Tra tagli e sprechi a perdere è il cittadino (di Claudio Lombardi)
Continua l’esame della manovra e si profila il solito maxiemendamento che è diventato un classico di tutte le manovre e le finanziarie degli ultimi anni quasi che il testo iniziale predisposto dal Governo fosse solo una “mossa” per saggiare il terreno e osservare le reazioni. Questa prassi non depone a favore dell’affidabilità del Governo che dispone di tutti gli strumenti di analisi, di ricerca e di consultazione, per individuare da subito le misure più idonee senza arrivare a quella contrattazione delle modifiche che troppo spesso si traduce in testi riscritti quasi per intero nei quali si perde di vista il senso delle politiche e delle finalità perseguite. Sia chiaro: meno male che il Governo cambia qualcosa e che lo fa sotto la pressione dell’opinione pubblica e dell’esame del Parlamento. Tuttavia non fa una bella figura chi si presenta con proposte ultimative e irrinunciabili e poi mostra che tali non sono, ma, invece, semplici compromessi fra spinte diverse i cui equilibri possono cambiare e con essi le misure proposte.
Si dice che ciò che conta è che i saldi restino invariati. Il che significa che servono quei soldi per tirare avanti e, di solito, quelli “veri” cioè immediatamente realizzabili, sono meno di quelli scritti nelle carte e li pagano, più o meno, sempre gli stessi: lavoratori dipendenti a reddito fisso sotto forma di blocchi stipendiali o di diminuzione o rincari di servizi e pensionati. Poi ci sono le misure che producono effetti differiti e dipendenti dall’attuazione e dal lavoro degli apparati amministrativi e sono quelli relativi all’evasione fiscale. Qualche risultato ci sarà, ma ciò che conta in questo campo è la continuità delle politiche e l’affinamento degli strumenti. Per dire: se due anni fa c’era la tracciabilità dei pagamenti ai lavoratori autonomi ed è stata tolta e adesso la si rimette non è la stessa cosa che se fosse stata lasciata e migliorata. Qualcosa si è perduto, così come l’aumento della spesa corrente e del conseguente deficit tra entrate e spese si è verificato e chi doveva governare il bilancio non è intervenuto. Se questi grida oggi all’emergenza sono legittimi seri dubbi sulla sua buona fede.
Capitolo spese degli enti locali e sprechi di questi e delle regioni. Ai presidenti delle regioni e ai sindaci che denunciano i tagli del Governo la polemica politica contrappone gli sprechi che giustificherebbero quei tagli. In realtà di sprechi se ne possono trovare in molte direzioni. E’ fresco l’ultimo scandalo, forse il meno costoso, ma molto significativo: quello dell’ipotetico ministero attribuito ad Aldo Brancher. Ad oggi, 28 giugno, non si è ancora capito di che cosa dovrebbe occuparsi il neo ministro che, però, si è subito affrettato a tentare di evitare il processo in corso a suo carico per il reato, molto comune, di appropriazione indebita, dichiarandosi occupato ad organizzare la sua attività istituzionale. Tutti hanno capito, anche senza l’intervento chiarificatore del Presidente della Repubblica, che la carica governativa era un puro pretesto per sottrarsi al processo e non vale adesso che l’imputato si dichiari pronto a comparire davanti al giudice perché, se fosse dipeso da lui, non si sarebbe più fatto vedere in un’aula di giustizia. Cos’è questo se non uno spreco? E non solo di denaro pubblico, ma anche di credibilità e di prestigio delle istituzioni ridotte a territorio di scorribande di corsari che sfuggono alla legge.
Ciò non toglie, ovviamente, che la lotta agli sprechi debba essere fatta. E sarebbe molto più serio se fosse fatta partendo dalla trasparenza, dall’accessibilità di atti, procedure decisionali e documenti di bilancio delle amministrazioni locali e regionali. E sarebbe meglio prevedere che attraverso la partecipazione dei cittadini si possano formare e verificare le scelte delle istituzioni e delle amministrazioni pubbliche. Così sarebbe facile per chiunque verificare il rispetto degli impegni e prevenire ed individuare gli sprechi.
Però il problema rimane. Se i presidenti delle regioni dichiarano che le risorse per il trasporto pubblico locale verrebbero tagliate del 30% o dicono una sciocchezza (ma nessuno li ha smentiti) o denunciano una scelta politica del Governo. E non si tratta di una scelta politica neutra, ma ben chiara se messa in relazione con i silenzi che ci sono nella manovra. Per esempio quello sulla tassazione delle rendite finanziarie che in Europa sta crescendo così come quella sui redditi più elevati e da noi no, è sempre ferma al 12,5%. Si dice che un aumento farebbe fuggire gli investitori. Evidentemente a Londra il neo leader conservatore non ha questo timore se sta attuando una manovra che prevede proprio un consistente aumento di tale prelievo fiscale. Perché dovrebbero fuggire solo da noi?
No, il problema è politico, cioè di scelte che vengono fatte per far pagare il costo degli errori del passato e del presente e se si sceglie di colpire il trasporto pubblico locale e non toccare i guadagni sulle azioni la scelta è chiara. Ricordiamocelo.
C’è un altro però e riguarda le conseguenze delle scelte politiche. I politici dovrebbero occuparsi del bene comune e fare scelte lungimiranti basate sulla conoscenza delle situazioni e dei dati che solo loro possono avere dato che dispongono anche del potere di decidere per tutti.
Dunque taglio dei fondi per il trasporto pubblico locale = servizio di peggiore qualità = disincentivo ad utilizzarlo = incentivo a ricorrere ai mezzi privati. È questo che serve all’Italia e fa l’interesse di tutti? Non sembra proprio.
Una ricerca di NOMISMA chiarisce che, con 1.508 morti all’anno, è Roma la città italiana ad avere il primato di decessi per l’inquinamento dell’aria causato dalle polveri sottili. Il rapporto riporta i dati sull’inquinamento delle prime 15 città italiane nel triennio 2006-2008 e quantifica in 3,8 milioni di euro il costo delle cure necessarie per chi ne è colpito. A parte i costi in denaro, c’è poi quello delle vite sprecate, non solo quelle dei morti, ma anche quelle di chi impiega nel traffico buona parte delle sue energie, della sua salute e del suo denaro. A che serve la politica se non affronta un problema così? I cittadini dovrebbero leggere dietro le parole dei politici e sforzarsi di comprendere la finalità e il senso delle azioni che vengono intraprese mettendole in collegamento con la loro esperienza diretta. Su questa base dovrebbero far sentire di più e meglio la loro voce.
Claudio Lombardi
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