a dare una speranza? Qui non si tratta di chi è più giusto di chi. Non è una gara. È in gioco la vita delle persone, il loro futuro e quello dei loro figli.

C’è bisogno di cambiamenti radicali della forma partito, troppo pesante e poco incisiva in un contesto come quello odierno che richiede decisioni e rapidità nel prenderle. C’è bisogno di un rovesciamento delle logiche che ci hanno governato in questi anni, ancorate ad ideologie che non esistono più (e lo spostamento di voti sia dal Pd che dal Pdl verso il M5S è lì a dimostrarlo). C’è bisogno di un centrosinistra e un centrodestra che si riconoscano reciprocamente, più leggeri, moderni e dialoganti, che sappiano affrontare le riforme istituzionali e costituzionali e le grandi sfide che si prospettano per il Paese. Decisioni che riguardano nuove politiche economiche, uno sviluppo più sostenibile, un’attenzione maggiore alle nuove tecnologie e alle nuove imprese, e, lasciatemelo dire, azioni concrete per il sistema culturale e turistico, in questi anni abbandonato a sè stesso.

Sono prove importanti e doverose, che richiedono forte cambiamento e senso di responsabilità. Cambiamento e responsabilità di cui necessariamente non si può più fare carico una classe dirigente che non ha saputo comprendere in questo lungo arco di tempo le esigenze dei cittadini che rappresenta. E poco importa se ora, dopo essersi presentata alle elezioni senza alcuna innovazione programmatica – molto spesso ostacolandola – questa classe politica pensa di proporre un “rinnovamento”, perché oltre a non essere reale – sia il Pd che il Pdl, da posizioni differenti, non fanno altro che proporre dinamiche interne ed esterne trite e ritrite – non è credibile.aprire le porte

La soluzione non può venire da Grillo e dal Movimento 5 Stelle  – che, almeno al momento, non è in grado di proporre un programma concreto per il Paese – ma può arrivare solamente dal superamento della Seconda Repubblica, dal cambiamento radicale dei due maggiori partiti di centrosinistra e centrodestra, se non addirittura dalla nascita di due nuovi poli. La soluzione deve inevitabilmente arrivare dalla politica, la buona politica. Una politica che sappia emozionare, che sappia coinvolgere i cittadini e li inviti a partecipare alla costruzione del proprio futuro, mettendo in campo pensieri e progetti. Perché il vero cambiamento è quello delle idee, non delle facce. Soltanto così riconquisterebbe i voti perduti e riuscirebbe a diventare ciò che tutti noi vorremmo: passione e speranza.

Isabella Merlo

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