Siti pubblici necessari e complicati

Con la pandemia l’uso di internet anche per effettuare operazioni sui siti degli enti pubblici è diventato una necessità. Non nascono oggi, ovviamente, ma la loro operatività è diventata essenziale da quando buona parte degli impiegati è rimasta a lavorare da casa. Inevitabilmente i limiti sono emersi con più evidenza. Sulla base delle mie personali osservazioni vorrei soffermarmi su alcuni di questi.

Il primo ostacolo è costituito dalle credenziali di accesso. ID e password si susseguono e richiedono, spesso, complicate combinazioni: non solo numeri, almeno 8 caratteri, non caratteri duplicati, almeno un carattere non numerico, con almeno una maiuscola, non uguale a quella precedente, etc.. Ciò significa molte password da memorizzare e il rischio di smarrirsi è sempre in agguato.

Le difficoltà proseguono con le mezze password, una per e-mail e l’altra mezza per lettera, oppure quando devi inserire il codice apparso sul telefono che rimane visibile pochi secondi e poi perdi un quarto d’ora per cercarlo e nel frattempo la sessione è scaduta e devi ricominciare da capo.

La parte che fa imprecare di più è quando la password che andava bene finora all’improvviso non funziona più e devi iniziare il percorso “non ricordo la mia password”, “non ricordo il mio ID ” per scoprire che vanno cambiati per renderli più difficili da “craccare”.

Altri incidenti di percorso che capitano quando tutto sembra funzionare, ma vieni bloccato da un PROXY ERROR o errore analogo che ti costringe a ricominciare da capo magari qualche ora dopo.

C’era la speranza che, con l’avvento dell’informatica, sarebbe stato possibile finalmente bypassare la burocrazia che ci opprime e che rende lentissimo qualunque processo che ha a che fare con gli enti pubblici.

Invece l’Italia è riuscita a burocratizzare l’informatica. È stata trasferita sui computer la stessa deformazione mentale che appartiene ai burocrati dello stato, quasi avessero frequentato tutti la stessa facoltà universitaria “complicare le cose semplici”.

Evidentemente i burocrati pubblici sentono l’informatica come una minaccia alla loro posizione, alla loro carriera, al loro potere. Hanno anche ragione: con l’informatica ben applicata molti dovrebbero cambiare lavoro o almeno mansione.

La differenza con i siti di aziende private è notevole. Basta prenderne alcuni a caso (Amazon, Mediaworld, Esselunga) per constatare che tutto funziona con semplicità, le transazioni sono protette eppure in pochi minuti si ottiene quello che si desidera.

La complessità dei siti pubblici non è solo nelle password per accedervi, ma nella stessa struttura. Le migliori teorie per costruire un sito dicono che con al massimo tre click uno dovrebbe poter raggiungere qualunque punto del sito e ottenere quello che sta cercando. Senza esagerare si potrebbe arrivare a 5 click ma non di più. Nei siti pubblici capita spesso, invece, di arrivare alla stessa schermata da percorsi diversi, ma di non riuscire a completare l’operazione che richiede un percorso diverso.

Io, per esempio, ho incontrato molte difficoltà sul sito del GSE (gestore dei servizi energetici). Un sito vastissimo dove esiste addirittura un manuale di 58 pagine in PDF da scaricare con la “Guida all’utilizzo dell’Area Clienti”.

Eppure le possibilità per semplificare ci sono. Esiste il codice fiscale che è un codice univoco e diverso per tutti. Si potrebbe utilizzare sempre e solo quello per l’identificazione di una persona. Lo stesso vale per le password, ne serve una sicura e valida, la stessa per ogni ente pubblico. Lo SPID è una buona risposta peccato che sia legato a una App e quindi all’uso di uno smartphone e quindi ancora a un numero di telefono. Tra l’altro, perché una App di un ente terzo? Perché non una sola App prodotta dallo stato italiano e gestita su server dello stato? ID unico e unica password per qualunque  sito pubblico sarebbe già un importante primo passo.

Pietro Zonca

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