Un’idea per aumentare la circolazione monetaria
E’ noto che la nostra economia è in uno stato di stagnazione che grava in maniera difforme su tutta l’eurozona e che raggiunge in Italia effetti negativi e difficoltà di ripresa più pesanti che negli altri Stati comunitari. I principali rimedi posti in atto dagli Stati comunitari e dalla BCE, riforme strutturali e QE, non hanno sinora prodotto gli effetti attesi.
Molti economisti sono concordi nel ritenere che questi rimedi agiscono sul versante dell’offerta dei mezzi finanziari e della produzione, ma non sono atti a produrre un adeguato incremento della domanda interna, che è una componente essenziale della domanda aggregata. E’ persino intuitivo rendersi conto che in presenza di una domanda aggregata debole, mancherebbero le condizioni per collocare i prodotti sul mercato e alimentare mediante i ricavi il ciclo economico finanziario del sistema produttivo.
La perdita del valore reale delle retribuzioni, la perdita dei posti di lavoro, i tagli ai servizi essenziali e il loro peggioramento qualitativo, la revisione al ribasso del sistema pensionistico, l’ incremento del prelievo fiscale complessivo, hanno prodotto in pochi anni il crollo della capacità e della propensione alla spesa delle famiglie e, conseguentemente, la domanda interna è scesa a livelli incompatibili con il normale funzionamento del sistema produttivo.
Persino la Commissione europea ha dichiarato che le riforme strutturali non avrebbero avuto efficacia in presenza di una domanda interna debole. Va pure considerato che il sostegno che tale domanda potrebbe dare al sistema produttivo si rende ancora più indispensabile in un periodo di contrazione dell’esportazione, dovuta alla crisi economico- finanziaria che ha indebolito anche le economie di gran parte dei paesi importatori.
Con il Quantitative easing la BCE sta mettendo a disposizione delle banche ingenti quantitativi di liquidità aumentando la circolazione monetaria, ma i modesti risultati ottenuti denotano da una parte la debole propensione degli imprenditori ad investire anche con il supporto del sistema creditizio e dall’altra una scarsa propensione delle banche a finanziare le attività imprenditoriali, a causa dell’alto rischio di insolvenze.
Gli indicatori che da qualche tempo segnano una debole inversione di tendenza, che ingenera fiducia e ottimismo, vanno interpretati anche come segnali di un momento opportuno per intervenire con maggiore determinazione per potenziare la pur debole ripresa con interventi risolutivi, che in momento favorevole acquisterebbero maggiore efficacia. E’ chiaro che se lo Stato avesse sufficienti margini di manovra per interventi che potessero incrementare in maniera adeguata la domanda interna, ciò sarebbe da tempo avvenuto.
In questo momento c’è l’esigenza di ricorrere anche a metodi non convenzionali per tentare di sbloccare la situazione.
Partendo da questa premessa è stata individuata la possibilità di creare un imponente intervento di potenziamento della domanda interna per oltre 50 miliardi di euro, che verrebbe ottenuto semplicemente mettendo a disposizione di milioni di lavoratori e pensionati la possibilità di ottenere un’apertura di credito pari a due o tre mensilità di retribuzione netta che gli aprirebbe la possibilità di acquistare beni di cui in precedenza avevano dovuto fare a meno. Per essere chiari si tratterebbe di prestiti ai cittadini fatti per aumentare la circolazione monetaria.
La restituzione del debito (gli interessi verrebbero assunti a carico dello Stato, che beneficerebbe di incrementi delle entrate fiscali di entità superiore) avverrebbe allo scadere dei due anni dall’apertura di credito, in 60 rate mensili. In tal modo il peso delle rate da pagare sarebbe quasi inconsistente. Gli istituti di credito dovrebbero stipulare una convenzione prevista da apposita legge, nella quale verrebbero regolamentati tutti i rapporti e le garanzie necessarie per garantire i rischi di insolvenza.
L’intervento conseguirebbe l’obiettivo di incrementare la domanda interna in misura tale da spingere una ripresa economica e apporterebbe consistenti vantaggi diretti e indiretti per tutti i soggetti che parteciperebbero all’operazione compreso lo Stato. Anche se questo intervento rischia di apparire irreale e poco credibile in definitiva può essere considerata una delle varianti della creazione di moneta che, nelle modalità fin qui attuate, non ha conseguito i risultati attesi.
D’altra parte se non si riesce ad aumentare l’inflazione bisogna ripensare al paradosso di Milton Friedman quando ricordava che esiste sempre una maniera per stimolare l’economia e arginare la deflazione: “lanciare denaro dagli elicotteri”. Ossia stampare denaro e distribuirlo direttamente ai cittadini.
Pietro Ciriminna
La proposta è vecchia di circa due anni e risale a quando il Quantitative Easing era in pieno funzionamento. Ma potrebbe funzionare anche a regime ridotto. La discussione che si voleva allora aprire avrebbe dovuto vertere sui contenuti della proposta e della sua potenzialità.
Un commento negativo segnala l’esistenza di persone attente e che ragionano con la propria testa.
Quello della lettrice Monika Rossetti stronca senza mezzi termini l’iniziativa ipotizzata. Si è pertanto verificato quello che ci si aspettava. La concisione di uno scritto ne penalizza la comprensione, mentre maggiori dettagli avrebbero penalizzato l’attenzione su di esso. L’autore dell’articolo ha perciò chiesto alla Redazione di tornare sull’argomento, esplicando i fondamenti della proposta e i dettagli della modalità di esecuzione. Verrebbe dimostrato che l’operazione non costerebbe assolutamente nulla ai singoli cittadini, che dovrebbero accettare l’offerta (non un obbligo) un prestito non oneroso per soddisfare propri bisogni (in molti casi potrebbero servire per estinguere in tutto o in parte debiti per cui pagano interessi esosi). La restituzione avverrebbe entro sette anni mediante il pagamento di rate di importo esiguo e tale da non influire significativamente sul bilancio familiare. Sarebbe da preferire all’attesa di un miglioramento spontaneo della nostra economia.
Credo che sia una proposta irresponsabile che nel caso migliore anticipa un eventuale domanda futura. Manca la domanda e allora vorremmo convincere le famiglie ad ipotecare un futuro già assai compromesso? Scherziamo! È immorale voler indurre a spendere di più di quello che ci si possa permettere, specialmente se si tiene conto dell’attuale insicurezza lavorativa. Forse facendo finalmente una riforma fiscale degno di questo nome e a favore delle famiglie e del ceto medio, ci porterà più vicino alla soluzione.
In realtà, qualche elicottero in giro lo si è visto. Alcuni provvedimenti del governo Renzi, a partire dai famosi 80 euro, andavano in questa direzione, che astrattamente condivido. Ma i risultati non sono stati esaltanti, perché, in realtà, manca il presupposto di una propensione ad aumentare la spesa del reddito, ovvero la fiducia, l’aspettativa di un futuro orientato alla crescita. Ma, personalmente, credo, non da ora, che il problema fondamentale, che qualcuno chiama declino, sia una crisi strutturale del modello italiano. Nonostante gli stimoli che nel corso degli anni si è tentato di dare attraverso l’inasprimento dei vincoli esterni, compresa l’adesione all’euro, abbiamo continuato a crogiolarci nel l’illusione del piccolo è bello senza rendersi conto che senza una struttura industriale matura e capace di innovazione, la sfida della globalizzazione era persa in partenza. Le radici delle debolezze italiane sono qui ed è difficile pensare che le cause di questa situazione possano essere rimo sue agevolmente e nel breve periodo. Resta solo da sperare nella forza di quella parte, minoritaria, del mondo imprenditoriale italiano che ha accettato la sfida dell’innovazione.