La Pasqua, la pace e i suoi nemici
Nel nome della pace si festeggia la Pasqua. L’immagine del Cristo in croce è l’immagine di un’umanità che soffre, ma poi risorge cioè si rigenera e rinasce trasformata. Il mondo, però, sembra ogni volta smentire questo desiderio di rinascita nella pace.
Il massacro di Garissa in Kenya è solo uno degli innumerevoli episodi della ferocia che ha sempre accompagnato la storia dell’umanità. L’idea della bontà originaria dell’essere umano appare come una consolazione, uno slancio della volontà, il sogno di un ideale che si realizza. Purtroppo non è così. L’uomo può essere buono o cattivo, mite o feroce. In ognuno sono presenti istinti, raziocinio e cultura ben mescolati tra loro. Di volta in volta l’uno o l’altro prendono la guida della mente e delle azioni. Per questo un aggressore si deve per forza fermare con una forza che lo sovrasti. Per questo non bastano i buoni sentimenti e le parole ad affrontare conflitti che si traducono in scontri aperti.
E tuttavia il progresso è sempre stato innanzitutto quello di prendere coscienza della propria comune umanità e del rispetto che le è dovuto. Oggi qui in occidente assistiamo esterrefatti ai massacri che vengono compiuti nel nome di una fazione religiosa. Oggi sono i cristiani a subire la ferocia di gente che non si è ancora affacciata alla civiltà e che capisce solo il linguaggio ottuso della violenza e di una gerarchia spietata in cima alla quale hanno posto un dio di cui loro si sono autonominati rappresentanti e in nome del quale tutto è permesso.
Ma ieri la violenza era tra noi, era il nostro pane quotidiano. Non c’è bisogno di andare molto in là nel tempo per trovarla. Basta arrivare agli anni ’30 e ’40 del secolo passato, basta abbracciare i pochi anni di una guerra mondiale che ha distrutto decine di milioni di vite e di un Olocausto che ha realizzato il genocidio di milioni di ebrei per riconoscere la malvagità che abita in ogni essere umano. Anni lontani? E allora vediamo che succede oltre il Mediterraneo. Magari riprendiamo qualche immagine di una delle tante guerre che si sono svolte a poche centinaia di km dalle nostre coste. Vediamo come vengono trattati quelli che scappano dall’Africa prima ancora che mettano piede su un barcone.
Troppo lontano? Avviciniamo lo sguardo ai luoghi dove si sono svolti tanti omicidi delle nostre organizzazioni criminali. Cosa hanno fatto le italianissime mafie? Non avevano un dio nel cui nome trucidare, assassinare, torturare, sciogliere nell’acido. Avevano solo il loro interesse di mantenere il potere per sfruttare a sangue il territorio e la sua gente.
E lo stragismo dove lo mettiamo? Chi erano quelli che hanno messo bombe che hanno ucciso a caso sui treni, nelle stazioni, per strada, in uffici pubblici? In nome di cosa hanno pensato di avere il diritto di farlo?
Il campionario della violenza è molto vasto, ma non è un motivo per accettarla e per subirla. È un motivo, invece, per reagire in modi sempre più efficaci. Di volta in volta occorre dotarsi di strumenti diversi e usarli. La costante della ricerca di un dialogo e del confronto tra culture e opinioni diverse deve accompagnare ogni azione di contrasto e di repressione, ma, da sola, non può servire a nulla.
La libertà non si afferma solo conquistando le menti e i cuori delle persone. Si afferma anche reagendo. Chi ci vuole imporre la sua cieca violenza in nome di una religione, di un interesse personale, di un disegno politico deve essere represso e bloccato. Deve sapere che i paesi civili che credono nella libertà e nella democrazia hanno una forza maggiore di chi vorrebbe schiacciare sia l’una che l’altra. E questo vale sia verso il nemico interno che verso quello esterno. L’uso della forza per difendere libertà e democrazia è indispensabile. Più ci si mostra disponibili al dialogo, più si è rispettosi delle diversità, più si offrono garanzie e tutele, più bisogna saper usare la forza. La storia non fa sconti a chi non sa difendersi
Claudio Lombardi
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Fornisci il tuo contributo!