Riforma della magistratura: polemiche e verità

Bisogna partire necessariamente dall’art 111 della Costituzione riscritto nel 1999. Lì sta la premessa alla quale avrebbe dovuto far seguito la riforma approvata oggi dal Parlamento dopo “appena” 26 anni.

La Costituzione stabilisce che “La giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge. Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità davanti a giudice terzo e imparziale”.

Letto bene? “Giudice terzo e imparziale” quindi non collega del PM e non valutato dallo stesso CSM al quale spettano “le assunzioni, le assegnazioni ed i trasferimenti, le promozioni e i provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati” Tutti, giudicanti e requirenti insieme. Si intuisce subito che c’è qualcosa che non quadra. La soluzione è consequenziale: far amministrare le due tipologie di magistrati da due CSM distinti, uno per i giudicanti e uno per i requirenti. Senza toccare l’autonomia e l’indipendenza della magistratura (art 104 Costituzione). Semplice, no?

Il piatto forte però è l’istituzione di un’Alta corte disciplinare alla quale spetterà gestire i procedimenti disciplinari nei confronti dei magistrati. Attualmente è il CSM unico a gestirli e l’esperienza insegna che è lecito dubitare dell’imparzialità nel senso che i magistrati, giudicati dai loro colleghi, raramente subiscono sanzioni. Non che l’Alta corte sia nelle mani di soggetti terzi perché vi è assicurata una maggioranza di “togati” rispetto ai laici nominati dal Parlamento e dal Presidente della Repubblica (9 su 15). Saranno giudizi più credibili? Non se ne ha certezza, ma qualcosa cambierà.

La rivoluzione è l’estrazione a sorte dei rappresentanti dei magistrati sia nei due CSM che nell’Alta corte. Il sistema attuale è quello che fu scoperchiato con lo scandalo Palamara nel 2019. Si trattava semplicemente della spartizione di tutte le cariche assegnate dal CSM tra le correnti politiche della magistratura in un processo complicato e segreto di mercanteggiamento anche con l’intervento di esponenti di alcuni partiti politici. Nelle intercettazioni finirono persino decisioni che riguardavano i procedimenti penali da avviare a carico di alcuni politici (e diciamolo: Salvini). Emersero così squarci di un sistema di gestione delle azioni penali finalizzate a conseguire obiettivi politici grazie ai “processi mediatici” imbastiti dai “megafoni” delle procure ovvero dai giornalisti amici che ricevevano, probabilmente dagli stessi procuratori, documenti riservati da pubblicare sulla stampa. Il metodo quasi certamente fu avviato all’epoca di “Mani pulite” e dura tuttora sicchè l’opinione pubblica si è abituata a svolgere i processi con la guida sapiente di giornalisti e procuratori (oggi un po’ meno perché devono limitare i loro interventi via stampa e tv rispetto al passato) durante la fase delle indagini. Gli indagati possono tuttora venir “processati e condannati” davanti all’opinione pubblica ancor prima che ci sia il rinvio a giudizio. Per molti anni un avviso di garanzia bastava per pretendere dai politici le dimissioni dai loro incarichi ed ottenere la fine delle loro carriere. Oggi se ne discute, ma il caso Toti (indagato e agli arresti domiciliari col ricatto delle dimissioni per tornare libero) è recente e dimostra che il sistema è ancora quello.

Ma, se tutto è così chiaro perché c’è chi grida all’attentato alla Costituzione? Perché la segretaria del Pd denuncia il tentativo di sottomettere i PM al comando del governo? Una semplice contraffazione della verità che dimostra quanto questa riforma colpisca l’intreccio di potere tra una parte dei PM, una parte dei giornalisti e alcuni partiti politici. Un potere che va contro la Costituzione e la libertà dei cittadini sia chiaro.

Il comunicato di oggi dell’Associazione Nazionale Magistrati spiega quale sia la posta in gioco talmente è intriso di falsità e di deformazioni del vero. Eccolo.

“Questa riforma ALTERA L’ASSETTO DEI POTERI disegnato dai costituenti e mette in pericolo la piena realizzazione del PRINCIPIO DI UGUAGLIANZA dei cittadini davanti alla legge. Una riforma che non rende la giustizia più rapida o più efficiente ma la rende più ESPOSTA ALL’INFLUENZA DEI POTERI ESTERNI. Una riforma che NON AUMENTA IL NUMERO DEI MAGISTRATI che resta tra i più bassi in Europa, né colma le lacune dell’organico amministrativo. Una riforma che NON INVESTE RISORSE per far funzionare meglio il sistema giustizia ma rischia al contrario di triplicare i costi con lo sdoppiamento del Csm e l’istituzione dell’Alta corte disciplinare”.

Vediamo punto per punto

1 la riforma non tocca l’assetto dei poteri basato sull’indipendenza della magistratura che RESTA IMMUTATO ed è fissato dall’art 104 della Costituzione (“La magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere”)

2 l’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge è tirata in ballo per alzare polvere perché non è in alcun modo toccata dall’istituzione di due CSM e da una corte per i procedimenti disciplinari. Al contrario, quest’ultima può rendere i magistrati più responsabili dei loro atti dato che oggi i magistrati e i PM, in particolare,  godono di poteri fin troppo ampi e non rispondono quasi mai dei loro errori

3 la riforma non si occupa di organici e di spese perché è una riforma costituzionale dell’ordinamento della magistratura e non potrebbe mai disporre nuove spese; l’ANM per buttarla in caciara tira in ballo organici e spese per la giustizia. Saranno le leggi ordinarie di attuazione ad occuparsene. Come è ovvio.

Tutto chiaro? ANM e opposizioni accompagnati dai media amici strillano tanto perché si tocca il loro potere il che fa pensare che finora ne abbiano abusato. Basta scorrere le cronache giudiziarie degli ultimi trent’anni per capire che è così

Claudio Lombardi

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