Alcune domande sul COP21
Finiamo il mese e iniziamo la settimana con alcuni quesiti a latere del vertice di Parigi (COP21) sui mutamenti climatici e sulle misure di intervento:
1) E’ definitivamente accertata l’origine antropica del mutamento climatico in corso? Non esistono altre spiegazioni scientifiche del fenomeno? Se é accertata, quale è l’organismo scientifico internazionale che ha preso questa decisione? Nominato da chi?
2) Quali sono i modelli fisici in base ai quali vengono fatte proiezioni temporali sull’aumento del livello delle acque oceaniche? Che validazione scientifica hanno avuto nel corso di questi anni?
3) Dal momento che i paesi che maggiormente utilizzano impianti a carbone (India e Cina, tra gli altri) e il paese che più ha disboscato in questi anni (il Brasile) hanno già dichiarato che continueranno nella loro politica energetica, a Parigi di cosa stanno discutendo?
4) Al COP21 partecipano anche i paesi produttori di carbone e petrolio? Votano sulle decisioni da prendere?
4) Quale è la forma di produzione di energia che, considerata nel suo ciclo globale (compresa la produzione di rifiuti solidi, liquidi e aeriformi), contribuisce di meno all’emissione di gas serra? Ripeto “considerata nel suo ciclo globale”, non nella parte che fa comodo a qualcuno.
5) Vista la grande rilevanza economica delle decisioni prese, i costi economici vengono ridistribuiti in base alla percentuale di inquinamento prodotto dai paesi o in base ad altri criteri? Perché chi inquina di più (tipo Cina e India, per esempio) non deve pagare di più?
Conosco una miriade di ambientalisti, naturalisti, ecologisti, climatologi e altro ancora (politologi, per esempio) e mi immagino abbiano risposte valide ai quesiti.
Quanto sopra dovrebbe invitare alla riflessione sui fondamenti reali che hanno eventi importanti, quando non decisivi, per il nostro futuro. Le scelte energetiche di questi ultimi decenni non sono mai state prese sulla base di motivazioni scientifiche e nell’ottimizzazione delle risorse e nella minimizzazione dell’inquinamento ambientale, ma solo in base a convenienze economiche e strategiche delle grandi potenze mondiali. Ed al loro seguito si sono distinte anche gran parte delle associazioni ambientaliste spesso con analisi approssimative e superficiali, ma condotte nel solco di convinzioni diffuse prive di un vero e proprio fondamento scientifico. Con il rischio di diventare vere e proprie “mosche cocchiere” di interessi forti.
Come non ricordare, per restare in ambito nazionale, il supporto dato da importanti associazioni ambientaliste all’utilizzo del gas naturale negli impianti energetici italiani, sponsorizzata all’epoca dall’ENI? E questo nonostante il gas naturale (metano) dia un grande contributo all’effetto serra, causa principale del riscaldamento globale!!
Su un altro versante bisogna dire che la campagna condotta contro l’utilizzo degli impianti nucleari ha messo in disparte il fatto che sia l’unica produzione di energia che non emette alcun inquinante aeriforme in grado di influire sull’effetto serra. È ovvio che il nucleare porta con sé i rischi di incidenti, ma questo va visto in relazione al livello tecnologico e alla capacità di progettare e gestire impianti con elevati standard di sicurezza. Se così non fosse l’Europa, nel cui territorio sono in funzione decine e decine di centrali nucleari, sarebbe un territorio desertificato. Con ciò non si intende assolutamente affermare la superiorità del nucleare, ma mettere in luce un metodo di approccio alle questioni ambientali e la parzialità di campagne e giudizi che spesso prescindono da riscontri scientifici esaurienti.
A volte si ha l’impressione che la scienza, con i suoi metodi e i suoi tempi molto lontani da quelli della politica e dei media, divenga un nemico da temere e da ignorare. Mentre, invece, sia ricoperto di un’aura di scientificità ciò che dovrebbe pur sempre restare nel campo delle ipotesi.
Sergio Mancioppi
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