Vogliono la guerra santa contro Israele

Non è la prima volta che Hamas provoca Israele fino a scatenare una guerra. Dopo che Gaza fu consegnata all’Autorità Nazionale Palestinese con un atto unilaterale di Israele nel 2005 e dopo che Hamas ne assunse il controllo sia con le elezioni (in realtà vinte in tutti i territori palestinesi) che con le armi scontrandosi con al-Fatah iniziò il sistematico lancio di razzi contro il territorio israeliano. L’intento evidente è sempre stato quello di non far calare la tensione e di mettere le basi per nuove guerre che puntualmente si sono verificate nel 2008, nel 2009, nel 2012, nel 2014, nel 2021. Guerra ero lo scopo e non pace e costruzione di uno stato palestinese. La storia di Gaza dal 2005 in poi smentisce clamorosamente la versione vittimista che piace tanto ai governi arabi e ad una larga parte delle opinioni pubbliche occidentali: il popolo palestinese oppresso che chiede solo un suo territorio su cui governare. Hanno avuto Gaza e l’hanno trasformata in una base logistica dalla quale attaccare il territorio israeliano. I palestinesi rinchiusi a Gaza sono sì ostaggio di Hamas che da sempre li usa come scudi umani e più soffrono meglio è perché così sono più disposti al martirio, ma sono stati loro a volerla al comando. Perché non si sono mai ribellati?

La risposta è semplice: la battaglia di Hamas è una missione religiosa che evidentemente una parte dei palestinesi condivide. Accecati dall’odio per Israele, per gli ebrei e per l’Occidente che li difende, governati da gruppi dirigenti corrotti e incapaci, privi di un sistema democratico e prigionieri del tribalismo che è nel loro passato e che oggi si esprime con molteplici organizzazioni armate cercano un riscatto nella guerra santa. Non si rendono conto di essere sempre stati delle pedine nel grande gioco tra fazioni religiose e stati arabi che non sono rimasti gli stessi del 1948 quando scatenarono la prima guerra contro lo stato ebraico. Quasi tutti hanno accettato la presenza di Israele e hanno normalizzato le relazioni. I palestinesi no, sono regrediti e oggi decide le loro sorti un movimento fondamentalista islamico. In Cisgiordania non si vota dal 2006 quando vinse Hamas e tutti quelli che lucrano su un sistema bloccato cercano di non fare nulla per non rischiare. Tanto un nemico su cui scaricare le responsabilità c’è.

La strategia per la quale Hamas ha scatenato questa guerra è quella, dichiarata nel suo statuto, di allontanare tutti gli stati arabi da qualunque accordo di pace con Israele, la finalità è la distruzione dello stato ebraico ormai diventato un modello di successo – economico, sociale, civile, culturale – di stampo occidentale in un contesto di arretratezza e di oscurantismo che avvolge tutto il nord Africa e il Medio Oriente.

Chiunque voglia dominare in quella parte del mondo dall’Islam non può prescindere. Hamas chiarisce nel suo Statuto cosa implichi questa scelta. “La base del Movimento di Resistenza Islamico è l’Islam. Dall’Islam deriva le sue idee e i suoi precetti fondamentali, nonché la visione della vita, dell’universo e dell’umanità; e giudica tutte le sue azioni secondo l’Islam, ed è ispirato dall’Islam a correggere i suoi errori”. “Il Movimento di Resistenza Islamico consiste di musulmani che si sono dedicati interamente ad Allah e che lo adorano” “Allah è il suo scopo, il Profeta è il suo modello, il Corano è la sua costituzione” “La sua concezione dello spazio si estende ovunque i musulmani vivono, in ogni luogo sulla faccia della Terra” “L’Ultimo Giorno non verrà finché tutti i musulmani non combatteranno contro gli ebrei, e i musulmani non li uccideranno” “Le iniziative di pace, le cosiddette soluzioni pacifiche, le conferenze internazionali per risolvere il problema palestinese contraddicono tutte le credenze del Movimento di Resistenza Islamico. In verità, cedere qualunque parte della Palestina equivale a cedere una parte della religione”.

Israele, circondato da stati ostili, si è dovuto difendere fin dall’inizio. Ha rischiato di soccombere più volte, ma ha sempre vinto le sue guerre arrivando a fare la pace con la maggior parte delle potenze nemiche. È stato un capolavoro di tenacia e di lungimiranza che viene sempre oscurato dalle politiche dei governi di destra e di impronta religiosa che hanno esaltato la prepotenza esasperando i rapporti con la popolazione palestinese. Nonostante ciò due milioni sono gli arabi israeliani a dimostrazione che la convivenza è possibile.

Dopo tanti anni passati ad inseguire la soluzione dei due stati una cosa è chiara: i gruppi dirigenti palestinesi e i loro manovratori negli stati arabi non hanno mai voluto arrivare ad uno stato palestinese e sono sempre tornati alla lotta armata e al terrorismo. Anche quando a Camp David nel luglio del 2000 in ben due settimane di trattative presenziate dal Presidente degli Stati Uniti, il Primo Ministro di Israele Ehud Barak propose ad Arafat di costituire uno Stato palestinese nella Cisgiordania e nella Striscia di Gaza con capitale Gerusalemme est questi rifiutò. Perché? Forse perché la sceneggiata delle interminabili trattative serviva per stare al centro della scena mondiale e per non andare contro l’odio anti ebraico del mondo islamico?

 

L’Islam è il collante ideologico delle popolazioni di mezza Africa, del Medio Oriente e della penisola arabica. In alcuni stati arabi fu tentata la strada della laicità, ma fallì ovunque e solo dei regimi dittatoriali militari impediscono tuttora che la Fratellanza musulmana governi centinaia di milioni di persone. Persino in Turchia la strada del padre della patria Ataturk è stata invertita da Erdogan in un ventennio di potere condito da riforme e (finti) colpi di stato.

In questa situazione abbiamo un problema in Europa: molti festeggiano l’attacco di Hamas ad Israele e non si tratta solo di immigrati che evidentemente non hanno alcun desiderio di integrarsi, o di figli di immigrati. Il fronte degli odiatori di Israele è vasto e interroga tutti. Vivere in un paese occidentale, godere del privilegio di essere liberi, di poter determinare il governo del proprio paese, di scegliere i comportamenti sessuali preferiti, di avere a disposizione servizi e protezione sociali inimmaginabili altrove e il benessere economico che tutti i migranti desiderano raggiungere e poi prendere le parti di un movimento terrorista di fanatismo islamico tra i peggiori esistenti al mondo che senso ha?

Il fenomeno era già emerso allo scoppio della guerra in Ucraina. Gli odiatori si erano messi in moto sotto le più diverse bandiere in nome di un antioccidentalismo retrogrado travestito con motivazioni di grande comprensione delle esigenze imperiali di Mosca e con i pacifisti infuriati contro la resistenza ucraina e non contro l’invasore. L’infamia della quale si è macchiato questo mondo variegato ben acquattato tra gli agi dell’Occidente viene adesso eguagliata dall’altra infamia di prendere le parti dei massacratori dei palestinesi, fanatici islamisti senza altra idea che ristabilire su tutte le terre raggiunte dall’espansione delle guerre musulmane nei secoli passati il dominio dell’Islam (questo sta scritto nel manifesto-statuto di Hamas) pensando di stare dalla parte della giustizia.

Infine cambia qualcosa anche in tema di immigrazione. Gli sbarchi incontrollati di non si sa chi non possono più essere affrontati come un semplice problema umanitario. Anche attribuire il diritto di asilo a chiunque dichiari di vivere male nella sua terra di origine per qualsivoglia motivo (questa la sostanza della proposta di Giuliano Amato e del Pd) appare una volo di fantasia con un  pizzico di follia. Ma di questo se ne riparlerà presto

Claudio Lombardi

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