Una questione palestinese che non si chiude mai

La domanda non è perché sia nata la questione palestinese, ma perché esista ancora a distanza di tanti anni.

Sul perché sia sorta, guerre arabo israeliane, nascita Stato di Israele, Nakba, ognuno ha la sua idea e interpretazione, ma la successione di cause ed eventi è nota. Ma la domanda successiva, la cui risposta parrebbe tanto ovvia, è meno facile di quello che sembri. E infatti sono il primo ad ammettere di non averla.

Vercelli, nel suo libro sulle guerre arabo israeliane ad un certo punto si chiede come mai la Nakba non ebbe enorme rilievo nel momento in cui si verificò. Ricordo che con Nakba (https://tinyurl.com/3ayvnbkr) si intende l’esodo, in larga misura forzato, dei palestinesi dalle loro case in seguito alla prima guerra arabo israeliana del 1948: si trattava di circa 700mila persone che lasciarono le loro terre e si rifugiarono altrove. Il problema dei rifugiati palestinesi nacque allora, e questo problema, come ben sappiamo, è al centro della politica mondiale da almeno mezzo secolo. E quindi: perché quando si verificò non ebbe il clamore che oggi potremmo aspettarci? Risposta: perché in quegli anni i profughi erano decine di milioni, in tutto il mondo.

Pensiamo, ad esempio, alle popolazioni germaniche fuori dalla Germania, per esempio nei Sudeti o in Boemia. Furono tra le concause della seconda guerra mondiale, finita la quale furono sbattute via dai territori che occupavano da 5 o 6 secoli e costrette a riparare altrove. Si stima che fossero 3 milioni nella sola Cecoslovacchia. O Königsberg, città fondata dai prussiani nel XIII secolo, culla, patria e tomba di Kant, che, alla fine della guerra divenne la russa Kaliningrad, con i suoi abitanti (forse 100mila) che dall’oggi al domani furono scacciati dai sovietici. Ma furono anche altre, vedi Danzica, le popolazioni tedesche, lì residenti da secoli, che furono costrette a lasciare le loro case. In generale: la Germania di oggi è storicamente discendente dalla Prussia, ma solo una piccola parte della Prussia oggi è in Germania, il resto è in Polonia e nei Baltici, abitato, oggi, da popolazioni non discendenti dai prussiani perché quei discendenti furono costretti a fuggire (https://tinyurl.com/5xct5db9).

Oppure pensiamo a India e Pakistan, sempre in quegli anni, alla fine del colonialismo britannico. La suddivisione dell’India coloniale in India e Pakistan fu accompagnata da violenze e massacri inenarrabili, al termine dei quali un numero imprecisato (10? 20 milioni?) di persone migrarono, spesso per sfuggire a morte e persecuzione, dal nuovo Pakistan all’India e viceversa. (https://tinyurl.com/yfcrpc32 )

Oppure, per rimanere nel quadrante medio orientale, come conseguenza della guerra arabo israeliana, vi fu la Nakba, ma vi fu anche l’espulsione di ebrei da una gran quantità di Paesi arabi: Iraq, Marocco, Libia eccetera. Questi profughi ebrei, il cui numero è probabilmente maggiore di quello dei palestinesi coinvolti nella Nakba, ripararono in massima parte in Israele. Persero, dall’oggi al domani, case e beni appartenuti alle famiglie da generazioni e che furono, senza tanti riguardi, incamerati da altri. (https://tinyurl.com/yckdhur7 ). Un esodo in gran parte dimenticato.

Oppure, senza andare lontano, pensiamo ai giuliano dalmati o istriani. Si stima che fossero circa 300mila coloro che, dopo le foibe, furono costretti a lasciare case e beni che possedevano da generazioni e a riparare altrove. Per i primi anni e decenni, ancora nel secolo scorso, erano attive e rumorose (e molto rappresentate dalla destra) le associazioni degli esuli che reclamavano le loro proprietà o, quantomeno, un risarcimento. Col passare del tempo, con l’invecchiamento e la morte dei protagonisti, con il mondo ormai cambiato, rimane la memoria e le associazioni che la coltivano (https://www.federesuli.org/) ma non è più, da decenni, un argomento di politica internazionale e, meno che mai, casus belli. I discendenti di quegli esuli sono sparpagliati in Italia e nel mondo, qualcuno ritorna pure nelle terre d’origine, per turismo o per viverci, ma non reclama il diritto a riavere la casa che era proprietà del suo trisnonno. Se lo facesse, sarebbe visto come un marziano o come uno che, viaggiando nel tempo, si sia addormentato nel 1950 e risvegliato nel 2023.

 

In quegli anni, quindi, la Nakba, con 700mila rifugiati, doveva apparire un episodio tra i tanti, che coinvolgeva, peraltro, un numero di persone assai ridotto rispetto a, per esempio, i tedeschi o gli indopakistani. Eppure, tutti gli esempi sopra ricordati, che avvennero negli stessi anni, sono ormai pagine di storia. I profughi e rifugiati palestinesi sono invece notizie di cronaca: la Nakba, un evento ormai lontanissimo (75anni, quanto l’Impero Britannico in India o Fiume italiana o i Sudeti) è al centro delle rivendicazioni palestinesi odierne anche se, ormai, i profughi del 1948 sono o quasi centenari (pochissimi) o morti (praticamente tutti).

Questo aspetto della questione palestinese riceve molta meno attenzione della ricerca delle sue cause. Perché esiste ancora la questione palestinese e non è stata riassorbita nelle pagine della Storia come furono riassorbite una gran quantità di questioni simili, riguardanti milioni di persone che, di punto in bianco, dovettero abbandonare per sempre, e a forza, i luoghi dove le famiglie vivevano da generazioni? Come detto, non ho la risposta, ammesso che ve ne sia una e una sola. Vi sono però alcuni elementi che possono aver contribuito, e magari di questi, per non allungare il post all’infinito, parleremo un’altra volta.

Jack Daniel (tratto da facebook)

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