Uscire dalla crisi con un nuovo governo e nuovi cittadini (di Claudio Lombardi)

Di epitaffi per il peggior governo dell’Italia repubblicana (peggiore per chi lo ha guidato, per i suoi esponenti, per la sua politica, per come ha gestito un potere quasi assoluto) se ne scriveranno tanti. Senza ricorrere a toni urlati e alla retorica si può dire che l’era Berlusconi lascia in eredità agli italiani un Paese che ha ampliato i suoi squilibri sociali e ha sprecato capitale umano; che ha vissuto le liberalizzazioni solo come l’arbitrio dei potenti e degli affaristi; che non ha costruito un sistema di welfare capace di sostenere la parte più sana degli italiani, quelli che vogliono lavorare qualunque sia la loro età; che, in particolare per i giovani, ha lasciato che si affermasse un sistema arrogante e intimidatorio nel mondo del lavoro mortificando le capacità e annullando le competenze conquistate in anni di studio; che ha lasciato distruggere il territorio sia dalla speculazione edilizia che dall’incuria facendo pagare un prezzo impressionante a milioni di italiani; che ha piegato lo Stato ad interessi di parte lasciando che dilagassero corruzione e incompetenza che si sono imposte agli onesti e ai capaci.

Molto altro si potrebbe aggiungere, ma non serve perché i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Le due notizie che occupano le prime pagine in questi giorni bastano a certificare un fallimento della classe dirigente e del sistema Italia così come è stato forgiato nel corso degli anni.

Il tracollo dell’Italia nei mercati finanziari risponde ad una paurosa mancanza di credibilità della sua classe di governo. Il disastro di Genova e delle alluvioni che l’hanno preceduto certifica che l’Italia è priva di classi dirigenti capaci di governare e che i cittadini non sono in grado di farsi ascoltare e non sono i soggetti centrali dello Stato. Se non fosse così la prevenzione sarebbe stata fatta anche a costo di togliere soldi ad opere di facciata o a grandi eventi di dubbia utilità. Se ciò non è accaduto e si è lasciata degenerare la situazione del territorio le responsabilità sono molto ampie e non limitate ad un sindaco, ad un presidente di regione e nemmeno ad un ministro del tesoro. Ci sarebbe da chiedere a caratteri cubitali, oggi come in tutte le altre occasioni di disastri naturali cui ci si poteva preparare meglio, DOVE ERAVATE TUTTI ? la domanda, purtroppo, va rivolta anche ai cittadini e alle loro espressioni organizzate troppo spesso emarginate dalle decisioni politiche, ma anche poco attente e poco attenti a sentirsi parte dello Stato e investiti di una responsabilità politica “naturale”. Migliaia di occhi hanno visto e migliaia di menti hanno compreso, ma il messaggio non è arrivato a chi ha il potere di decidere e di agire. Ricordiamocene per l’avvenire.

Ora che anche il Presidente della Repubblica ha parlato con una chiarezza inequivocabile (dimissioni certe di Berlusconi e poi o governo che riscuote la fiducia o nuove elezioni) occorre tentare di dare il proprio contributo alla definizione di un programma minimo per fronteggiare l’emergenza. Facciamo, però, chiarezza perché di provvedimenti di emergenza ne abbiamo conosciuti molti nel corso degli anni e la situazione del Paese non è cambiata, anzi, si è aggravato il dramma italiano di uno spreco di risorse gettate nel calderone del malgoverno o del governo senza strategie che ha assunto dimensioni colossali.

Quindi, per favore, non veniteci a parlare di emergenza senza convincerci che: 1) voi avete le idee chiare; 2) voi avete la statura morale per guidare noi; 3) voi sapete cosa state costruendo e lo volete fare insieme a noi. Perché, altrimenti, subiremo la vostra emergenza e continueremo a disinteressarci della cosa pubblica e voi avrete il peso di una società intera che se non rema contro quanto meno non vi aiuta.

Il noi e il voi è diventata una chiave per inaugurare un nuovo modo di parlarsi fra cittadini e persone che dedicandosi alla politica chiedono il consenso per dirigere le istituzioni. Bisogna convincerci tutti che farla finita con il berlusconismo significa uscire fuori da un modo oligarchico e autoreferenziale di gestire la funzione politica. Quando i cittadini stanno a guardare con disgusto o con rabbia a manovre politiche che non comprendono allora è arrivato il momento di cambiare strada.

Questa crisi dell’Italia e di questa specie di governo che è ancora in carica ci devono far riflettere oltre i numeri che la sanciscono, altrimenti metteremo al centro di tutto i numeri e dimenticheremo le persone che li fanno i numeri. Vediamo, quindi, se si può provare ad abbozzare un punto di vista civico ossia del cittadino senza ulteriori specificazioni. Vediamo se possiamo decidere qualcosa anche noi e non solo limitarci a seguire passo passo il programma imposto dall’Europa.

Qual’ è il problema principale dell’Italia? Il debito pubblico che strozza la capacità di spesa dello Stato, delle regioni e degli enti locali. Quindi occorre fermare la crescita del debito e puntare a ridurlo. Per questo bisogna che lo Stato incassi di più col prelievo fiscale e spenda meno e meglio il denaro pubblico.

Uno schemino semplice eppure qui sta il dramma italiano perché da decenni gli interessi di parte impediscono che si imbocchi la via di un risanamento. D’altra parte sono gli stessi interessi che hanno creato questa situazione, e allora come stupirsi?

Non si può qui delineare un programma di governo, ma provare a capire da dove si può cominciare sì.

Si imponga una patrimoniale ordinaria che effettui un prelievo sulla ricchezza che si è formata in questi anni di redistribuzione del reddito a danno dei ceti medi e bassi e a vantaggio degli evasori fiscali. Per non colpire due volte chi ha già pagato si può stabilire un limite oltre il quale la tassa possa incidere e la possibilità di detrarre l’importo delle imposte sul reddito già pagate. Lo chiede persino la Confindustria e allora perché finora il governo non l’ha presa in considerazione divagando su misure programmatiche con effetti vaghi e non immediati (licenziamenti facili per esempio)?

La spesa va ridotta certo, ma riqualificandola perché sia un volano per la crescita e non solo una scure che taglia alla cieca. Per esempio le pensioni. Si passi subito al contributivo per tutti così chi vuole va in pensione con quello che ha maturato sulla base dei contributi versati. Ma questo non può essere un espediente per mettere alla fame milioni di persone. Quindi non si può proporre questo per tagliare le pensioni da adesso in poi. Inoltre, se risparmi ci saranno dovranno alimentare un welfare riformato che aiuti chi vuole lavorare e i giovani innanzitutto.

A proposito di riqualificazione della spesa ricordiamoci delle 19 Maserati da 100mila euro l’una comprate in queste settimane dal ministero della difesa. Ecco un esempio di cosa può succedere quando manca la direzione politica o si lascia briglia sciolta ad una burocrazia folle che guarda solo il suo ombelico. Quanti altri casi di follia amministrativa ci sono in tutti i settori nei quali si ha il potere di spendere il denaro pubblico?

Per ripartire ci vuole una nuova classe dirigente cominciando con un nuovo governo. E ci vuole una cultura civica che rimetta al centro il cittadino con i suoi diritti e le sue responsabilità. Il ventennio berlusconiano non nasce dallo spazio, ma da qui. Guardiamoci in faccia e decidiamo se possiamo continuare così noi italiani e comprendiamo che la risposta non ce la daranno i partiti. Stavolta dobbiamo darla anche noi.

Claudio Lombardi

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