Sanità: tanti tagli, troppi sprechi
Da quando la sommatoria di varie manovre finanziarie ha sottratto alla sanità pubblica una cifra prossima ai 30 miliardi di euro, il tema della sostenibilità del servizio sanitario nazionale (SSN) è balzato all’onore delle cronache. Già alla fine del 2012 la Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome paventava che a partire dal 2014 “i tagli rischiano di portare al collasso il SSN, mettendo a rischio la possibilità di garantire tutte le prestazioni sanitarie e socio-sanitarie oggi erogate sul territorio nazionale”. A fronte di questa affermazione, se è legittimo chiedersi quanto la deriva economicista del Paese stia erodendo il diritto costituzionale alla salute, ritengo indispensabile ricordare a tutti i cittadini che l’articolo 32 della Costituzione tutela il diritto alla salute e non alla sanità, oggi troppo spesso intesa come disponibilità indiscriminata e illimitata di servizi e prestazioni sanitarie.
La strada iniziale scelta dalla politica per fronteggiare la crisi di sostenibilità del SSN è stata quella dei tagli lineari (riduzione dei posti letto, blocco del turnover del personale) la cui entità e rapidità oltre ad avere conseguenze negative per la salute dei cittadini – in particolare per le fasce socioeconomiche più deboli – potrebbe paradossalmente determinare nel medio termine un imprevedibile e non quantificabile incremento dei costi.
In condizioni di crisi economica esiste, in realtà, una strategia alternativa in grado di ottenere migliori risultati dalle risorse investite: l’identificazione e riduzione degli sprechi, un tema che ha ispirato il progetto della Fondazione GIMBE “Salviamo il Nostro SSN” con il quale, adattando al nostro sistema sanitario la tassonomia internazionale degli sprechi di Don Berwick, intendiamo proporre alle Istituzioni un approccio sistematico alla riduzione degli sprechi.
Analizzando le evidenze scientifiche e le attuali modalità di programmazione e organizzazione dei servizi sanitari siamo in grado di sostenere con fermezza che nonostante i tagli il SSN rimane sostenibile, perché una quota consistente di risorse viene attualmente “assorbita” da sprechi che si annidano a vari livelli in conseguenza degli obiettivi spesso divergenti, conflittuali e opportunistici dei vari “abitanti” del pianeta sanità.
- Sovra-utilizzo di servizi e prestazioni sanitarie inefficaci o inappropriate. Consistenti evidenze scientifiche documentano il sovra-utilizzo a tutti i livelli dell’assistenza e da parte di tutte le professioni sanitarie e discipline specialistiche di farmaci, test diagnostici, visite specialistiche e ricoveri ospedalieri per varie ragioni: il continuo turnover delle tecnologie sanitarie, la medicina difensiva, le aspettative eccessive e irrealistiche di cittadini e pazienti, il sistema di finanziamento a prestazione degli ospedali. Considerato che l’etica della riduzione degli sprechi dipende da tutti i professionisti sanitari, questi dovrebbero collaborare con le Istituzioni per identificare gli interventi sanitari inefficaci, inappropriati e dal “basso valore”, che riducono l’efficacia dell’assistenza, aumentano il rischio clinico per i pazienti e determinano un ingente spreco di risorse impossibile da individuare per la politica. Inoltre, quando il paziente avanza richieste che non sono supportate da evidenze scientifiche, il medico ha sempre il dovere di rifiutarle, contribuendo a riformulare l’imperativo socio-culturale dominante in sanità more is better (“è meglio fare di più”) – che ha trasformato il cittadino/paziente in consumatore di servizi e prestazioni sanitarie – in less is more (“è meglio fare di meno”), vessillo di una medicina parsimoniosa.
- Frodi e abusi. Negli anni si è radicata in Italia una vasta rete del malaffare che sottrae preziose risorse alla sanità pubblica, particolarmente esposta a fenomeni opportunistici, perché caratterizzata da un inestricabile mix di complessità, incertezze, distorsione delle informazioni scientifiche, qualità poco misurabile, conflitti di interesse, corruzione, estrema variabilità delle decisioni cliniche, manageriali e politiche. Tutti questi fattori rendono il sistema poco controllabile: di conseguenza, ingenti quantità di denaro sono esposte a condizionamenti impropri, che determinano varie tipologie di frodi, abusi e illegalità, sottraendo preziose risorse al SSN.
- Tecnologie sanitarie e beni e servizi non sanitari acquistati a costi eccessivi. La mancata definizione di costi standardizzati a livello centrale e l’assenza di regole ben definite fanno sì che i costi di acquisizione delle tecnologie sanitarie (farmaci, dispositivi, attrezzature, etc), oltre che di beni e servizi non sanitari (servizi di lavanderia, ristorazione, pulizia, etc), siano molto più alti del loro valore reale, con differenze regionali e aziendali assolutamente ingiustificate.
- Sotto-utilizzo di servizi e prestazioni sanitarie efficaci e appropriate. Il ritardo con cui i risultati della ricerca sono trasferiti nella pratica professionale e nell’organizzazione dei servizi sanitari determina il sotto-utilizzo di interventi sanitari efficaci, che può ritardare o impedire la guarigione dei pazienti, aumentare le complicanze, determinare ricoveri ospedalieri e interventi sanitari più costosi, causare assenze dal lavoro.
- Complessità amministrative. Il sovraccarico di obblighi burocratici sottrae tempo prezioso ai professionisti sanitari in un contesto dove, paradossalmente, i costi del personale amministrativo rappresentano una consistente voce di spesa del SSN. Una categoria di sprechi generata dunque da un mix tra eccessiva burocratizzazione, scarsa informatizzazione e ipertrofia del comparto amministrativo.
- Inadeguato coordinamento dell’assistenza tra vari setting di cura. Consistenti sprechi sono legati al “rimbalzo” del paziente tra setting assistenziali diversi, in particolare tra ospedale e territorio. Il problema è particolarmente rilevante nei pazienti con malattie croniche, nei quali l’assistenza a livello di cure primarie deve essere integrata con interventi specialistici e ricoveri ospedalieri. Per superare la cultura ospedale-centrica e la sterile dicotomia ospedale-territorio oggi servono al sistema sanitario una variabile articolazione di setting assistenziali per intensità di cura, modalità avanzate di integrazione socio-sanitaria e una riorganizzazione dei servizi con modelli sovra-aziendali per condividere percorsi assistenziali, tecnologie e competenze professionali.
Oggi le scelte politiche e le modalità di programmazione e organizzazione dei servizi sanitari hanno messo in discussione l’articolo 32 della Costituzione e i principi fondamentali del SSN e il protrarsi di questo status ha determinato inaccettabili diseguaglianze, danneggia la salute delle persone e rischia di comprometterne la dignità e la capacità di realizzare le proprie ambizioni. Davanti a questo quadro preoccupante ritengo che continuare a lamentare un finanziamento inadeguato senza essere propositivi fornisca un alibi per smantellare il SSN, spiani la strada all’intermediazione assicurativa dei privati e aumenti le diseguaglianze sociali. Per contribuire a salvare la sanità pubblica anche i cittadini, veri “azionisti” del SSN, devono fare la loro parte, riducendo le aspettative nei confronti di una medicina mitica e di una sanità infallibile: solo così potremo salvaguardare il nostro SSN, una conquista sociale irrinunciabile.
Nino Cartabellotta Presidente Fondazione GIMBE tratto da (www.rainews.it)
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