Soldi a volontà nel bel mondo del potere
Le nomine nelle grandi aziende pubbliche hanno portato novità e hanno anche scoperchiato un mondo fuori del mondo. Prima novità è sicuramente l’estromissione di alcuni boiardi di stato come i capi di ENI, ENEL, Poste e Terna in carica da anni e snodo importante dell’intreccio politica – soldi – aziende pubbliche. Averli messi da parte è già una bella notizia. Punto.
Seconda novità aver nominato quattro donne alla presidenze di quelle aziende e con compensi ridotti al limite fissato dal governo a 238mila euro l’anno. Troppi? Non sembra proprio visto che fino ad oggi quelle cariche potevano fruttare da un milione di euro in su. Un cambiamento significativo.
Il mondo scoperchiato è un mondo che si conosceva già, ma che è bene riscoprire sempre quando se ne presenta l’occasione. Dei compensi dei presidenti dei consigli di amministrazione si è già detto, ma è meglio ripetere che il presidente uscente dell’ENI prendeva 1,6 milioni di euro e quello dell’Enel 1,1 milioni. Per fare che? Non per guidare l’azienda perché quello lo faceva l’amministratore delegato, ma per rappresentarla.
Si può dire che è un caso evidente di sfruttamento di ricchezze sociali-pubbliche? Sì perché quei soldi vengono presi alle società e significano che chi è forte prende ciò che vuole. Lo stesso si deve dire dei compensi degli ex boiardi che vanno via ognuno con liquidazioni milionarie, assurde, indecenti. Scaroni prende 8,4 milioni; Conti 6,4 milioni; Cattaneo “solo” 2,4 milioni. Più tutti quelli che hanno preso anno per anno (rispettivamente 6,4; 4; 2,4 milioni annui). Si dice che è il mercato. No è la politica perché quegli incarichi sono sempre stati assegnati dai governi che hanno permesso retribuzioni scandalose così come è sempre stato fatto nel passato. Per tutti basti ricordare i “mitici” Carlo Cimoli che ha lasciato le Fs con 6 milioni di euro per andare in Alitalia e portarsi via dopo soli 3 anni altri 3 milioni di euro; e Elio Catania che è uscito dalle Fs con 6,7 milioni di euro. Ovviamente sia le Fs che Alitalia erano sull’orlo del fallimento, ma i mitici manager di nomina politica si sono portati via lo stesso le loro palate di milioni. Di soldi pubblici bisogna aggiungere visto che sia Fs che Alitalia sono sempre state sostenute dal bilancio dello Stato.
Chi insiste tanto per difendere la proprietà pubblica delle aziende dovrebbe tener conto che la vera differenza la fanno i limiti che si riesce ad imporre alla gestione del potere pubblico e privato. Comunque registriamo che in epoca di profonda crisi nel bel mondo del potere non c’è spending review (o meglio non c’era perché adesso sembra che il governo voglia mettere un freno) o rigore e tutto è possibile a prescindere dai risultati aziendali o dalla crisi; i milioni di euro si danno senza alcun limite e se necessario si costruiscono le giustificazioni normative-giuridiche per farlo.
Purtroppo è una realtà mondiale quella della disuguaglianza con cui bisogna fare i conti perché impoverisce le economie e i popoli. E la disuguaglianza si basa sull’uso arbitrario del potere. Appunto per questo quando è la politica a dover scegliere bisogna rovesciare il tavolo e mandare a casa tutti quelli che hanno vissuto di disuguaglianza grazie al potere. Con le nomine un piccolo passo è stato fatto, adesso vedremo cosa si farà con i compensi
Claudio Lombardi
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