Un governo di convergenze parallele (di Claudio Lombardi)
Continuano gli appelli per la formazione di un governo. Il principale destinatario è il M5S, ma quello a cui si chiede un segno di discontinuità sostanziale è, invece, il PD. Come ormai sanno tutti era il vincitore predestinato che non ce l’ha fatta perchè una parte dei suoi voti sono andati proprio al M5S. Bisogna riconoscere che il PD ha reagito con una certa prontezza alla “botta” chiedendo a Grillo il sostegno per formare un governo sulla base di un programma ristretto, ma più incisivo di quello che era stato presentato in campagna elettorale.
8 Punti e Bersani che si candida a guidare il governo, questa la proposta del PD. Il M5S non ci sta e continua a rifiutare ogni approccio. Ha le sue ragioni dato che la campagna elettorale era rivolta innanzitutto contro i partiti ed è difficile adesso capovolgere questa linea. Gli appelli crescono e il dibattito fra gli eletti del Movimento pure facendo intravedere qualche possibilità.
Non è detto, tuttavia, che sarà Bersani quello che riuscirà ad ottenere la fiducia di una maggioranza con il M5S; potrebbe essere una personalità che non rappresenta un partito, ma una corrente di idee e di movimento, per esempio Rodotà o un altro purchè non espresso da un partito. A quel punto il voto convergente non sarebbe un’alleanza politica tra M5S e PD, ma una convergenza parallela secondo l’espressione inventata da Aldo Moro negli anni ’60.
Chiaramente il programma di un governo autonomo dai partiti dovrebbe essere concordato con tutti quelli disposti a votare la fiducia e qui si aprirebbero spazi ben più ampi per il M5S rispetto a quelli offerti adesso dal PD con i suoi 8 punti.
Questa potrebbe essere la strada più probabile che metterebbe d’accordo diverse esigenze e che darebbe risposta contemporaneamente agli appelli, all’esigenza di avere un governo e alle ostilità del M5S.
Alcuni segnali fanno pensare che la riesumazione delle convergenze parallele potrebbe essere la chiave per sbloccare la situazione.
C’è però qualcosa da chiedere all’opinione pubblica e ai commentatori: di essere giusti con il PD. Si assiste, infatti ad una forte reattività nei confronti di questo partito qualunque cosa faccia o dica. Lo testimonia un articolo veramente cattivo di Luca Ricolfi su La Stampa di venerdi 8 marzo. Ricolfi attacca il PD perchè gli 8 punti non sarebbero veramente innovativi, ma lo fa utilizzando parole e toni esagerati e pretestuosi. Non si capisce, infatti, cosa si voglia dal PD in una situazione nella quale gli altri protagonisti non sembrano affatto preoccupati delle sorti del Paese.
Il PDL è stretto attorno a un Berlusconi che ricorre a tutti i trucchi per fuggire dai processi e, come al solito, è pronto a fare e dire follie per difendere il suo “diritto” di commettere reati in santa pace. Il PDL si rivela una volta di più un partito padronale privo di senso dello stato e di senso dell’etica nonchè di dignità.
Del M5S si è detto e si può aggiungere solo che sembra faticare a rendersi conto di essersi caricato di responsabilità vere. Il programma è quello che è e certamente non mostra una visione organica degli obiettivi di un possibile governo.
Siccome il PD è di fronte ad un cambiamento molto serio sarebbe il caso di spingerlo verso questo cambiamento e non di bastonarlo continuamente per farlo ricascare in basso. Da una caduta del PD gli italiani non trarrebbero alcun vantaggio ora che c’è la possibilità di far lavorare il Parlamento per combattere la crisi con meno malavitosi e più persone oneste.
Claudio Lombardi
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