Il rinnovamento del Partito Democratico secondo Occupy PD
Di crisi dei partiti si parla ormai da molti anni e di notizie su ciò che sta accadendo all’interno del Pd sono pieni i giornali. Le crisi, però portano anche cambiamenti. Uno di questi, il più rilevante, è la nascita tra i militanti del Pd di un movimento che si è dato il nome di Occupy Pd. Abbiamo raccolto il punto di vista di Paolo (41 anni), Francesco (33 anni) e Raffaele (41 anni)
D: Nella sua breve storia il Pd ha suscitato ondate di partecipazione (le primarie ad esempio) ed ondate di delusione o di sfiducia. Il movimento Occupy Pd appare un pò anomalo perchè esprime un grande bisogno di partecipazione partendo dalla delusione, ma invece di guardare ad altre forze politiche vuole rilanciare proprio il PD. Inevitabile chiedere ai protagonisti i motivi di questa scelta sotto due diversi profili. Cominciamo dal primo: il Pd è riformabile ovvero è possibile sottrarlo ai giochi di corrente e di gruppo che sembrano dominarlo?
Paolo: Non so se il PD è riformabile, ma so che il vero PD, quello in cui molti di noi avevano creduto al momento della sua costituzione, deve ancora nascere realmente. Il nostro tentativo è quello di far capire che o il PD sarà qualcosa che innova la politica italiana ed europea o non sarà. Per questo in modo spontaneo ci siamo organizzati, per dimostrare che siamo molti di più, e soprattutto meglio, di quei 101 che hanno affossato una idea di partito nuovo, prima che una persona non votando Prodi alla Presidenza della Repubblica. Per questo diciamo che il vero PD siamo noi insieme a migliaia di militanti che si impegnano ogni giorno e non i soliti nomi che da oltre 20 anni si leggono sui giornali o si vedono in TV che ripetono sempre le stesse cose e di certo non possono essere il simbolo del cambiamento.
Raffaele: Il PD è senz’altro riformabile. Certo non sarà facile. La vicenda dei 101 (o forse più) rappresenta la sintesi di tutto ciò che il PD non è stato, a partire dalla sua fondazione. Però il Pd è anche fatto dai suoi militanti e dai suoi elettori, che nella maggior parte dei casi si sono mostrati migliori dei propri dirigenti. Ed è fatto anche da amministratori, uomini e donne, serie e competenti che sono stati premiati, pur in presenza di un’astensione senza precedenti e nonostante il PD nazionale, alle recenti elezioni comunali. Il PD potrà tanto più riformarsi quanto più si mostrerà aperto e inclusivo nei confronti degli elettori, soprattutto dei giovani elettori. Quanto più saprà “contaminarsi”. Quanto più abbandonerà i riti che si consumano nei circoli e che, a salire, si ripetono nei vari livelli di governo del partito. Decisioni prese nei cosiddetti caminetti e che non nascono mai da un dibattito aperto, libero da condizionamenti. Auspico una partecipazione “alla pari” del singolo iscritto, del singolo elettore, che discutono con il parlamentare, con il sindaco, con l’assessore. Giorno per giorno, e non soltanto in occasione dei congressi o delle primarie. Ecco, credo che con questo metodo di lavoro le correnti sarebbero in grande difficoltà. E il PD ri-acquisirebbe appeal presso l’elettorato. Un buon metodo anche per sconfiggere l’astensionismo.
Francesco: Il partito ha bisogno di una rigenerazione, è confortante il fatto che questo bisogno provenga proprio dalla base perchè a cambiare i dirigenti si fa sempre in tempo. Il congresso lo si fa per parlare del partito e del tipo di società che vogliamo cioè di come vogliamo cambiare attraverso questo partito la società. Il partito democratico non è quindi l’obiettivo finale (certe volte sembra questa la logica delle correnti), ma è il modo per avvicinare l’individuo al benessere collettivo. Rigenerazione del Pd significa anche riscoperta di una partecipazione più attiva della base che non si esprime solo con le primarie, (che restano imprescindibili), ma anche con lo strumento del referendum presente nello statuto e finora mai utilizzato.
D: La seconda domanda è un po’ brutale: perché le vicende del Pd dovrebbero interessare gli italiani?
Paolo: Perché può essere lo strumento per cambiare il paese. Questa era l’ambizione originaria e a questo obiettivo noi rimaniamo legati. In primis attraverso nuovi strumenti di coinvolgimento democratico tipo le primarie, ma poi per dare uno spazio di discussione e di decisione a tutti quei soggetti della società civile che si impegnano su questioni specifiche. Dare spazio a chi sta fuori da un partito significa imparare sempre qualcosa. Far contare nelle decisioni chi è dentro un Partito significa realizzare in concreto la democrazia nel nostro paese. E’ questo che è in gioco nel prossimo congresso di “rifondazione” del PD, e credo che il risultato che ne uscirà non sarà indifferente per il futuro del governo, degli assetti politici nazionali e dunque degli italiani.
Francesco: Le vicende del Pd necessariamente e direi naturalmente interessano la gran parte dei cittadini in primo luogo perchè dal Pd può partire la riforma dei partiti e questo migliorerebbe di molto il funzionamento del sistema democratico (il che farebbe un gran bene all’Italia e magari sarebbe il caso che anche altri partiti si ponessero il problema). In secondo luogo un partito rinnovato deve essere più aperto e accogliere e dare voce anche a tante persone che si sentono respinte oggi da una logica di chiusura (le giovani generazioni, i precari ecc.). E pure questo farebbe bene all’Italia.
Raffaele: Perché la sorte del Pd deve interessare gli italiani? Perché l’uomo solo al comando non risolve i problemi del Paese. L’abbiamo visto in questi vent’anni, lo stiamo vedendo in questi giorni. I partiti “uninominali” non sono in grado di dare risposte ai problemi dei cittadini, delle imprese, delle giovani generazioni. Serve un progetto collettivo. Serve la politica. E nel campo del centrosinistra italiano l’unica “entità” in grado di dare una prospettiva al Paese si chiama Partito Democratico. Certo, serve tornare allo spirito costituente del 2007 e parlare di temi, di idee, di proposte politiche piuttosto che di leadership. Auspico quindi che il prossimo congresso sia davvero fondativo e che da esso scaturisca un progetto che parli agli italiani e che indichi una direzione verso la quale muoversi insieme, da qui ai prossimi anni.
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