Superare il berlusconismo non solo Berlusconi (di Claudio Lombardi)

fine BerlusconiIl tema del giorno è la fine del ventennio berlusconiano. In realtà con la decadenza dalla carica di senatore per Berlusconi finisce solo la copertura dell’immunità parlamentare. Il suo ciclo politico era già finito con le dimissioni dalla carica di Presidente del Consiglio nel novembre 2011. Ed era finito non tanto e non solo per le dimissioni, ma per la profonda crisi finanziaria ed economica in cui è stata precipitata l’Italia. La crisi ha segnato la fine della pretesa berlusconiana di rappresentare una rivoluzione liberale che segnasse una rinascita del miracolo italiano.

illusioni berlusconismoLa storia del berlusconismo è una storia di illusioni, tecniche del marketing applicate alla politica che, però, sono riuscite ad intercettare bisogni diffusi e tendenze di lungo periodo che nessun altro riuscì a comprendere in quegli anni. All’inizio fu Forza Italia con l’illusione di liberare l’Italia da uno statalismo soffocante e da una partitocrazia degenerata. La situazione del Paese nel 1994 si prestava al lancio di una forza politica nuova che puntasse a far emergere le migliori capacità individuali e che dichiarasse di voler fare piazza pulita dello strapotere di una vecchia classe politica. Gli italiani credettero a quelle promesse anche se le uniche liberalizzazioni furono poi fatte dai governi di centro sinistra che vinse due volte le elezioni (1996 e 2006), ma sempre con numeri insufficienti e con un vizio congenito: quello della frammentazione.

contratto con gli italianiBen quattro governi di centro sinistra segnati da lotte intestine e colpi di mano portarono alla fine dell’Ulivo prima e della maggioranza uscita dalle elezioni del 2006. Di contro le due principali vittorie elettorali di Berlusconi (nel 2001e nel 2008) furono nette. Specie nel 2001 iniziarono anni di un potere quasi assoluto grazie alla presenza di un’opposizione divisa e confusa. La firma del contratto con gli italiani con il quale si prometteva diminuzione della pressione fiscale, aumento di un milione dei posti di lavoro, aumento delle pensioni minime e avvio di un gigantesco piano di lavori pubblici segnò il rilancio del sogno berlusconiano di una rinascita dell’Italia.

tassi bassi 2001Ci fu in quegli anni una vera opportunità di sviluppo per l’Italia avviata con il passaggio all’euro fortemente voluto da Prodi e Ciampi fin dalla fine degli anni ’90 (ed osteggiato già allora dal centro destra). I tassi di interesse sul debito pubblico scesero a livelli fra i più bassi mai registrati seguiti da quelli sui prestiti bancari e senza nessuna crisi all’orizzonte. Il governo Berlusconi non colse quella occasione e ne approfittò per un aumento della spesa pubblica sempre più fondata sugli sprechi, sulla corruzione e sulle ruberie. Esemplare fu la mutazione della Protezione Civile da organismo di gestione delle emergenze a “general contractor” alle dirette dipendenze del Presidente del Consiglio per ogni genere di evento con un potere di spesa illimitato e incontrollato. Furono quelli gli anni della formazione e del consolidamento delle “cricche” e delle P3, P4 e seguenti che presero in mano interi pezzi di apparati dello Stato e di importanti sedi istituzionali. La realtà del metodo di governo berlusconiano condivisa anche dalla Lega fu quella del massimo accentramento delle decisioni, della mancanza di trasparenza e dell’affermazione di una classe dirigente votata al culto degli interessi personali e unita intorno alla spartizione del potere e delle risorse pubbliche.

crisi economicaNiente rivoluzione liberale con la prima Forza Italia, nessuno sviluppo reale e nessuna riforma di struttura nonostante le più favorevoli condizioni economiche mai conosciute da decenni.

Dopo la parentesi aperta con le elezioni del 2006 con una coalizione di centro sinistra senza numeri, rissosa e inconcludente, il 2008 segnò il ritorno al potere di Berlusconi con una maggioranza di seggi schiacciante e, quindi, nelle migliori condizioni per governare. Nonostante ciò in soli tre anni Berlusconi dimostrò tutta la sua inadeguatezza a governare nel pieno di una crisi che avrebbe richiesto una classe dirigente forte, coesa e con le idee chiare. Di nuovo il berlusconismo si dimostrò una cultura di governo inadatta a gestire un’economia avanzata e una società complessa. La classe dirigente iniziò a frantumarsi e a non riconoscere più la leadership del centro destra concentrata sulla difesa degli interessi personali del leader e della sua corte di seguaci. La sfiducia e poi la rottura con buona parte dell’imprenditoria seguì quella con la parte dell’opinione pubblica che non poteva più tollerare l’esibizione del malgoverno e la degenerazione dell’etica pubblica.

La fine del governo Berlusconi segnò il fallimento definitivo del berlusconismo come strategia e come modello. Soltanto la persistente confusione di idee nell’opposizione creò le condizioni per la formazione prima del governo Monti e poi del governo delle larghe intese.

Oggi Berlusconi non ha più nulla da dire all’Italia, la sua reputazione personale è quella di un malavitoso che ha commesso numerosi reati e che ha usato la politica per garantirsi l’impunità. Il problema vero è il berlusconismo che minaccia di recare ancora danni agli italiani e che persiste in una parte della classe dirigente. Superare il berlusconismo, nel quale si condensano tutte le arretratezze dell’Italia, sarà la scommessa dei prossimi anni e il passaggio ineludibile per una rinascita.

Claudio Lombardi

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