Il problema dell’Islam oggi
Alcune citazioni da un post di Luca Schieppati con una riflessione sulla natura dell’integralismo religioso islamico.
Il ragionamento prende come traccia un articolo di Domenico Quirico su La Stampa (3 gennaio 2025). Per lui si tratta di una questione teologica di un certo Islam. Il vecchio slogan del califfato era «baqiya», da tradurre «che esiste», «che persiste», dunque qualcosa che è là per durare. Messaggio chiaro e rassicurante per i combattenti e le aspiranti reclute: le sconfitte e le eliminazioni fisiche dei “califfi” sono stati solo un episodio nella purificazione spietata del mondo dall’imperfezione dell’uomo con tempi lunghi come quelli di Dio. In questo approccio c’è la consapevolezza del destino di vittoria finale e di redenzione con un solo singolo atto: l’adesione alla guerra santa.
Ci sono due errori da evitare. Il primo è utilizzare categorie di pensiero occidentali a partire dalla temporalità. Per l’Islam il tempo non è lineare ma è un eterno presente. Un presente nel quale in quello che noi chiamiamo passato tutto era Islam ma non sapeva di esserlo oppure era il male, e in quello che noi chiamiamo futuro c’è l’Islam e tutto il resto che è il male da eradicare. Il secondo errore è quello di limitarsi a valutare una delle aree di crisi – Gaza per esempio – pensando che il problema sia quello.
Il territorio dell’ex Mandato britannico di Palestina è solo una delle aree e gli altri conflitti che hanno la stessa dinamica non c’entrano un accidente con gli Ebrei. Per esempio la Nigeria o la Somalia, ma in realtà il conflitto è lo stesso, in tutto il mondo.
In Nigeria è in atto una pulizia etnica silenziosa dei cristiani; in Somalia invece, carnefici e vittime sono tutte di fede islamica. Quirico coglie un altro degli aspetti che è il conflitto intra islamico. Sarebbe infatti un gravissimo errore pensare che l’Islam sia un monolite. Infatti le maggioranze violente sunnite e sciite sono molto differenti dalle minoranze moderate (sempre più esigue), dai Sufi e dagli Ibaditi.
Quirico ha scritto che il radicale sta soppiantando (oltre che il Cristianesimo e le religioni tradizionali) l’Islam moderato nell’Africa subsahariana. Ebbene, questa cosa è già avvenuta secoli fa in Africa del Nord. All’inizio una enorme fetta dei Musulmani in Africa del Nord erano gli Ibaditi, cioè quelli pacifisti e non violenti dell’Oman, oggi unico territorio in cui sono stati relegati e in cui sono sopravvissuti, perché a un certo punto hanno deciso di difendersi. L’Islam violento li ha semplicemente sterminati dopo averli dichiarati eretici. Infatti gli abitanti del Nord Africa adesso sono quasi tutti Arabi e non sono più i popoli originali dell’Africa del Nord ex romana convertitisi. Unica eccezione, notevole, l’Egitto. Che anche in epoca storica era il rifugio degli intellettuali islamici non integralisti.
Dal VII secolo ad oggi abbiamo visto un’espansione da parte dell’Islam più violento, con eliminazione fisica delle controparti. Sono stati eliminati quasi dovunque infedeli e moderati. Le uniche parti in cui l’Islam non ha fatto tabula rasa di ciò che c’era prima sono state quelle in cui è stato sconfitto militarmente ed è purtroppo stato ripagato con la stessa moneta: l’eradicazione totale. La Spagna a fine XV Secolo, l’Impero Asburgico tra XV e XVIII Secolo o l’India.
Il problema è che siamo davanti a qualcosa che è la civiltà più colonialista e violentemente espansionistica che la storia abbia mai visto. Sto parlando dell’Islam oggi maggioritario, che è feroce della stessa ferocia anche contro i moderati all’interno della religione. L’Islam che si radicalizzò dopo essere stato a contatto della civiltà più feroce che abbia mai visto il vecchio mondo, quella dell’espansione mongola di Gengis Khan. I Turchi Infatti sono mongoli islamizzati.
In questa chiave vanno letti gli attentati nel mondo occidentale, che non sono opera di “pazzi”, ma di gente che ci crede e cerca il martirio. Altra cosa che in Occidente non siamo più in grado di capire: credere in qualcosa. Non necessariamente una religione, ma anche nei valori di libertà e democrazia. O recuperiamo la capacità di credere in noi stessi, o la civiltà occidentale è finita.
Lo so che è più comodo credere nella favoletta degli Ebrei cattivi (e chiamarli sionisti perché se no a chi parla cade la maschera). Credeteci pure. Ma, piaccia o non piaccia, gli Ebrei sono gli Armeni che non si sono fatti massacrare, sono i Curdi che ce l’hanno fatta. Sono i Viennesi dopo Giovanni Sobieski. E sono un aspetto del problema che è insignificante, per le dimensioni dell’Islam. Israele è una puntura di spillo per un elefante. Parafrasando Cardini, “l’Islam è una cosa che va da Gibilterra a Brunei, da Sarajevo a Mogadiscio. Gli Ebrei fanno il solletico all’Islam”. Sono ingigantiti perché l’Occidente è antisemita e fa comodo, fa presa. Ma non c’è differenza tra Tel Aviv, New Orleans, Timor Est e Mogadiscio. E più saranno, più questa “musica del Kalashnikov” si farà forte così come la realtà dei ragazzi di seconda o terza generazione, formalmente integratissimi, ma compatti con i loro trisnonni che combatterono con Faysal.
Benvenuti in Europa, sempre più “dar al-Harb”, terra della guerra.


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