Un’altra agenda: quella dell’immigrazione

Diminuzione delle tasse e abbattimento del debito pubblico, sono i temi maggiormente evocati dal dibattito elettorale attualmente in corso. Ignorate, del tutto o quasi, molte delle agende avanzate dalle organizzazioni della società civile in materia di lavoro, ambiente, welfare, pace e cooperazione internazionale.

Tra queste, quella sull’immigrazione: non si va molto oltre l’annuncio, da parte delle forze politiche di sinistra, della immediata approvazione di una legge di riforma sulla cittadinanza nel caso di un loro successo elettorale. Il che, intendiamoci bene, non sarebbe certo cosa da poco: se ne parla da più o meno quindici anni, se finalmente si arrivasse a riconoscere che chi nasce qui è cittadino italiano, avremmo una riforma meno ambiziosa di quella auspicata, ma migliaia di ragazzi e ragazze vedrebbero finalmente diminuire la distanza esistente tra la legge che li definisce stranieri (almeno sino ai 18 anni) e la loro storia di vita personale.

Detto questo, resta da vedere se la nuova maggioranza e il nuovo governo vorranno finalmente mettere mano anche all’intera disciplina sull’ immigrazione e sull’asilo.

Ce ne sarebbe infatti molto bisogno. Dal 2002 in poi, anno in cui venne approvata la legge Bossi-Fini, le norme che sono intervenute a modificare il testo unico 286/98 (alcune delle quali per fortuna dichiarate incostituzionali) hanno avuto un’unica impronta: quella di rendere più difficile l’ingresso e il soggiorno regolare in Italia nonché di ostacolare i ricongiungimenti familiari. Poco è stato fatto a sostegno di un inserimento sociale, economico e culturale dei cittadini stranieri nella società italiana, mentre numerosi provvedimenti (di rango normativo e amministrativo) hanno tentato di compromettere il loro accesso alle prestazioni sociali. Tutto ciò mentre il sistema di detenzione amministrativa istituito con la legge 40/98 ha mostrato tutti i suoi limiti, dando luogo a gravi violazioni dei diritti umani dei migranti che sono ospitati nei CIE.

Ce ne sarebbe bisogno anche se venisse effettivamente dimostrato che la crisi economica in corso sta spingendo molti cittadini stranieri a lasciare il nostro paese: proprio a causa delle caratteristiche globali della crisi, infatti, molti immigrati pur perdendo il lavoro e non trovandone uno nuovo (regolare) sceglieranno di rimanere e, probabilmente, molti continueranno ad arrivare.

Si pone allora il problema di una riforma complessiva di un Testo Unico ormai datato, che per altro è stato applicato prevalentemente solo nella sua prima parte, quella dedicata alla disciplina dell’ingresso, del soggiorno e del contrasto all’immigrazione irregolare e molto poco nella sua parte relativa alle politiche di inclusione sociale.

La memoria consiglierebbe di evitare errori fatti in passato.

Una riforma complessiva del Testo unico richiede mediazioni parlamentari complicate e, dunque, tempi lunghi, ma, per iniziare, si potrebbero intanto abrogare alcune norme: ad esempio quelle che hanno introdotto il reato di soggiorno e immigrazione illegale, le tasse sul soggiorno e sulla richiesta di cittadinanza, il raddoppio del periodo di residenza necessario per acquisire la cittadinanza in caso di matrimonio, il prolungamento dei tempi di trattenimento nei Cie fino a 18 mesi.

Una riforma più complessiva dovrebbe invece intervenire in modo organico.

Il Manifesto per riformare la legislazione sull’immigrazione pubblicato dall’Asgi (Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione) qualche settimana fa, di cui più sotto pubblichiamo la sintesi ma di cui consigliamo la lettura integrale, contiene indicazioni molto utili in tal senso.

Per quanto ci riguarda, consideriamo prioritari i seguenti aspetti:

a) L’introduzione di meccanismi di regolarizzazione ordinaria dei migranti che possano dimostrare il loro inserimento economico e sociale;

b) l’ampliamento dei canali di ingresso regolare anche per la ricerca di lavoro;

c) la revisione del sistema delle espulsioni in modo da trasformarle in strumento di ultima istanza;

d) la chiusura dei Centri di Identificazione ed Espulsione;

e) il ripristino di un fondo strutturale destinato a finanziare gli interventi di inclusione sociale dei migranti, i processi di partecipazione e le occasioni di socializzazione, con uno sguardo particolarmente attento ai “figli dell’immigrazione”.

f) Una riforma della normativa penale contro le discriminazioni e il razzismo per renderla maggiormente incisiva con particolarmente riferimento alla propaganda razzista, anche perpetrata dai partiti o dai loro esponenti.

Ci auguriamo che il futuro Parlamento sia interessato a prenderli in considerazione. Nel frattempo sarebbe utile aprire nel movimento antirazzista una discussione e un confronto collettivo su questi temi.

Da www.cronachediordinariorazzismo.org

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