CHI HA VINTO COSA – CHI HA PERSO COSA
Di fronte ad un accordo che ferma una guerra la prima impressione non può che essere positiva.
Per quel che ne sappiamo saranno liberati gli ostaggi vivi e l’IDF arretrerà dalle posizioni raggiunte a Gaza city. Un grande risultato per Israele? Obiettivamente no. La capacità militare di Hamas è stata duramente colpita, ma non eliminata. Finchè resteranno tunnel e uomini armati (centinaia? migliaia?) la forza di Hamas nella realtà di Gaza avrà un peso e gli tornerà utile il concetto che suona molto bene alle orecchie europee “autodeterminazione del popolo palestinese”. In quel mondo non esiste e si intende come spartizione del potere tra clan, gruppi armati e famiglie tribali capaci di generare gruppi e sigle per nascondere i vecchi padroni.
Difficilmente Hamas consegnerà veramente le armi e i suoi uomini lasceranno Gaza. Più facile che le nasconderanno e che si confonderanno con i civili come hanno fatto durante tutta la guerra dando vita ad attentati e provocazioni. Chi amministrerà Gaza dovrà farci i conti.
Israele non poteva continuare la guerra. Divisioni tra israeliani con il movimento radunato intorno alle famiglie degli ostaggi che invocava null’altro che la resa, con l’opposizione allenata da anni a dare contro ad un governo troppo condizionato dalle ali estreme di Ben Gvir e Smotrich, con i vertici militari contrari ad inseguire la sconfitta totale di Hamas. E poi la pressione internazionale con la maggioranza degli stati favorevoli ai palestinesi (in realtà agli islamisti camuffati da questione palestinese e agli islamici con i loro due miliardi di fedeli), con il riconoscimento dello stato palestinese che ha dilagato nel mondo in una gara insensata dei governi a “fare qualcosa” da mostrare alle opinioni pubbliche, con i media europei in gran parte a sostegno di Hamas.
Trump non ha puntato sulla vittoria di Israele, ma ha consentito che avanzasse fino al limite permesso dal sostegno al Piano dei paesi arabi e musulmani che, sì, volevano togliersi di torno Hamas, ma senza che Israele stravincesse. Nel sottile gioco dell’egemonia in medio oriente gli Accordi di Abramo e gli equilibri futuri hanno determinato un risultato parziale ancora tutto da definire e molto precario. Positivo certamente per il nuovo ruolo degli Stati Uniti e per il sostegno agli Accordi del mondo arabo e musulmano.
Di certo, Israele per difendersi e provare ad eliminare la minaccia di Hamas e dell’Iran, ha pagato il prezzo della guerra e dell’infamia di essere considerato uno stato criminale. Riavrà gli ostaggi al prezzo della scarcerazione di palestinesi nel rapporto di 100 a 1. Tra i risultati positivi potrà mettere i colpi inflitti ad Hezbollah, all’Iran, agli Houthi, alla Jihad oltre che ad Hamas, ma nulla di definitivo e non è detto che non si riprenderanno e che non torneranno alle loro provocazioni.
Israele sarà sempre sotto tiro e bisognava che avesse il sostegno di Trump per andare fino in fondo. Non solo non c’è stato, ma Trump ha di fatto impedito che l’attacco all’Iran portasse al rovesciamento del regime (sarebbe bastato attaccare i Pasdaran per impedire che si tornasse alla più dura repressione delle opposizioni con mille condanne a morte già eseguite), e ha impedito che l’eliminazione di Hamas si concludesse in nome del superiore interesse a mantenere un asse strategico con i paesi arabi e islamici.
Claudio Lombardi


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