I veri costi della politica: il caso Fonsai

Il caso Cancellieri ha riportato l’attenzione sulle azioni della famiglia Ligresti accusata di aver sistematicamente spogliato Fonsai e per questo finita agli arresti. La storia della famiglia Ligresti non sarebbe stata la stessa se non ci fosse stato fin dall’inizio un intreccio tra poteri politici, finanza e alta amministrazione pubblica. Gli stessi poteri che si sono schierati a copertura degli illeciti commessi dal clan e che hanno pilotato la finta fusione con Unipol realizzata senza Opa e, quindi, annullando il valore delle azioni Fonsai nelle mani dei piccoli azionisti.

All’epoca del massimo fulgore del potere craxiano Salvatore Ligresti a Milano è il costruttore numero uno, legato a filo doppio al Psi di Bettino Craxi e in grado di pilotare varianti al piano regolatore che rendono edificabili i terreni agricoli acquistati da Ligresti alla periferia di Milano. Un colpo da manuale che vale miliardi.

Le coperture politiche di cui ha sempre goduto Ligresti sono state un elemento fondamentale dei suoi affari. Senza coperture politiche (ad ampio spettro: dal centrosinistra alla destra estrema dei neofascisti) Ligresti non avrebbe potuto arricchirsi con l’edilizia, conquistare Fondiaria (operazione condotta da Mediobanca), usare Fonsai come il bancomat di famiglia senza mai trovare un ostacolo nell’Isvap (autorità di controllo delle società di assicurazione) e nella Consob (controllo del mercato finanziario).

Chi frequentava i piani alti del potere non poteva non sapere cosa stavano facendo i Ligresti che hanno sempre goduto dell’appoggio delle banche (Unicredit e Mediobanca in particolare) riuscendo ad ottenere crediti che le aziende sane non ricevevano. Così l’intreccio tra politica, finanza, autorità di controllo e affarismo delinquenziale ha funzionato e ha prodotto un danno economico al Paese e a migliaia di piccoli azionisti che hanno perso il 90% dei loro risparmi

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