Rifiuti: soluzioni non ideologie

Il tema dei rifiuti che ho già trattato in diversi articoli su questo sito è sempre di grande attualità. Sappiamo molto della situazione romana, ma diamo meno attenzione ai roghi di rifiuti che si susseguono ad un ritmo di alcune centinaia l’anno. Roghi liberi che disperdono nell’aria sostanze tossiche in quantità smisurata. Accade perché i rifiuti vengono accumulati (carta e plastica innanzitutto) e non si sa cosa farne. Così, per “magia” o per opera umana, prendono fuoco. Si liberano spazi e tutto ricomincia. Però quando si parla di rifiuti persino politici esperti come Zingaretti governatore del Lazio e segretario del Pd, non vogliono prendere atto della realtà e si premurano di escludere i termovalorizzatori.

Cerchiamo allora di ripercorrere passo passo le soluzioni alternative.

La raccolta differenziata è la risposta più immediata e più diffusa. Infatti sono proprio le percentuali di differenziata ad essere adottate come guida nel giudizio sull’efficacia di un sistema di gestione dei rifiuti. Ma nel concreto è veramente così? Vediamo innanzitutto i materiali che si possono differenziare, inclusi problemi e possibilità.

Metalli: a parte il ferro che si separa da tutti gli altri con un elettromagnete, non sempre è facile isolare il rame. L’alluminio sì purchè non sia legato ad altri elementi.

Vetro: il problema è la miscelazione dei vetri di tutti i colori, una volta mescolati il vetro che si ottiene è solo verde invece sarebbe meglio avere quello bianco.

Carta: ci sono fondamentalmente tre tipi di carta: bianca, cartoncino grigio e cartone. La carta bianca è quella più pregiata e dovrebbe essere raccolta separatamente dal resto. Il cartoncino è già prevalentemente carta riciclata mentre il cartone può essere utilizzato solo per fare altro cartone. Raccogliere tutto insieme rende difficile quando non impossibile la separazione ed è per questo motivo che molta carta finisce negli inceneritori.

Umido: di solito viene trasformato in compost, ma questa scelta è una di quelle meno utili e potenzialmente dannose. Infatti, dalla fermentazione in atmosfera dell’umido si ottengono essenzialmente tre gas – anidride carbonica, acido solfidrico e metano – più una serie di sostanze organiche volatili tipo aldeidi e chetoni. L’anidride carbonica e il metano sono gas serra; l’acido solfidrico è tossico e le altre sostanze organiche oltre ad essere maleodoranti sono inquinanti.

Infatti, in alcune città del nord Europa dalla frazione umida si ottiene gas metano che, dopo la raffinazione, viene immesso nella rete cittadina o viene utilizzato per il parco automobilistico del comune. Il residuo della fermentazione viene trasformato in compost o viene incenerito per la produzione di energia perché spesso il compost prodotto è di qualità scadente.

Plastica. Noi siamo abituati a vedere vari tipi di plastica quasi tutti da imballaggi. Questa, però, è solo una minima parte dei rifiuti in plastica. Il problema non è nemmeno la plastica monouso (“l’usa e getta”) che ci sembra tanto perché è quello che si vede di più nei campi, sui bordi delle strade e in mare.

Ci sono, infatti, migliaia di plastiche diverse (me ne sono occupato qui: https://www.civicolab.it/new/riciclare-la-plastica-illusione-e-realta/). A tutte spetta il nome di plastica, ma la maggior parte è fatta di materiali incompatibili tra loro.

Questo vuol dire che se le facciamo fondere insieme non si otterrà qualcosa di omogeneo e robusto, ma piuttosto un materiale eterogeneo e fragile che tende a sfaldarsi e che sarà difficile utilizzare. Detto brutalmente: non riciclabile. E dove finiscono le plastiche non riciclabili? Negli inceneritori. Noi pensiamo che, fatta la raccolta differenziata, il problema sia risolto e la plastica riciclata e, invece, finirà bruciata per produrre energia. Dunque bisognerebbe raccogliere solo le plastiche omogenee e riciclabili con contenitori diversi.

Per dare un’idea delle difficoltà alle quali si va incontro nella differenziazione dei materiali invito alla lettura di un mio precedente articolo su quello che è, forse, il miglior esempio di raccolta differenziata esistente al mondo: il villaggio Kamikatsu in Giappone dove da vent’anni si sono dati l’obiettivo dei rifiuti zero. Qui il testo https://www.civicolab.it/new/il-villaggio-kamikatsu-il-sogno-dei-rifiuti-zero/

In sintesi anche se quel villaggio si è posto l’obiettivo dei rifiuti zero da vent’anni tuttora il ciclo dei rifiuti produce una quantità di indifferenziata (intorno al 20%)che deve essere bruciata o inviata in discarica. Eppure si tratta di un villaggio di 1700 persone che riesce a suddividere i rifiuti in 45 tipi diversi. In una città di milioni di abitanti ovviamente sarebbe impossibile seguire questa strada.

Siamo giunti così al problema principale: l’indifferenziata.

Tra raccolta diretta e derivata dallo scarto dei materiali si può dire che si viaggi sempre intorno al 40-50% che corrispondono, se parliamo di Italia, a molte migliaia di tonnellate. Che ne facciamo?

Attenzione, i rifiuti da smaltire non sono solo quelli del secchio di casa. A molti non ci si pensa mai. Per esempio: l’arredamento. È composto da legno, laminati plastici, metalli. E poi colle e vernici e altri materiali di tanti tipi diversi (imbottiture, stoffe sia naturali che sintetiche ecc ecc). Dove pensate che finisca tutta questa roba? Nell’indifferenziata ovviamente. Si salva solo il legno non fuso con altri materiali.

Che bisogna fare allora? Intanto certamente porsi l’obiettivo di cambiare la composizione degli oggetti al momento della produzione in modo che già nascano per essere riciclati. Ma sapendo che sarà un percorso lungo e difficile e che dovrebbe coinvolgere le maggiori industrie mondiali.

Ci sono però oggetti che è difficile produrre per il riciclo. Le scarpe per esempio. Dovrebbero essere fatte in modo tale da poter staccare facilmente le suole di gomma e di plastica dal resto, separare le parti in tessuto da quelle di pelle e poi poter distinguere facilmente la pelle dalla plastica. Stesso discorso per il laminato col quale sono ricoperti tanti mobili. Dovrebbe essere facile separare la lamina plastica dal resto. Per entrambi gli esempi ovviamente i singoli elementi non dovrebbero separarsi da soli usandoli.

Restando agli esempi fatti vogliamo affrontare il problema alla radice e produrre solo con legno e cuoio come si faceva in un lontano passato? Va bene, proviamoci, ma siamo miliardi di persone sul pianeta, come si fa ad avere pelle e cuoio per tutti?

Sono solo esempi che mostrano l’estrema complessità della quale tenere conto quando si parla di economia circolare, rifiuti zero e riciclo al 100%.

Infine, siamo consapevoli che, comunque, ci sarebbe sempre da smaltire tutto quello che ci circonda e che è stato prodotto in maniera tradizionale nel corso del tempo? Insomma, come la si mette la si mette, non si sfugge al problema di gestire l’indifferenziata. Per questo infonde ottimismo sapere che i più recenti termovalorizzatori hanno livelli di inquinamento bassissimi, ma producono energia elettrica e riscaldamento sostituendo i combustibili di altro tipo.

Ci sono anche procedimenti ancora più avanzati come la polverizzazione. Oppure

la gassificazione, che è già una realtà. Ne ho parlato in un altro articolo che potete leggere qui (https://www.civicolab.it/new/rifiuti-ce-anche-la-gassificazione/).

Il problema dei rifiuti non può essere affrontato con le ideologie. È un problema concreto e le soluzioni vanno cercate in un mix di comportamenti responsabili sia nella produzione che nel consumo e nel ricorso alle più avanzate tecniche di trattamento oggi esistenti

Pietro Zonca

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