Espulsioni dal M5S: un cattivo esempio
L’espulsione dal M5S dei 4 senatori che hanno criticato Grillo fa riflettere perché è troppo grande la contraddizione fra i proclami di liberazione dall’oppressione partitica in nome di un movimento senza gerarchia e senza organizzazione (ricordate il “Non statuto” e “uno vale uno”?) e la pratica di un dominio quasi assoluto da parte di un capo che non può essere criticato in alcun modo.
Ormai siamo abituati al modo di fare di Grillo, aggressivo, arrogante e prepotente e non ci stupiamo più che un movimento di cittadini sia gestito come una setta di fanatici. Siamo abituati, ma facciamo male perché dovremmo scandalizzarci. E dovremmo ripetere che si tratta di un movimento imprigionato dentro un blog personale e al suo servizio, con la pretesa di gestirlo via internet, ma con i server di rete che non garantiscono alcuna trasparenza.
È paradossale che un movimento di cittadini abbia un regime interno antidemocratico e che la maggioranza reagisca con rabbiosa ostilità nei confronti del libero confronto delle idee. È paradossale perché mostra la cultura vera che viene condivisa da chi si riconosce nel M5S ed è una cultura che non porta a nessun rinnovamento e che non serve a migliorare la politica.
In ogni periodo storico ci sono stati movimenti di popolo improntati al fanatismo, ma oggi ci sono tutti gli strumenti per non ricadere nella trappola di un capo carismatico che infiamma le folle e le porta al disastro. Per fortuna in questo caso si tratta solo di atteggiamenti autoritari e illiberali che si risolvono dentro il M5S, ma l’esempio che danno è cattivo e fomenta la cultura dell’intolleranza
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