Sostenibilità e serietà: il parere di Carlo Bonomi

Sono passate alcune settimane da un’interessante intervista al Foglio di Carlo Bonomi, presidente di Assolombarda, ma i temi che vengono affrontati sono sempre di stretta attualità. Ne pubblichiamo ampi stralci.

Sulla vicenda Ilva.

Per me e per i rappresentanti delle imprese il punto è: questo paese vuole ancora continuare a produrre acciaio o vuole produrre cozze? Questo è veramente dirimente. Se vogliamo produrre acciaio, e io credo che questo paese abbia bisogno dell’acciaio, capiamo come. L’Italia non è più realista. E’ un paese che sta ragionando di cose che non esistono e non guardiamo alla realtà dei fatti. (…)

Tutti parlano senza ricordare. Ilva nasce nel ’62 dallo Stato. E’ lo Stato a fare i parchi minerali scoperti e siamo noi che abbiamo pagato 15 mila miliardi di vecchie lire per fare l’acciaio dello Stato; è il comune di Taranto che porta le case vicino allo stabilimento; viene privatizzato perché non è più possibile gestirlo; viene dato ai Riva che lo gestiscono in modo giusto o sbagliato; interviene la magistratura e poi 7 anni di gestione commissariale, che non porta a nulla se non a bruciare le risorse. Viene fatta la gara e data a Mittal. Questa è la storia e ce la dobbiamo ricordare altrimenti non risolviamo i problemi e non siamo realisti. Mittal stava facendo gli investimenti su quella che era la copertura dei parchi. Perché qui ne parliamo ma nessuno è stato a Taranto. Andate a vedere cosa sono i parchi minerari. Coprire quei parchi non è uno scherzo. La questione dello scudo penale non nasce dai Mittal ma dalla gestione commissariale, perché i commissari non firmavano più dato che nessuno si assumeva più le responsabilità. Quindi capiamo di cosa stiamo parlando, interveniamo e facciamo le cose per bene. (….)

Sul passaggio dal diesel al motore elettrico

E’ giusto che Greta ci abbia riportato all’attenzione qualcosa che era importante. Però c’è una sostenibilità sociale e una sostenibilità generazionale che parte da quella economica. Noi europei eravamo all’avanguardia sul diesel. Abbiamo fatto un suicido collettivo pensando che l’elettrico avrebbe risolto tutto. Però non è quella la strada, ce ne sono altre, come l’idrogeno.

Ma soprattutto ci siamo consegnati a chi su materie prime e tecnologia è vincente: i paesi dell’est. Loro hanno le materie prime e le tecnologie per fare le batterie al litio. E noi cosa faremo? Compreremo tecnologie, ci porteremo in casa i problemi di smaltire quelle batterie e non avremo nessun beneficio, anzi ci porteremo a casa tutti i problemi. (…) Do due numeri per fare capire. I cinesi nel 2021 inaugureranno undici tratti autostradali sul driverless. Noi siamo qua a discutere se facciamo la Tav o no. Tanto per dare le dimensioni. La Cina ha 2.000 auto sperimentali sul driverless. Il più grande competitor di tecnologie americane di questo tipo, la Waymo, ne ha 169, Bmw ne ha 5, Audi ne ha 3. E’ una competizione che abbiamo perso. Ma questa è una competizione importantissima perché le nostre imprese nel settore dell’automotive sono inserite nelle catene del valore aggiunto. E quelle cose spariranno: il motore endotermico viaggia tra i 1.400 e i 1.500 componenti; il motore elettrico 150. Chi produce bulloni – e noi siamo leader mondiali nella produzione di bulloni – fatto cento quelli che ne mette in un motore endotermico, ne mette due in un motore elettrico. Interi pezzi dell’industria italiana scompariranno. Voi sentite qualcuno al governo che parla di questo? Io ho un referente per parlare di questo? Nessuno. Stiamo abdicando al futuro del nostro paese e parliamo tanto di giovani ma noi quel futuro non glielo diamo, l’abbiamo già cancellato.

Sulle crisi industriali

La necessità di riconvertire e ritrasformare le nostre imprese, le nostre industrie con quello che il mercato sta ridisegnando sta portando a una serie di crisi industriali molto importanti: Ilva certo, ma anche Alitalia. Non dimentichiamocelo quest’ultimo capolavoro: 7 anni di gestione commissariale e siamo ancora qua a capire quale sarà il partner. Da imprenditore per me è una follia perché vorrei sapere prima che fa l’Italia e poi cerco il partner. Cercare il partner senza sapere se sarà una compagnia di lungo raggio o una compagnia regionale mi sembra una follia. Il dibattito sul mantenimento del livello occupazionale è importantissimo, ma i livelli occupazionali li manteniamo se manteniamo le imprese. La sostenibilità è prima quella economica. Se non ci sono imprese possiamo parlare di qualsiasi cosa. Ma è un bellissimo convegno, un bellissimo esercizio intellettuale che non serve a nulla. (…)

Sta ritornando un sentimento anti industriale molto forte in questo paese. E’ un sentimento facile. Il difficile è spiegare perché è importante l’industria italiana. (…)

Poi però dobbiamo parlare di una cosa di cui in questo paese non sento parlare da nessuno: la produttività. Ma è una parola che è scomparsa dal vocabolario? Do due esempi: fatta 100 la capacità produttiva nel 2000, l’Italia oggi, dopo 19 anni, è a 101. La Germania è a 119. Se guardo al costo del lavoro per unità prodotta, fatto 100 per l’Italia nel 2000, oggi siamo a 138 e in Germania a 119. Quindi la Germania ha trasferito produttività su quello che è il costo del lavoro. Noi abbiamo perso competitività. Se andiamo avanti su questa strada, le imprese italiane saranno costrette a chiudere tutte. Volete un paese che fa le cozze? Benissimo. Saremo il primo produttore mondiale di cozze. (…)

Pensiamo ancora all’impresa come alla fabbrica fordista dell’Ottocento. Ma il mondo sta disegnando un’impresa moderna, un’economia moderna. Sento parlare di aumentare la retribuzione e diminuire le ore lavoro: io sono pronto a uno scambio sulla produttività. Sono disposto a pagare di più. L’ho dichiarato per primo: ‘Dobbiamo pagare di più i giovani’ e nel mio mondo non sono risultato molto simpatico. Però vorrei un paese dove si possa discutere di cose importanti, che ci rendano un paese moderno. Dire No Tav, No Tap, no questo, no quello. (…) io credo che noi ci meritiamo qualcosa di meglio. (…)

Bisogna ritornare a parlare di cose serie ma purtroppo siamo un paese perennemente in campagna elettorale. Immaginiamo le cose che ci servono: a noi, alla nostra famiglia, ai nostri figli. Ribadisco: sostenibilità ambientale, sociale, generazionale. Queste sono le cose su cui io vorrei discutere, su cui vorrei che l’Italia guardasse, non su cose che non servono e servono solo al dibattito pubblico per i due voti in più (…)

Se diciamo che la sostenibilità ambientale è un tema imprescindibile per il nostro paese dobbiamo essere coerenti. Il ciclo del trattamento dei rifiuti industriali lo devi completare; i termovalorizzatori li devi fare, perché altrimenti la plastica dove la metto? Vorrei parlare con persone serie, competenti, che si vogliono sedere al tavolo, che magari hanno una visione diversa dalla mia, che mi possano anche spiegare qualcosa e io sarò d’accordo con loro

(Intervista pubblicata su Il Foglio del 5 dicembre 2019)

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