Un sistema di potere che schiaccia l’Italia (di Claudio Lombardi)

Si parla molto della Sicilia in questi giorni. Ancora la mafia e ancora il dissesto delle finanze regionali. Due facce della stessa medaglia.

Venti anni dalla morte di Falcone e Borsellino e una verità ancora da scoprire, ma che a pezzetti si sta manifestando. Tutti sanno che i colpevoli erano finti; si sono fatti anni di galera senza fiatare, ma il qualcuno che ha fabbricato quei falsi per sviare le indagini e coprire la verità li ha convinti che era meglio tacere. La famosa trattativa fra Stato e mafia che si svolse nel ’93 dopo gli attentati che colpirono città e luoghi d’arte c’è stata davvero dice il procuratore di Palermo Messineo (e Dell’Utri ribatte che fu necessaria per limitare i danni). Accusa di estorsione ai danni di Berlusconi per il cofondatore di Forza Italia Marcello Dell’Utri che, da parte sua, continua a ripetere che il boss mafioso, Vittorio Mangano, è stato un eroe perché non avrebbe rivelato nulla ai magistrati. Il finto stalliere che viveva a casa di Berlusconi parlava con Dell’Utri di “cavalli” che il giudice Borsellino riteneva fossero partite di droga da piazzare nel nord Italia usando la casa di Berlusconi come rifugio sicuro e protetto. Cosa normale per gli affari mafiosi come normale fu, se andò proprio così, che ci si rifugiasse nella politica per cercare protezione all’ombra delle istituzioni e per conquistare direttamente il potere senza intermediari. Forse così diventa più comprensibile la discesa in campo di Berlusconi assurdamente motivata da un pericolo comunista scomparso da anni.

Fantasie? No una interpretazione logica di una concatenazione di fatti. Che Dell’Utri fosse un rappresentante della mafia verso il mondo degli affari al nord lo hanno stabilito sentenze giudiziarie non chiacchiere. D’altra parte i 40 o 50 milioni di euro pagati da Berlusconi a Dell’Utri avrebbero una spiegazione sensata perché sarebbero la ricompensa per la sua discrezione sulle basi del potere di Berlusconi.

Nel complesso si delinea un gigantesco puzzle nel quale emergono frammenti di verità che fanno intravedere una realtà terribile. Quale? Un ruolo di settori dei servizi segreti nell’assistere e dare copertura agli assassini di Falcone e Borsellino e agli attentatori del ‘93.

Non certo una novità assoluta perché sarebbe la conferma dell’esistenza di una “entità” che è sempre comparsa nelle stragi e negli attentati che hanno segnato la storia d’Italia dal 1969 ad oggi. La verità giudiziaria ancora non lo dice anche perché l’”entità” sa distruggere le prove , depistare le indagini, nascondere la verità, ma quella storica dice che questa “entità” corrisponde ad un blocco di potere che tiene insieme pezzi della politica con apparati militari e civili dello Stato che dispongono di poteri e risorse per agire al di fuori e contro la Costituzione  e le leggi.

Nel passato questa “entità” si chiamava Gladio e Cossiga addirittura ne rivendicò i meriti perché si trattava di sbarrare la strada ad una ipotetica invasione sovietica. Per questo fu costruita una rete illegale eversiva in combutta con servizi segreti stranieri e gruppi paramilitari italiani, con a disposizione armi di tutti i tipi ed esplosivi. Ancora prima che si rivelasse l’inconsistenza del pericolo “rosso” si manifestò l’”entità” che si mise semplicemente al servizio dei progetti reazionari di chi voleva schiacciare la democrazia con le bombe.

In tutte queste vicende prima o poi si incappa nella mafia come organizzazione di interessi che usano la violenza per esercitare il controllo del territorio e per impossessarsi delle risorse pubbliche e private. Che questa organizzazione sia presente anche nella politica e nelle istituzioni è un fatto storicamente accertato e non potrebbe che essere così dato che il controllo delle istituzioni garantisce il controllo del patrimonio pubblico e dei soldi dei bilanci pubblici nazionali ed europei e questa è una delle sue principali finalità.

È significativo che la stagione del berlusconismo sia iniziata con la trattativa Stato-mafia alla quale è seguita una lunga pace all’ombra della quale hanno spadroneggiato cricche e affaristi di tutti i tipi grazie ad una spesa pubblica in costante crescita. Il gigantesco debito pubblico che oggi minaccia la nostra stabilità ne è la logica conseguenza ed è anche (anche non solo) espressione di quel sistema di potere clientelare-affaristico-mafioso specializzato nel far sparire capitali pubblici.

Come è stato possibile e che evoluzione ci può essere? Basta guardare alla Sicilia di oggi per avere la risposta.

Il blocco dei fondi europei alla regione siciliana cui si è arrivati perché l’Unione non si fida più di come vengono spesi nell’isola i soldi comunitari è solo l’ultimo anello di una catena che rivela una sistematica opera di rapina delle risorse pubbliche di cui dispone da decenni la classe dirigente siciliana.

Soldi distribuiti a pioggia anziché investimenti veri, scarsa affidabilità dei controlli, progetti non conclusi, tanti errori contabili, irregolarità negli appalti. Questi i motivi per cui si è arrivati al blocco. Eppure la Sicilia ha ricevuto tra il 2000 e il 2006 16,88 miliardi di fondi europei pari a cinque volte quelli assegnati a tutte le regioni del Nord messe insieme. Eppure è riuscita a spendere meno del 10% di quei soldi e nel modo che ha causato la reazione europea.

Se ci mettiamo tutti i soldi arrivati per i motivi più diversi negli anni della Repubblica abbiamo una montagna di risorse rubate e distrutte da quel sistema di potere. Tutti i problemi della Sicilia e anche del Mezzogiorno sono riconducibili a quella causa, l’uso degenerato delle risorse pubbliche realizzato attraverso le istituzioni. Requisito indispensabile è stato avere una società civile sottomessa ed arretrata che non fosse in grado di riscattarsi promuovendo l’affermazione di una nuova classe dirigente. La mafia è stato ed è uno strumento eccezionale per piegare la società sia in basso che in alto.

Ora si dice che mancano i soldi in cassa, ma la Sicilia è diventata una barzelletta per la facilità con la quale vengono dilapidati i soldi pubblici. 1,27 miliardi di euro spesi per i dipendenti nel 2011 pari al 10% delle spese correnti (in Lombardia 171 milioni e lo 0,6% della spesa). Un esercito di oltre 20.000 dipendenti cui vanno aggiunti i 25.000 forestali e precari dei lavori socialmente utili. Decine di società sotto il controllo della Regione la maggior parte in disavanzo. Ecco solo alcune delle cifre di un disastro annunciato e previsto che si ripete da molti anni e che è indispensabile per perpetuare un sistema di potere fondato sulle clientele, sui favoritismi e sull’illegalità perfettamente congeniale ad un’organizzazione mafiosa del potere.

Che la mafia, ormai, sia dilagata al nord e in Europa con capitali criminali con i quali distrugge la legalità e l’economia sana non fa venir meno alla Sicilia il suo ruolo di “casa madre” nella quale si organizza la rete del potere politico ed economico su scala nazionale. La stessa cosa avviene con la ‘ndrangheta che mantiene le sue radici in Calabria. Una base territoriale è indispensabile a quelle organizzazioni anche per influire sulle scelte politiche nazionali e sulla spartizione delle risorse.

Certo, non tutti si piegano a quel sistema di arretratezza sociale e civile pagata con premi e mance che vengono dai bilanci pubblici; non si tratta di un dominio assoluto, i siciliani onesti esistono, ci sono tante organizzazioni della società civile e non sono pochi i politici che li rappresentano. La sostanza del potere, però, non è nelle loro mani.

Il risultato di questo dominio mafioso è fotografato in un dato del centro studi di Svimez secondo il quale il Pil pro capite delle regioni del Sud dal 1951 al 2009, anziché crescere, ha subito rispetto al Nord un netto arretramento calando in valuta costante dal 65,3% al 58,8%.

In tanti si rendono conto che in quel sistema non c’è futuro, ma solo declino, corruzione e degrado, ma non riescono ad organizzarsi e a crescere. E il fatto che a livello nazionale non si riesca ancora a mettere la parola fine sulle stragi, sugli attentati, sugli assassinii eccellenti significa che le alleanze fra poteri criminali ed eversivi sono ancora in piedi e riescono ad impedire che si arrivi alla verità.

Claudio Lombardi

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