Facciamo la rivoluzione partendo dalle comunità locali (di Alex Giordano)
Scusatemi. Faccio ammenda. Devo ammettere che anche io spesso e volentieri mi sono lasciato scappare improperi sul nostro Paese.
Mi sono lamentato che siamo dei pecoroni, che siamo un popolo mafioso, mi sono lasciato andare, scusatemi, ai molti luoghi comuni legati al fatto che non siamo in grado di fare una rivoluzione popolare per rovesciare le sorti di un’ Italia del perenne oblio.
Se fossi in altra sede direi ancora una volta che la vera rivoluzione da affrontare è quella dentro di noi. Continuo ad esserne convinto, ma sono anche convinto che forse non siamo ancora pronti ad affrontare certi argomenti in certe sedi.
Per questo vi evito ogni cagata new age. Ogni frase ad effetto tra lo spirituale ed il pensiero positivo. Quelle frasi che contengono concetti così banali quanto assoluti. Che ti fanno una grande persona se li pratichi con umiltà ogni giorno. Oppure ti fanno un grande sfigato se vai pontificandoli in giro per erigerti a guru in tempi che ci richiedono ben altre responsabilità.
Per questo torno con i piedi a terra e dico ancora: scusatemi.
Scusatemi perché proprio mentre abbiamo l’ennesima testimonianza che il nostro è un paese impossibile da governare (forse per un endemico sistema di collusioni che si è andato incancrenendo negli anni) e tanto meno da riformare (forse perché si basa proprio su quell’economia “informale” che propagandisticamente ogni tanto si dice di voler combattere), anche se non siamo in grado di fare nessuna rivoluzione, riusciamo a resistere.
Riusciamo a resistere al diffuso disinteresse di molti enti preposti ed istituzioni. Riusciamo a resistere all’ignoranza ed alla barbarie che convive in noi stessi. E riusciamo a far riemergere quando vogliamo la nostra parte migliore fatta di solidarietà, di genio e creatività, di convivialità, di senso di appartenenza, di comunitarismo, di senso dell’impresa, di capacità di accettare il senso tragico della vita.
Una schizofrenia la nostra che deve farci riflettere. Tanto lassisti e pressappochisti quando si tratta di affrontare i massimi sistemi; tutti pragmatici, rivoluzionari e pronti a rimboccarsi le maniche quando si tratta di difendere il proprio orticello.
Quanto affermato sembra del tutto un dato negativo, ma forse una sua lettura creativa ci suggerisce di rileggere in chiave positiva questi che sembrano i male endemici di una certa italianità.
Infatti, proprio quando ancora molti credono che la migliore strategia per il cambiamento sociale sia quella organizzata dall’alto, forse ripartire in modo capillare dalle comunità, con una azione di cambiamento dal basso, può davvero rappresentare la base per un nuovo rinascimento del nostro Paese. Ma bisogna lavorarci sodo. E bisogna cominciare anche dalle scuole, dalle università.
Mentre i governi nazionali di tutto il mondo sono soggiogati agli interessi corporativi e finanziari, nuovi strumenti del cambiamento possono essere rappresentati da consigli comunali, imprese locali, associazioni di quartiere, consigli scolastici.
E sono solo alcuni dei canali attraverso i quali i cittadini possono cambiare le loro comunità in meglio e sono pronto a scommetterci che dove le comunità prendono coscienza di avere in mano le redini della loro trasformazione, rendendosi conto che è possibile fare grandi cose partendo dal piccolo, avvengono cambiamenti grandi e radicali.
Tratto dal post di Alex Giordano “Basta piagnistei: facciamo la rivoluzione ripartendo dalle comunità locali” su www.chefuturo.it
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