Revocare gli eletti in democrazia? (di Rossella Aprea)

In inglese si chiama “recall”: la revoca degli eletti. L’atto che fa da contraltare alle elezioni politiche. E’ uno strumento mediante il quale gli elettori possono rimuovere un funzionario pubblico prima della scadenza del mandato, presumibilmente a causa della disapprovazione delle politiche da lui perseguite.

Si tratta di un istituto tipicamente americano (ma non esclusivamente), nato all’inizio del secolo scorso per contrastare l’eccessiva arrendevolezza degli eletti alle lobby organizzate e oggi presente praticamente in tutti gli stati degli USA.

Il recall si presenta come l’esaltazione del principio democratico di rappresentatività tra elettori ed eletti che non dovrebbe potersi esprimere solo nel momento dell’elezione, ma anche durante l’esercizio del mandato da parte degli elettori con l’esercizio da parte di questi ultimi di un potere di controllo e di sanzione di cui il recall costituisce la massima espressione.

Sconosciuto in Italia, il recall, oltre che negli Stati Uniti, dove opera soprattutto a livello locale, è utilizzato anche in altri paesi di cultura anglosassone come il Canada. Se ne registrano però diverse applicazioni in altre parti del mondo e in altre epoche (in Venezuela e in Bolivia per esempio).

La diffusione della revoca nei Paesi di lingua anglosassone è stata possibile in virtù dell’assenza, in Costituzione, del divieto di mandato imperativo, presente nella maggioranza delle Costituzioni europee e anche in quella italiana (art. 67).

Il senso della revoca

La democrazia secondo Bernard Manin, autore di Principi del governo rappresentativo (2011) ha vissuto tre stagioni di rappresentanza politica:

1- il parlamentarismo

2- la democrazia dei partiti

3- la democrazia del pubblico.

Il parlamentarismo ottocentesco di stampo aristocratico era espressione di una finta democrazia, in cui solo i notabili sedevano in parlamento con mandato libero, cioè senza dover rendere conto agli elettori del proprio operato.

La democrazia dei partiti, figlia del suffragio universale e della Grande guerra, ha visto la luce con i primi partiti di massa e la responsabilità degli eletti si spostava dagli elettori verso il partito e la sua ideologia.

La democrazia del pubblico è quella in cui viviamo oggi, i cui connotati risultano ancora imprecisi, anche se si differenzia rispetto alle forme precedenti. La personalizzazione del potere ne costituisce il fulcro e l’elemento fiduciario diventa essenziale, ridimensionando l’importanza dei partiti e dei loro programmi. I media hanno contribuito in maniera rilevante all’irruzione delle varie personalità politiche nella vita pubblica.

Il rapporto sempre più complicato tra elettori ed eletti e la carenza di fiducia nei confronti dei governanti nelle democrazie avanzate spiegano l‘attualità del recall  e la rinascita di interesse per la sua utilizzazione. Diventerebbe uno strumento nelle mani dei cittadini per richiamare i propri rappresentanti al rispetto del patto fiduciario stipulato al momento dell’elezione.

Il recall potrebbe contribuire probabilmente ad una democrazia più “democratica”, anche se con il rischio di renderla meno partecipativa. Infatti, c’è da tener conto del peso che hanno assunto oggi gli organi d’informazione che possono, nelle mani sbagliate, mettere in piedi campagne diffamatorie nei confronti di politici sgraditi, oppure esaltarne altri rivestendoli di un credito che non hanno o che non meritano.

È ciò che è accaduto negli USA, per esempio, ai danni di un governatore democratico della California e a favore di chi ne prese il posto, il repubblicano Arnold Schwarzenegger.

Da notare che in questo caso il recall è stato attivato dalla forza politica di opposizione, piuttosto che da gruppi organizzati della cittadinanza attiva e il successo è stato possibile grazie alla mobilitazione di ingenti risorse economiche.

Un recall in Italia?

Di questi rischi bisogna tenere conto ragionando sull’applicazione della revoca alla realtà italiana. Il primo problema di natura costituzionale è, però, il principio del libero mandato parlamentare (art. 67), che indubbiamente sembrerebbe escludere l’utilizzo del recall a tutti i livelli. Tuttavia, pur trattandosi di un meccanismo estraneo alla nostra storia costituzionale, potrebbe costituire un istituto di controllo tutt’altro che inutile a disposizione dei cittadini.

Ma a qualche condizione. Dovrebbe, innanzitutto, essere attivabile solo dai governati nei confronti dei governanti, un’arma a disposizione della società civile e non utilizzato (magari strumentalmente) da un gruppo politico contro gli organi elettivi.

Dovrebbe, in realtà, rappresentare un rimedio di ultima istanza, una sorta di extrema ratio da attivare nei casi di particolare gravità, in modo da evitare un uso distorto che possa inquinare ulteriormente il clima politico del nostro Paese.

Dovrebbe, infine, essere valutato non tanto per la sua efficacia formale quanto per il suo effetto di controllo sui governanti perché potrebbe svolgere una funzione sanzionatoria nei confronti dei governanti indegni, ma allo stesso tempo aprire nuovi e quanto mai opportuni canali di dialogo tra il ceto politico e l’opinione pubblica, di cui oggi nel nostro Paese si sente sempre più urgente bisogno. Inoltre, la possibilità di far valere la propria opinione non solo al momento dell’elezione potrebbe indurre i cittadini a comportamenti più partecipativi e più vigili, con il conseguente miglioramento del processo democratico.

Ovviamente sarebbe meglio se il recall fosse la parte finale di un’attività di controllo da parte dei cittadini resa stabile e che dovrebbe cominciare dalla partecipazione alle decisioni politiche.

Rossella Aprea (rielaborazione di un più ampio articolo da www.lib21.org)

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