Il sistema Italia è anche questo: la Sicilia
Parlare male del sistema Italia facendo l’esempio della Sicilia è diventato quasi un luogo comune. Purtroppo è un luogo comune che mostra uno “spaccato” di come funziona il nostro Paese che ci dovrebbe scuotere nel profondo. Magari è proprio quello che accade, ma il radicamento è così profondo che i cambiamenti appaiono sempre molto blandi.
Facciamo dunque cosa utile ripercorrendo un articolo che al caso siciliano dedica Paolo Mieli sul Corriere della Sera di pochi giorni fa. Il titolo è già ampiamente descrittivo “La Sicilia delle tasse perdute e dei soldi pubblici svaniti”, ma il contenuto è assai interessante.
Mieli ricorda la vicenda dell’ente per la riscossione delle tasse nell’isola balzato all’attenzione delle cronache per la testimonianza del suo amministratore di fronte alla Commissione antimafia. Di che si tratta? È presto detto: «Riscossione Sicilia» nel 2015 avrebbe dovuto incassare 5 miliardi e 700 milioni di euro e, invece, ne ha incassati solo l’8%, 480 milioni. Un anno, solo un anno che si aggiunge agli altri di mancati incassi per un totale di 52 miliardi di buco. Possiamo dire 52 miliardi di ulteriore evasione fiscale?
Giustamente Paolo Mieli si augura che a Bruxelles non si siano resi conto di niente nel momento in cui l’Italia reitera le sue richieste di flessibilità ossia di aumento del deficit.
Identico auspicio lo formula in relazione ad altri “incantesimi” che si fanno nella regione Sicilia che producono tutti lo stesso effetto: la sparizione dei soldi pubblici. Ecco qualche esempio che non pretende di essere esaustivo, ma soltanto una veloce carrellata sul disastro.
Innanzitutto un dato generale: negli ultimi quattro anni l’indebitamento della Regione è cresciuto del 40%. Scendiamo poi nel dettaglio.
In Sicilia con un dodicesimo della popolazione italiana risultano esserci un settimo dei non vedenti dell’intero Paese. Epidemia di cecità? No perché il problema non è soltanto della Sicilia poiché nel Sud vengono corrisposti il 44,8% dei trattamenti di invalidità sul totale nazionale pur essendo la popolazione solo il 34,4%. In pratica se si rispetta la media nazionale vi sono all’incirca 445.000 invalidi in più. Non proprio una novità se un importante leader della DC rivendicò tanti anni fa il “diritto” del Sud di essere compensato per il mancato sviluppo con generose dosi di assistenzialismo pubblico.
Andiamo avanti con i “dettagli”. Su 15.000 dipendenti regionali vi sono 2.800 dirigenti sindacali più 2.900 che beneficiano della legge 104. Risultato: circa un terzo dei dipendenti della Regione Sicilia non possono essere trasferiti e godono del diritto di assentarsi dal lavoro.
La Regione eroga ben 16.500 trattamenti pensionistici compresi i vitalizi ai familiari dei deputati regionali anche se lo furono solo per brevi periodi. Viene citato l’esempio della figlia di un deputato regionale che settant’anni fa fece un mandato di circa quaranta mesi. Ebbene dal 1974, alla morte del padre, questa signora incassa un vitalizio di oltre duemila euro al mese.
Paolo Mieli si augura che l’Europa non si accorga anche del “drammatico” incremento dei disabili gravi che, nel giro di due anni, sono passati da 1.500 a 3.600. Con il record assoluto di Giarre che ha visto un incremento del 3.500%.
L’auspicio si estende al dato clamoroso della spesa per l’acquisto di materiale informatico e tecnico arrivata a un miliardo e 700 milioni mentre la stessa in Lombardia è stata nel 2016 soltanto di 112.000 euro. Difficile, però, immaginare che l’Europa non si accorga dei famosissimi forestali siciliani (23.000 la più alta percentuale mondiale in rapporto a popolazione e superfici boschive) che costano 250 milioni di euro l’anno. Tra l’altro una parte dei suddetti forestali, secondo una rilevazione della stessa Regione, sono stati assunti pur avendo condanne definitive per crimini contro il patrimonio (tra cui l’incendio doloso) e persino per associazione mafiosa.
Ovviamente la conclusione di Paolo Mieli è che se l’Unione Europea si rendesse conto di come funziona il sistema italiano in Sicilia e in generale nel Sud forse non potrebbe prendere sul serio i nostri solenni impegni per il contenimento della spesa pubblica.
Per noi italiani il problema è più serio della sfiducia di Bruxelles perché la dissipazione delle risorse pubbliche fa capo ad un sistema di gestione del potere che stringe in un blocco sociale e culturale una buona parte della popolazione specialmente al Sud. E questo è uno degli aspetti più drammatici del caso Italia. Molto se ne è parlato, ma forse lo si è soltanto incrinato, non certo sconfitto
Claudio Lombardi
Come facciamo a uscire da questo marciume? la Sicilia è un’isola bellissima ma piena di marciume politico,siamo ingabbiati in un sistema da cui non sappiamo come uscirne,la disoccupazione dilaga e i nostri figli costretti ad emigrare,però si trovano i soldi per le guerre e per l’accoglienza,come andrà a finire questa telenovela politica? sentiamo dai media che le cose stanno migliorando, “CORNUTO CHI CI CREDE”. Qualcuno dice cambiamo questa classe politica! Come? C’è qualche ” PROFETA ” che ci dice come fare?