Una spending review dei cittadini: intervista a Marco Frey

Marco Frey è direttore dell’Istituto di Management della scuola superiore Sant’Anna di Pisa e presidente di Cittadinanzattiva

D: Insieme allo spread la spending review sta diventando una delle definizioni più usate non solo dai politici e dai giornalisti, ma anche dai cittadini. Il suo significato vero, tuttavia, lo si intuisce, ma resta confuso con l’attuazione concreta fatta col decreto legge del Governo. Facciamo un po’ di chiarezza?

R: Sì volentieri, fare chiarezza sull’uso dei termini è, non solo cosa buona e giusta, ma necessaria per capire e per valutare. E, come dovrebbe ormai essere chiaro, la valutazione dei cittadini è una delle parti più importanti della partecipazione democratica.

Dunque, chiariamo subito che quella che oggi viene definita dal Governo spending review è, in realtà, una manovra finanziaria. La traduzione in italiano di spending review è semplicemente revisione della spesa. Però prima della revisione occorrerebbe fare l’audit ossia un’attività di verifica diretta a scandagliare tutti gli aspetti che stanno a monte ad una decisione di spesa (procedure, obiettivi ecc). Se non faccio l’audit sicuramente non indovino la revisione della spesa perché mi mancano gli elementi per valutare le motivazioni e le finalità della spesa. In realtà Bondi (il Commissario del Governo incaricato di collaborare alla spending review) ha individuato alcuni capitoli di spesa da revisionare e sottolineo alcuni perché la manovra del Governo è molto più ampia. Detto questo la revisione in generale dovrebbe servire a rendere efficiente ed efficace un sistema. Vanno, perciò, individuati obiettivi agendo su organizzazione, processi, risultati. Per farla ci vuole tempo, molto tempo e raramente la politica ha tempo. Senza tempo il processo di revisione risulta, quindi, parziale.

D: Nella risposta sembra implicito un giudizio di inefficacia o di inadeguatezza o anche di inappropriatezza della spending review. È così?

R: Intanto non è la prima volta che si tenta una revisione della spesa. Già nel 2006 era stata creata una commissione dal ministro Padoa Schioppa e all’epoca il risparmio era stato quantificato in 700 milioni che sono ben lontani dai numerosi miliardi di risparmio che si vogliono raggiungere adesso. Già questo dato, insieme con il poco tempo passato dal conferimento dell’incarico al Commissario, dice che qualcosa non quadra.

In effetti, o si iniziava subito il giorno stesso dell’incarico del Governo a mettere sotto revisione la spesa o il tentativo, oggi, è quello di mettere una pezza. Bondi non ha impostato male il lavoro, anzi, ma le cose sono andate più in fretta sospinte dalla necessità di rispettare gli impegni presi con l’Unione Europea e, quindi, di abbassare la spesa pubblica. Ciò ha portato ad una spending review nella quale ci sono anche i “famosi” tagli orizzontali. Nel complesso direi un’operazione debole anche perché il risultato effettivo è semplicemente che si spenda meno non che si spenda meglio. In definitiva un’operazione finanziaria a somma zero se si tiene conto dei previsti incrementi dell’IVA che potranno essere rinviati o annullati del tutto.

D: Veniamo ad una domanda che sono in tanti a farsi: cosa può fare ognuno di noi e cosa può fare un’associazione di cittadini per migliorare le cose? Sappiamo che il Governo ha promosso una consultazione online per ricevere suggerimenti da parte dei cittadini. Probabilmente questo non basta se mancano strumenti di informazione, di riflessione e di formazione di un’opinione matura che non vada oltre le sollecitazioni e le campagne del momento.

R: In effetti il Governo ha consultato online i cittadini a maggio ricevendo 135.000 contributi sugli sprechi da tagliare. I risultati sembrano riflettere i temi più comuni e diffusi di protesta: le auto blu; il funzionamento degli uffici pubblici; la sanità. Dunque, tre macro aree di intervento segnalate dai cittadini. Le altre (pensioni, energia etc) seguono con percentuali più basse. Cosa ci dice questo esperimento? Che manca qualcosa. Se ci fosse un audit collegato e precedente alla revisione potremmo verificare la funzionalità del servizio nel contesto in cui si trova e in relazione alle esigenze dei cittadini. Tutt’altra cosa da quella è stata fatta perché, lo ripeto, l’urgenza di oggi è ricavare numeri di bilancio compatibili con gli impegni europei e non c’è tempo né disponibilità ad una revisione che potrebbe anche portare ad un incremento della spesa in alcuni settori.

E qui veniamo alle possibilità delle associazioni e dei movimenti di partecipazione civica. Da tempo tante di queste realtà hanno superato un atteggiamento puramente rivendicativo e di protesta. Alcune parole chiave sono diventate linee guida per l’azione sociale. Fra tutte l’appropriatezza dei servizi (riconducibile anche all’uso razionale di risorse scarse) sembra quella più rilevante. Quando si mettono sul tavolo esperienze, competenze e riflessioni poi ci si impegna anche a dire dei sì e non solo dei no perché la logica del difendere tutto a prescindere non fa’ più presa quando ci si misura con la realtà e si mira a cambiarla in meglio. Da questo punto di vista Cittadinanzattiva ha imboccato da tempo una via originale per rendere concreta la partecipazione dei cittadini alle politiche pubbliche: la valutazione civica. Non dico per l’attuale spending review perché ormai il decreto legge è diventato legge e sappiamo che il Governo non lasciava margini di modifica, ma per l’immediato futuro (intendo da settembre in poi) ci sarà molto bisogno di una revisione permanente della spesa che parta dall’informazione e dalla consapevolezza dei cittadini. Cittadinanzattiva farà la sua parte e promuoverà una spending review civica mettendo a disposizione di tutti gli strumenti di cui dispone (audit e valutazione civici) perché i primi ad essere interessati ad eliminare gli sprechi e le inefficienze sono i cittadini.

Intervista a cura di C.Lombardi

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