Risultati elettorali: rischi e opportunità
Senza nulla togliere alla Calabria che resta, per tanti motivi, una regione cruciale del sud Italia drammaticamente legata al sottosviluppo, alla pervasività della criminalità, al degrado sociale, economico e degli apparati pubblici, la partita politica di rilievo nazionale si è giocata in Emilia Romagna. Non si può ignorare che l’estremismo di Salvini abbia egemonizzato una destra in crisi di ragionevolezza e privata della sua componente moderata. I toni, gli argomenti, i gesti che hanno accompagnato la gestione della campagna elettorale accentrata in modo totalitario nella figura del capo politico della Lega valgono più di cento analisi.
Volevano far saltare il governo nazionale vincendo nella regione cardine del centro sinistra e, per farlo, hanno tentato di dirottare l’attenzione degli elettori dai temi della regione a quelli di una propaganda urlata e di basso livello. Salvini ha fatto una scommessa: di ripetere il “miracolo” dei mesi di governo che gli ha fatto guadagnare decine di punti elettorali con un martellamento propagandistico tanto povero di contenuti quanto riempito di agitazione scomposta. Secondo un collaudato modello ha puntato sulla rabbia, sul malcontento, sull’intolleranza degli elettori offrendo loro più che uno sbocco, uno sfogo politico vago e avventurista. Anche la scelta una candidata di assoluta fede leghista ridotta ad ombra del capo e che ne ha ripetuto a pappagallo gli atteggiamenti rispondeva a questo criterio.
Il risultato ottenuto – 43,7% dei voti alla Borgonzoni e quasi il 32% alla Lega – è clamoroso. Una regione di punta dello sviluppo italiano che è riuscita a coniugare un tessuto imprenditoriale di piccole e medie dimensioni con un livello avanzato di ricerca e sviluppo, un’amministrazione pubblica efficiente, un rapporto positivo con la società civile si è fatta abbindolare in misura preoccupante da un discorso elettorale da perdenti arrabbiati e marginali che tentano di difendersi dall’apertura al mondo. Una regione guida dell’export italiano, non un territorio degradato e sottosviluppato! Qui c’è il capolavoro di Salvini e il rischio serio per l’Italia.
Salvini e la Lega sono sempre quelli che avevano come programma elettorale l’uscita dall’euro non dieci o venti anni fa, ma due anni fa. Salvini è sempre quello che soltanto l’estate scorsa stando al governo come forza trainante di un’alleanza con un M5s ambiguo e stordito, aveva minacciato di far saltare tutte le regole di bilancio e quindi i patti con l’Europa chiedendo per sé AL POPOLO PIENI POTERI! Se fosse passata la sua linea, se si fosse andati ad elezioni generali, se avesse stravinto la Lega, avrebbe seguito quella strada portando l’Italia al crollo. E le regioni più sviluppate ed integrate nei meccanismi economici europei avrebbero pagato il prezzo più pesante. Ci si sarebbe trovati di fronte al fatto compiuto e l’uscita dall’euro sarebbe apparsa inevitabile. Disoccupazione, immiserimento, crisi nera. Questo stava preparando per l’Italia.
Lo hanno capito gli elettori che questa era ed è la vera strategia di Salvini e dei folli avventuristi che stano dietro di lui? O vogliamo credere ai cambi di linea enunciati in un paio di interviste e puntualmente smentiti dai fatti? Oppure ai convegni sull’antisemitismo fatti per dare addosso ai migranti di fede islamica sorvolando sui crimini nazifascisti e sui loro eredi di oggi? C’è una parte degli italiani che non ha memoria né ragiona e che è capace di segare il ramo sul quale sta seduto pur di dare sfogo al proprio malcontento. Ecco perché quelle percentuali di voto sono il dato più rilevante di queste elezioni e indicano che la strada da fare è ancora lunga.
La Lega alla guida di Lombardia e Veneto dovrebbe riflettere su questa deriva nazionalista e autoritaria se ne è capace.
Ciò detto la vittoria di Bonaccini dice che la maggioranza dei cittadini – per fortuna – sa ancora valutare i meriti e capire chi sa lavorare bene. E dice che le forze politiche di centro sinistra, per quanto tormentate e sbiadite, sono ancora un punto di riferimento per gli italiani. Dice anche, però, che senza la scossa data dalle sardine forse non ci sarebbe stato un risultato così netto. Qui c’è molto da fare per il Pd, per Italia Viva, per Azione e per le sinistre e tutti i liberaldemocratici. Le battaglie politiche non si fanno solo nei talk show, con le interviste o nelle sedi istituzionali. Ai propri elettori vanno dati messaggi chiari e ne va sollecitata la partecipazione. O quelle forze politiche lo capiscono o ne pagheranno il prezzo. Non pensino che saranno sempre pronte delle sardine a colmare la loro passività.
Altro dato rilevante è la quasi scomparsa dei 5 stelle. Dovevano mandare tutti a casa, dovevano svuotare il Palazzo e lì si sono asserragliati. Ormai i gruppi parlamentari sono l’unica sede di partecipazione reale nel Movimento. La democrazia diretta, la piattaforma Rousseau si sono rivelate quello che da subito si era capito che fossero: una copertura per una gestione verticistica e, quindi, una presa in giro dell’elettorato.
Ulteriore dato su cui riflettere è il risultato in Calabria che indica il fallimento di Salvini di diventare un punto di riferimento anche al sud. L’affermazione di Forza Italia, d’altra parte, si realizza con atteggiamenti e messaggi improntati al moderatismo.
Come ne esce il quadro politico da tutto ciò?
Meno peggio di come si pensava, ma pesantemente condizionato dal crollo dei 5 stelle che detengono ancora la maggioranza relativa dei seggi e che potrebbero cedere alla tentazione di fare colpi di testa per provare a tornare alle origini. Antipolitica e rabbia sociale per coprire lo spaventoso vuoto di idee e di capacità che hanno rivelato in questi anni all’interno delle istituzioni.
E molto più pesantemente condizionato da una destra nelle mani di estremisti inaffidabili privi di un vero senso dello Stato e di amore per la Nazione. La Lega nord nacque per fare la secessione e non ha mai avuto nel suo dna la consapevolezza degli interessi nazionali. Negli anni della sua ascesa Salvini ha solo rivestito di furbizia e di spregiudicatezza questo nucleo originario. Il problema di una destra moderata e costituzionale resta. E resta anche il problema di un’opinione pubblica drogata di messaggi di odio e di disinformazione, desiderosa di scorciatoie ai problemi seri dai quali l’Italia non esce. Questa parte è forse una componente ineliminabile, ma deve essere un’infima minoranza e non la base di sostegno ad una forza accreditata del 30% dei voti. Un grande Paese non può e non deve essere governato dagli estremisti rabbiosi e privi di idee, competenze e capacità
Claudio Lombardi
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