Via Marino per spartirsi Roma?
Almeno un merito “Mafia Capitale” lo sta avendo. Tutto il marciume del “mondo di mezzo” dove le differenze si cancellano e ci si incontra sulla spartizione dei soldi e dei beni pubblici, pur se già conosciuto o intuito, sembra acquistare il senso nuovo di una minaccia alla nostra stabilità. La politica in mano alle bande e ai gruppi di saccheggiatori ci fa paura perché ci cala in un mondo di incertezze e di arbitrio nel quale una massa di sudditi soggiace alle prepotenze dei più forti.
Un articolo di Stella e Rizzo sul Corriere della Sera ce ne fornisce una dimostrazione concreta riprendendo la vecchia questione del patrimonio del comune di Roma. Stimato in 42mila immobili, dei quali 17mila non si sa in mano a chi siano e 24mila dati in affitto a prezzi ridicoli (di 7.066 si sa che rendono un mensile di 7,7 euro). Nello stesso tempo il comune di Roma prende in affitto a prezzi esorbitanti locali da alcuni “fortunati” privati che mai avrebbero pensato di ricavare somme del tutto fuori mercato dalle loro proprietà.
Quel patrimonio e quei soldi spesi sono i nostri soldi e vengono messi a disposizione di chiunque abbia un minimo di potere per prenderseli in un giro di complicità tra burocrazie, politici e affaristi e la gestione del patrimonio è la prova concreta di quel patto.
Ora, che esista da tempo chi occupa posti nelle istituzioni e nelle amministrazioni solo per rubare e per farsi gli affari suoi è cosa nota. Ciò che colpisce però è il “silenzio degli innocenti” cioè di quella parte che dovrebbe essere onesta perché non coinvolta negli scandali, ma che è talmente debole e disorientata da sembrare collusa e che ha tollerato e tollera qualunque scorreria dei predoni senza reagire. Di fatto, se non fosse per la magistratura, dall’interno del sistema politico e degli apparati amministrativi non sarebbe partita nessuna denuncia e tutto sarebbe rimasto coperto dall’omertà.
Prendiamo il caso del Pd romano. Come scrive in un suo articolo un conoscitore di cose romane, Aldo Pirone: “Non c’è uno straccio di riflessione critica e autocritica sui meccanismi politici e culturali che hanno consentito, nel corso di più di due decenni, lo svilupparsi di “cellule” tumorali che hanno portato la sinistra romana fuoriuscita, in tutti i sensi, dal PCI alla disfatta morale prima ancora che politica”.
Perché è potuto accadere? Ecco in tre punti una sintesi delle spiegazioni che da’ Aldo Pirone:
- a) perdita di autonomia del partito rispetto alle istituzioni;
- b) commistione fra l’eletto e i potentati economici attraverso i finanziamenti elettorali con conseguente perdita di ogni autonomia della politica;
- c) personalizzazione della politica con la formazione di correnti e cordate personali finanziate dai potentati economici.
La conseguenza è stata la trasformazione delle organizzazioni di base del partito in strumenti di potere personale o in luoghi privi di peso politico. Una trasformazione con due caratteri peculiari: la politica da usare per sé e per i propri sostenitori e i soldi diventati mezzo e fine delle azioni messe in campo tramite i poteri pubblici.
Forse che tutto ciò ha riguardato il solo Pd? Ovviamente no e stranamente all’accanimento mediatico nei confronti del Pd corrisponde una singolare sottoesposizione dei comportamenti degli altri e delle destre in particolare. Tanto che l’ex sindaco Alemanno indagato per mafia perché durante il suo mandato è dilagata “Mafia Capitale” si permette di intimare a Marino di dimettersi per il bene della città.
Il fatto è che il governo di Roma è stato ristretto in un modello – il modello Roma – che si è realizzato attraverso un intreccio tra poteri economici, politici, amministrativi e corporativi che ha messo sotto controllo le amministrazioni locali e ha gestito le scelte politiche e amministrative nell’interesse di pochi.
È impossibile che i politici non si fossero accorti di niente. Molto più realistico è pensare che qualcuno ne traesse un profitto e tanti altri lo ritenessero un prezzo da pagare ad una politica moderna.
Per questo l’indagine di Fabrizio Barca sui circoli romani del Pd rischia di apparire fuorviante. Cosa si vuol far pensare, che basti chiudere i circoli degenerati e riavviare il tesseramento per eliminare il vecchio sistema clientelare e corrotto? Fosse così facile non ci sarebbe nemmeno stata “Mafia Capitale” e tutto si ridurrebbe ad alcuni pacchetti di tessere false da cancellare. Purtroppo le cose sono molto più complicate e qualcuno dovrebbe pensare a ripulire la macchina amministrativa da quelli che l’hanno piegata agli interessi di bande e cricche varie. Chi avrà il coraggio, per esempio, di esaminare il lavoro dei dirigenti del comune?
Per una pulizia a fondo ci vuole forza politica e coesione. Per questo lascia veramente perplessi la sfiducia di Renzi al sindaco Marino. Che senso ha in questa situazione non si capisce. A Roma gli interessi in gioco sono molto più grandi di quelli di cui era portatrice Mafia Capitale. L’ostilità di cui è stato circondato Marino fin dal suo insediamento significa che gli interessi minacciati dal sindaco “marziano” o inconsapevole o ingenuo hanno puntato da subito sulla sua caduta.
Si può pensare allora che l’ostacolo al buon governo sia Marino? Casomai è vero il contrario, Marino non garantisce poteri e interessi abituati a trattare la città come il loro bancomat. Spingere alle dimissioni Marino è paradossale. Tanto da far sorgere il sospetto che su Roma si stia tentando di ricreare un nuovo modello depurato dai suoi elementi più impresentabili per dare spazio ad un patto di moderna spartizione tecnocratica.
No non può finire così e Roma merita di più
Claudio Lombardi
Marino deve rimanere e puntare su Pignatone .Solo estirpare alla radice il cancro e la successiva cura di legalità può dare il futuro che Roma ed i nostri figli meritano
Condivido l’analisi,il PD e Renzi devono sostenere Marino.