Ancora su Greta e Vanessa

Sì ancora su Greta e Vanessa perché la loro storia è esemplare, in negativo però. Il fondatore dell’associazione in nome della quale erano andate in Siria dichiarò mesi fa: “Chiariamo una cosa: Horryaty non è un Organizzazione Governativa o una Onlus. E’ semplicemente un gruppo di tre persone che hanno a cuore un paese e hanno deciso di fare qualcosa per aiutarlo”. E quali scopi si proponeva questa organizzazione? Svolgere corsi di pronto soccorso e garantire continuità nell’assistenza ai malati cronici.

Dunque, un gruppo di tre persone, due delle quali erano le ventenni Greta e Vanessa, si proponeva scopi evidentemente sproporzionati all’organizzazione e alla competenza di cui poteva disporre. Per di più pensava di farlo senza alcun collegamento né col Ministero degli esteri né con altre organizzazioni dotate di mezzi, personale e contatti.

Che un riscatto sia stato pagato è ovvio. A meno di pensare che al-Nusra, gruppo islamista combattente che notoriamente si finanzia con i rapimenti, si sia trasformata, solo per le due italiane, in un ente di beneficenza. Un riscatto di quel tipo significa tanti soldi (fonti arabe hanno indicato 12 milioni di euro) perché il ricattato non è un privato, bensì uno stato.

Alcune domande e tanti dubbi sono legittimi perché se due ventenni credono in buona fede di poter organizzare corsi di pronto soccorso ed aiutare nell’assistenza di malati cronici senza avere alcuna competenza né personale né mezzi adeguati, ma riescono comunque ad arrivare in una zona di guerra qualcosa non torna. Specialmente se a capo dell’organizzazione c’è un 47enne che dovrebbe avere molta più saggezza delle due ventenni. Chissà se la magistratura ha pensato di fare due chiacchiere con il tizio, così, per capire se anche lui ha la testa nelle nuvole o ben piantata in terra. In particolare non è assurdo pensare che qualcuno abbia aiutato Greta e Vanessa fiutando il buon affare che si andava profilando. E non è fantascienza pensare che, di fronte ad un affare milionario, qualcuno abbia organizzato la cosa fin dall’Italia. Assurdo? Se pensiamo ai sequestri nostrani mica tanto. D’altra parte la situazione in Siria era ed è così complessa che non è possibile fidarsi di amicizie (magari strette su facebook) con gruppi di oppositori al regime.

Mettiamo da parte il problema che i soldi del riscatto finiranno a finanziare non si sa chi che comprerà armi con cui continuare ad uccidere. Resta che con tutta questa vicenda si è stabilito un precedente molto pericoloso perché ogni italiano che arriverà da quelle parti sarà visto come un ottimo investimento per gruppi combattenti o malavitosi in cerca di facili guadagni. La conseguenza è che l’azione delle vere organizzazioni di cooperazione e assistenza sarà resa più difficile e rischiosa.

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