Ucraina: il genocidio che Putin ha dimenticato
Nella sua dissertazione di 50 minuti sulla storia dell’Ucraina, ripresa dai media internazionali, Vladimir Putin ha avuto un vuoto di memoria. Un capitolo della storia Ucraina che richiese il cònio di una parola che non c’era: HOLODOMOR o “sterminio per fame”.
Uno sterminio deliberato e realizzato negli Anni ’30 dalle politiche di Stalin, nei confronti di milioni di ucraini. Un’ecatombe che grava come un macigno sulla coscienza collettiva dell’Ucraina.
Accadde 90 anni orsono, nell’autunno del 1932 e si concluse nella primavera del 1933.
Nel 1929 come accadde per gli altri coltivatori dell’Unione Sovietica, anche i contadini ucraini furono costretti ad aderire ai kolchoz, le fattorie collettive di Stato, mentre le loro terre venivano confiscate. «La prima mortalità di massa fu causata direttamente dal fatto che le autorità sovietiche, indifferenti alle naturali variazioni di produzione, mantennero percentuali altissime di requisizioni»
Il rifiuto a consegnare una parte così rilevante di raccolto fu considerato da Stalin un gravissimo atto di ribellione e, pur conoscendo la preoccupante carenza di cibo per gli abitanti delle campagne, agenti e attivisti locali del partito furono mandati a requisire e confiscare tutte le derrate nelle case e nelle fattorie.
Inoltre, per evitare che i contadini si rifugiassero nelle città, queste vennero isolate. «La necessità di sfamarsi era considerata un crimine contro lo Stato», spiega Bernard Bruneteau, lo storico professore emerito alla Sorbona, che ha dedicato 20 anni di ricerche per la riesumazione dei documenti che inchiodano l’URSS alle sue orribili responsabilità.
Stalin rifiutò qualsiasi aiuto dall’esterno e accusò i contadini che stavano letteralmente morendo di fame di essere i colpevoli della loro stessa situazione. Promulgò leggi draconiane che non fecero altro che aumentare la tensione, il terrore e il numero di vittime: chiunque fosse stato trovato a nascondere qualcosa da mangiare, anche solo delle bucce di patata, sarebbe stato fucilato, e accadde nei villaggi di Domashiv, Mikove, Yaromel, Kolky, Lipne, Ivanchi di fronte alla popolazione radunata a forza.
Fu un massacro o meglio un GENOCIDIO secondo, solo per magnitudo, a quello perpetrato dai nazisti: quattro milioni di persone – deliberatamente private dei mezzi di sostentamento – morirono di fame. «Le epidemie si diffusero e si registrarono casi di cannibalismo, tutti fatti di cui il governo tenne un bilancio preciso. Quasi la metà delle vittime era costituita da bambini», Cifre che rimasero sepolte negli archivi di Mosca.
Proprio in quegli anni però una voce si alzò: fu quella dello scrittore russo di origini ucraine Vasilij Grossman. Nel suo famoso romanzo “Tutto scorre” scritto tra il 1955 e il 1963, uno dei personaggi, Anna Sergeevna, racconta i terribili anni della collettivizzazione, della carestia e dello sterminio dei kulaki in Ucraina. Il libro, come è facile immaginare, ebbe una vicenda editoriale complessa. Negli Anni ’60 agenti del Kgb sequestrarono il manoscritto, ma l’autore lo riscrisse. La copia, ritrovata dopo la sua morte (1964), fu poi pubblicata nel 1970, a Francoforte. Mentre in Russia il romanzo apparve solo nel 1989.
Un romanzo raggelante
Giulio Galetti
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