Riflessioni di mezza estate
Come al solito la pausa estiva non è stata proprio una pausa per tutti. La crisi greca, il dramma dei migranti, gli attentati in varie parti del mondo, le guerre più o meno striscianti in corso, l’altalena dell’economia, gli affari di casa nostra. Tutto ci ha trasmesso il messaggio che noi possiamo pensare di essere in pausa, ma i problemi aperti e le scelte politiche per affrontarli in ogni contesto non si fermano mai.
Le questioni possono essere grandi o piccole; dipende da quanto impattino sulla vita di ciascuno e da come siano impostate da chi poi ha il potere/dovere di decidere. Cominciamo dall’assunzione degli insegnanti decisa con legge un mese fa. In tanti hanno fatto domanda accettando di poter essere spostati in sedi lontane da quelle abituali. Tanti altri hanno detto di no. Chi ha ragione? Tutti. In questi casi bisogna usare il buonsenso e rassegnarsi ai tempi lunghi. Non si può dire che è un’ingiustizia offrire lavoro là dove c’è e non si può dire che è un ingrato chi non se la sente di cambiare la sua vita per accettarlo. La situazione della scuola è così ingarbugliata che ci vorranno anni per renderla più chiara, più ordinata, più soddisfacente per tutti. Inutile sperare nella soluzione immediata che faccia contenti tutti. (Tra l’altro nei “tutti” bisognerebbe mettere al primo posto il servizio che la scuola deve svolgere e i risultati che deve raggiungere. Proprio quello che non si fa). Il punto è domandarsi perchè si è arrivati a questo punto di rinvio in rinvio.
Altra questione, i migranti. Ormai sono una presenza costante sulle prime pagine dei notiziari. Qualcuno può ancora avere dei dubbi sul fenomeno epocale che si sta verificando? Milioni di persone si spostano dall’Africa all’Europa per fuggire dalle guerre, dalla fame, da vite senza speranza. Chi dice che bisogna respingerli (Salvini per esempio) in realtà non dice nulla di utile e se ne lava le mani. Una migrazione va gestita e l’unico modo per contrastarla e frenarla è andare alla radice dei motivi per i quali si fugge. Non sono cose che si risolvono in fretta, ma certo un’azione comune di tutta l’Europa (almeno) può fare la differenza e non solo per pattugliare il Mediterraneo. Bisogna stare coi piedi per terra. Né si può soltanto fare appello ad un’accoglienza totale incolpando proprio i paesi che mandano le loro navi a soccorrere i naufraghi (come sembra fare il Papa che però è un’autorità morale e non politica), né si può illudere che basti fare la voce grossa per bloccare le partenze (come fanno tanti politici). Sembra strano, ma proprio tra questi due estremi, entrambi irrealistici, oscilla il dibattito pubblico mentre i governi e gli organismi internazionali che dovrebbero trovare le soluzioni sembra non sappiano che fare. Ancora una volta chi può/deve decidere fa finta che il problema si possa risolvere da solo e rinvia.
La crisi greca ha dimostrato l’estrema debolezza dell’Unione Europea e dell’eurozona in particolare appesa ad una moneta, ma priva di una unità politica di fondo. I rapporti di forza tra i singoli paesi dominano la scena e non sembra che andare oltre sia una cosa così facile come appare in tante invocazioni di federalismo e di democrazia. Intanto sarebbe buona cosa che le élites dirigenti nei singoli paesi si impegnassero ad adeguare i sistemi di governo ad uno standard di onestà e di dedizione all’interesse generale che indirizzi i popoli verso culture e comportamenti di rifiuto della corruzione, del clientelismo, del malaffare, dell’illegalità, di sfruttamento privato delle risorse pubbliche nel nome di una comune identità europea. Concentrarsi su questo invece che sul 3%, o sul pareggio di bilancio sarebbe una bella svolta per l’Europa perché metterebbe le basi di una cultura civile condivisa. Ma è l’ultima cosa di cui si discute.
Tre esempi molto diversi tra loro. Tre casi nei quali il troppo tempo trascorso non volendo vedere la realtà per tirare a campare il più a lungo possibile per non dover scegliere ha creato i problemi invece di risolverli
C. L.
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